La recensione

Osi in Collegiata, ‘l'ora del tempo e la dolce stagione’

Il Requiem di Gaetano Donizetti diretto da Diego Fasolis, in un concerto memorabile che ha trafitto l'acustica problematica dello splendido edificio

Lo scorso 7 aprile
(© OSI / Gabriele Corti)
10 aprile 2023
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In una serata mite e con plenilunio la bella Piazza Collegiata di Bellinzona ha accolto il pubblico del concerto del Venerdì Santo. All’interno della chiesa il riscaldamento era comunque in funzione, gradito dagli esecutori e dagli ascoltatori. In programma il Requiem di Gaetano Donizetti (1797-1848), composto nel 1835, quando gli arredi pittorici e scultorei della Collegiata erano già quasi tutti quelli attuali, mirabilmente evidenziati dall’ultimo restauro.

Si sa che ai pregi architettonici degli edifici religiosi non corrispondono quasi mai i pregi acustici delle moderne sale da concerto. Scrivo questo perché mi sembra che l’esecuzione di venerdì sia stata di altissima qualità e abbia trafitto l’acustica problematica dello splendido edificio. Ha diretto Diego Fasolis un’Orchestra della Svizzera italiana di quarantasei strumentisti sistemata con agio nel falso transetto, un Coro della Radiotelevisione svizzera di trentasei coristi ben in rilievo all’entrata dell’abside, i cinque soliti davanti a tutti: Minji Kim, soprano, Gabriella Sborgi, contralto, Alessandro Fisher, tenore, Marco Bussi e Mirko Palazzi, bassi.

Donizetti ha scritto questo Requiem dieci anni dopo gli ultimi quartetti di Beethoven, mentre era impegnatissimo nel produrre opere liriche, e la prima esecuzione avverrà più di trent’anni dopo. Questo dice molto sul declino della cultura musicale italiana, allettatrice ottocentesca del teatro musicale, travolta da un pubblico incapace di distinguere tra musica seria e musica d’intrattenimento.

Fasolis ha dominato con maestria le ridondanze acustiche dell’edificio, dando profondità spaziale, lontananza e vicinanza, a coro e orchestra. Non ha celato il carattere lirico dell’opera, ma ha dato gran risalto a tutte le parti polifoniche, in particolare rendendo nitidi i brevi fugati. L’interpretazione ha soggiogato il pubblico che gremiva la chiesa, che alla fine ha gratificato gli interpreti di applausi, nemmeno placati dalla ripetizione come bis del “Libera me, Domine” finale.

Un concerto memorabile, che suggerisce tante possibilità d’impiego del magnifico edificio per eventi culturali non solo musicali.

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