Ticino

Violenza domestica, ‘per andarsene da un abuso sapere è potere’

La coordinatrice della Casa delle donne: ‘Non basta dire che un comportamento non va bene, bisogna fornire delle alternative che spieghino altri approcci’

È possibile rivolgersi in forma anonima al consultorio e alla Casa delle donne
(Ti-Press)
11 aprile 2024
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«Sapere è potere. Fornire le informazioni principali, quindi far sì che una persona sappia quali sono i suoi diritti, è prevenzione». Alla Casa delle donne, struttura protetta a indirizzo riservato, parte dell’associazione Consultorio delle donne, le vittime di violenza e i loro figli possono iniziare un percorso di vita lontano dall’abuso e in totale autonomia. Qui le situazioni a rischio non sono solo una questione di dati, come quelli presentati martedì dalla Sezione dei reati contro l’integrità delle persone dalla Polizia cantonale che mettono in evidenza un aumento dei reati sessuali dal 2022 al 2023, ma di persone. Ne abbiamo parlato con l’educatrice e coordinatrice della Casa delle donne, la cui identità – per motivi di privacy – rimarrà riservata.

‘Un intervento multidisciplinare’

«È difficile stabilire con certezza una tendenza nel numero di volte che le persone si rivolgono ai nostri servizi», ci spiega. «Questo perché – aggiunge – nella raccolta dati indichiamo solo la prima volta che una vittima prende contatto con noi». In tal senso, è bene sottolineare che è possibile rivolgersi in forma anonima sia al consultorio sia alla Casa delle donne. Negli anni, continua l’educatrice, «sembrerebbe che le vittime non ci contattino più una volta sola, ma diverse prima di prendere una decisione di separazione o di mettersi in protezione». Non solo. «In parallelo – rileva la coordinatrice della Casa delle donne – sono cresciute la consapevolezza e la prevenzione sul tema. Noi ci occupiamo principalmente di violenza domestica, abuso spesso accompagnato da più forme di violenza: fisica, economica, sessuale, psicologica. La violenza domestica resta però ancora troppo spesso nascosta e viene vista come un problema da risolvere in privato e di cui non parlare. Ed è proprio per questa ragione che è importante parlarne, diffondendo le informazioni chiave che permettono di uscire da queste dinamiche».

Se da un lato è aumentata la consapevolezza, dall’altro «è fondamentale che si continui a lavorare in questa direzione», sostiene l’educatrice. «Bisogna cercare di sviluppare un linguaggio comune attorno alla violenza. I professionisti che hanno a che fare con le vittime conoscono bene il fenomeno e sono in grado di reindirizzarle efficacemente verso i servizi preposti. Tuttavia – sottolinea – il tema è complesso e gli aspetti da tenere in considerazione sono molti, ragione per cui l’intervento deve essere multidisciplinare». In altri termini, chiarisce la coordinatrice, «non solo i professionisti che lavorano nel campo, ma anche coloro che sono a contatto con le persone e che possono intervenire prima. Penso per esempio a un allenatore di calcio che può capire attraverso i bambini se a casa ci sia una situazione di violenza». Di più. «Il tema della violenza è talvolta difficile da capire per chi non è direttamente toccato. Spesso ci si chiede come mai non si sia allontanati prima, come mai ci siano delle persone che rimangono legate per anni ad autori di violenza. È sulla responsabilità collettiva che bisogna lavorare, per sviluppare una consapevolezza sull’aiuto alle vittime, ma anche sulla prevenzione su come non diventarlo».

‘Educare alle buone maniere’

Una luce sotto la quale guardare la prevenzione è, secondo la coordinatrice, «l’educazione alle buone maniere. Non basta dire che un certo comportamento non va bene, è necessario fornire anche delle alternative spiegando quali altri approcci esistano, in modo da educare all’espressione delle proprie emozioni. Dalla rabbia, alla tristezza. Come gestire per esempio la frustrazione quando si è arrabbiati». Parlarne con i giovani è un altro aspetto da non trascurare: «L’adolescenza è una fase molto importante della vita durante la quale una persona si sta strutturando e sta avendo le prime relazioni. Affrontare il tema può evitare che si generino dei traumi e mostrare delle vie per imparare a relazionarsi con gli altri».

Per una vittima, spesso, non è facile riconoscersi come tale. «Per alcune forme di violenza, come nel caso di quella psicologica, ci sono delle dinamiche molto subdole», rileva l’educatrice. Ed evidenzia: «Sapere è potere. Una vittima deve poter sapere che può andarsene di casa, che può portare via i bambini se si trova in una situazione di pericolo, che, anche non avendo mai lavorato, può ricevere dei sussidi per allontanarsi».

Il consultorio è aperto a tutti, quindi anche agli uomini. Per la coordinatrice della Casa delle donne, «è un fenomeno sicuramente più contenuto, a cui si aggiungono tutta una serie di motivi culturali che rendono la richiesta d’aiuto più difficile per un uomo. Anche loro – precisa – possono però allontanarsi e beneficiare di sostegni».

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