Ticino

Protesta contadina in Ticino: ‘Sono azioni individuali’

Le manifestazioni degli agricoltori si estendono sempre di più in tutta Europa, coinvolgendo anche la Svizzera e il nostro cantone

In sintesi:
  • Genini (Unione contadini): ‘Era prevedibile che qualcosa sarebbe successo’
  • Altre manifestazioni? ‘Molto dipenderà anche da quali saranno le prossime decisioni politiche’
Il cartello di Nante
(Norman Gobbi)

Avanza la protesta dei contadini, che raggiunge anche il Ticino. Ma in quale forma e dimensione? Per ora cartelli segnaletici capovolti e un paio di stivali appesi sono apparsi in alcune località, come ad esempio Cerentino, Bosco Gurin e Nante, per solidarizzare con quanto sta avvenendo in altre parti d’Europa, dove gli agricoltori in sella ai trattori bloccano strade e dogane per chiedere maggiori considerazioni e diritti, soprattutto economici. In Svizzera c’è chi lo fa scendendo in piazza, come capitato sabato a Ginevra e Basilea. Entrambe le città hanno visto arrivare gruppi di contadini (una trentina) a bordo di mezzi agricoli con tanto di sosta, nel secondo caso, a Füllinsdorf davanti a una filiale di McDonald’s. Nelle vallate ticinesi, come detto, alcuni cartelli segnalanti l’inizio di una località sono stati messi a testa in giù, come già successo nelle settimane scorse anche in altre regioni, specialmente romande. La cosa non è passata inosservata, come testimoniano diverse foto postate sui social, anche dal consigliere di Stato Norman Gobbi che abita appunto a Nante. Non è dato per il momento sapere se dietro all’iniziativa ci sia una sola mente e mano oppure un gruppo di più persone. Per ora nessuno ha voluto rivendicare il gesto. Per quanto concerne la Vallemaggia, le voci del mondo agricolo non sono unanimi. Tutti i protagonisti sentiti si mostrano malcontenti, qualcuno si dissocia, qualcun altro invece approva e sostiene che “a livello di categoria, si dovrebbe fare di più”.

‘Non abbiamo segnali, per ora’

«Non eravamo al corrente di queste azioni», commenta alla ‘Regione’ Sem Genini, segretario dell’Unione contadini ticinesi (Uct). «Si tratta di iniziative individuali, delle quali sono venuto a conoscenza anche io attraverso i social media o la stampa. Non sono comunque sorpreso – afferma Genini – in altre parti della Svizzera e soprattutto in Europa la protesta si sta facendo sentire. Era prevedibile che qualcosa sarebbe successo anche da noi, siccome la situazione dei redditi altamente insufficienti per i produttori è altresì molto grave». Un segnale, quello lanciato da alcuni contadini ticinesi, «che rappresenta una forma di sostegno e rivendicazione. Non è inoltre un gesto che crea particolari disagi». Su altre possibili dimostrazioni, magari attraverso mobilitazioni che bloccano le strade, Genini resta cauto: «Non ci sono segnali di manifestazioni di questo tipo nel breve periodo in Ticino. Avevamo portato le pecore uccise dai lupi in Piazza Governo nel 2022 per dare un segnale forte, pertanto molto dipenderà anche da quali saranno le prossime decisioni politiche nel nostro Paese e se e come le proteste che si vedono in altre nazioni verranno ascoltate».

La categoria è divisa

Settimana scorsa l’Unione svizzera dei contadini, sostenitrice di tali rivendicazioni, ha lanciato una petizione rivolta alla politica e ai partner commerciali, chiedendo tre cose: prezzi adeguati per i prodotti agricoli, nessun programma di risparmio e il riconoscimento degli sforzi fatti dal settore per diventare più ecosostenibile.

Non tutti però condividono questo tipo di ‘mobilitazione’ stanziale. Il sindacato di categoria Uniterre infatti considera “estremamente deludente e inadeguata” la risposta dell’Unione svizzera dei contadini alla rabbia manifestata dagli agricoltori negli ultimi giorni. L’Unione svizzera dei contadini si “accontenta di una petizione, mentre è urgente una legislazione che imponga chiari limiti alle grandi imprese, siano esse Coop, Migros, Fenaco o le multinazionali”, scrive Uniterre in un comunicato stampa. Nel quale ritiene che l’Unione svizzera dei contadini stia venendo meno al suo dovere di difendere la professione. Critica inoltre l’alleanza con Economiesuisse, l’Unione svizzera degli imprenditori e l’Unione svizzera delle arti e mestieri per promuovere il libero commercio e la libera concorrenza. Secondo Uniterre, questa alleanza scellerata impedisce all’Unione svizzera dei contadini di svolgere la sua funzione primaria, che è quella di difendere l’esistenza stessa degli agricoltori. “Pretende senza battere ciglio di ‘essere’ l’agricoltura, ma li sta sacrificando sull’altare del mercato”, aggiunge il sindacato.

Linea di frattura

Contrariamente a quanto affermano i dirigenti dell’Unione svizzera dei contadini – accusa ancora Uniterre – nelle sue fila si nascondono alcuni di quelli che “stanno massacrando l’agricoltura familiare”, tanto decantata invece nella comunicazione e dalla grande distribuzione: “È tempo che il mondo agricolo prenda coscienza delle linee di frattura che lo dividono realmente”, scrive. Sempre Uniterre osserva che i suoi avversari non sono né i consumatori né il clima, ma il sistema neoliberista, il mercato globalizzato e la mancanza di riconoscimento: “Non possiamo continuare su questa strada, che sta distruggendo il mondo vivente attraverso il suicidio degli agricoltori, lo sfruttamento illimitato degli animali, la distruzione delle risorse e la competizione con alimenti prodotti in condizioni simili alla schiavitù”, afferma il sindacato.

L’appello: fate provviste

La protesta ha fatto capolino settimana scorsa anche nell’assemblea dell’Associazione di quartiere di Giubiasco. Il presidente del giorno Claudio Cattori, imprenditore agricolo e consigliere comunale di Bellinzona, ha sensibilizzato i presenti sull’importanza del settore primario, visto che la città si affaccia sul Piano di Magadino. E considerato che frutta e verdura provenienti dal nord Africa vengono attualmente bloccate dagli scioperi e dai blocchi in Spagna generando un aumento dei prezzi sugli scaffali, ha consigliato di fare scorte di viveri conservabili.

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