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Disabili, gli istituti insorgono contro i risparmi del governo

Passardi (Diamante): ‘Richiesta di attingere alle riserve ingiusta, dubbi sulla legalità’. Roncoroni (Otaf): ‘Impatto su personale e prestazioni’

La prossima settimana si riunirà il comitato dell’Associazione ticinese delle istituzioni sociali
(Ti-Press)
4 novembre 2023
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La richiesta del governo di attingere ai fondi di riserva «è profondamente sbagliata, sia nella sostanza che nella forma». Il presidente della Fondazione Diamante Michele Passardi non usa giri di parole nel pronunciarsi su un capitolo della manovra di rientro/tagli per oltre 133 milioni di franchi proposta dal Consiglio di Stato con il Preventivo 2024 del Cantone per agguantare il pareggio di bilancio entro fine 2025. Nel pacchetto di misure anche quelle che impongono al settore ticinese dell’aiuto agli invalidi, in cui opera pure la Fondazione Diamante, risparmi per circa 11 milioni. Da conseguire non solo con la riduzione, decisa dal governo, di 2 milioni di franchi del contributo globale complessivo agli enti, ma anche attraverso un prelievo di oltre 6,3 milioni dai fondi di riserva delle varie strutture.

«Proprio quest’ultimo è un meccanismo profondamente sbagliato. Un approccio che peraltro non va nell’interesse dello Stato. Se l’ente pubblico vuole che ci siano istituti che agiscano per la collettività in modo autonomo e innovativo, non può togliere loro la certezza di poter svolgere la propria attività in modo continuativo e sereno», afferma perentorio Passardi, interpellato dalla ‘Regione’. «Togliere le riserve – rincara – vuol dire togliere capitale proprio e minare la responsabilità di garantire servizi e prestazioni nel tempo». Ciò perché «le riserve servono proprio per far fronte alle spese impreviste e non a risanare i conti dello Stato. Un esempio su tutti: sono state utilizzate per sopperire alle perdite determinate dalla prolungata chiusura dovuta alla pandemia del ristorante Canvetto Luganese, che rappresenta una fonte di entrate importante per il nostro istituto». La Fondazione Diamante, spiega il suo presidente, sarebbe l’ente più colpito da questo prelievo sul capitale proprio. «Si tratta però di risorse che abbiamo raccolto con il nostro lavoro – precisa Passardi –. Non ci sono stati donati dallo Stato, che invece ora vuole entrare nei bilanci di istituti totalmente indipendenti. Anche da un punto di vista legale questa operazione solleva più di qualche dubbio».

A essere contestata è inoltre la procedura scelta dal Cantone per far capo alle riserve. «La modalità sarà quella di togliere l’importo che lo Stato vuole prelevare dal contratto di prestazione del 2024, chiedendo alle fondazioni di compensare la parte mancante con le proprie riserve. Questo – prosegue Passardi – creerà anche delle differenze ingiustificate tra i contratti di prestazione con i vari istituti. A una fondazione senza riserve non verrà tolto nulla, per noi che ne abbiamo diverse la riduzione dei contributi sarà importante. È qualcosa di totalmente iniquo». Per il presidente della Fondazione Diamante la situazione è quindi preoccupante. «Non abbiamo una garanzia pluriennale di sostegno da parte dell’ente pubblico, i mandati di prestazione vengono rinnovati di anno in anno. Abbiamo 200 dipendenti e 600 utenti ma non siamo obbligati a garantire tutte le nostre attività. Agiamo in base alle disponibilità. Se il Cantone pensa che si possa fare lo stesso servizio o addirittura di più con meno finanziamenti, mi viene da dire, ci pensi lui».

‘La qualità ha un costo’

Quella del presidente della Fondazione Diamante non è l’unica voce critica sui risparmi decisi dal Consiglio di Stato. «La nostra struttura dei costi è semplice: l’ottanta per cento concerne il personale, tra stipendi e oneri sociali, mentre il restante venti riguarda gli altri costi d’esercizio: energia, prestazioni di servizio, alimentari e via dicendo. Su questo venti per cento il nostro margine di manovra è però molto ridotto, oltretutto l’anno prossimo l’Iva aumenterà dello 0,4 per cento passando dal 7,7 all’8,1 per cento», spiega Roberto Roncoroni, direttore della Fondazione Otaf. «Ora, se le misure di risparmio riguardanti il settore degli invalidi decise dal Consiglio di Stato nella manovra di rientro verranno mantenute, noi avremo – calcola Roncoroni – diverse centinaia di migliaia di franchi in meno». Le conseguenze? Pesanti, molto pesanti: «Bisognerebbe rivedere, purtroppo, la dotazione di personale. Inevitabilmente. Perché oggi come oggi non vi sono altre soluzioni per rientrare con i costi». E agire sul personale, «vuol dire evidentemente rivedere le prestazioni», avverte il direttore della Fondazione Otaf. Fondazione con sede a Sorengo, il cui scopo, secondo statuto, “è la promozione, l’attività, la realizzazione e la gestione di strutture destinate all’assistenza, all’abitazione, all’occupazione e all’integrazione sociale e professionale delle persone con handicap fisico, mentale o psichico di ogni età”. Dunque, misure di risparmio che andrebbero a incidere sui collaboratori e le collaboratrici della Fondazione e quindi sulle prestazioni. «Politici e società civile devono però a questo punto fare una scelta chiara – riprende Roncoroni –. In altre parole, devono decidere che cosa vogliono. Perché se vogliono una presa a carico di qualità delle persone disabili, degli anziani e dei giovani in difficoltà, devono rendersi conto che la qualità ha un costo. Ora, la qualità delle prestazioni dipende anche e soprattutto dal personale. Dipende dal numero, dalla preparazione e dalla motivazione dei collaboratori e delle collaboratrici». A proposito di numeri: attualmente la Fondazione Otaf può contare su «circa 380 collaboratori, che si occupano di 380 persone con disabilità, di cui 110 residenti nelle nostre strutture abitative, di tutte le fasce di età, dai bambini agli adulti». Quanto al prelievo parziale dei fondi, una delle misure di risparmio uscite dal governo, Roncoroni rileva: «Non credo che gli enti che negli anni passati sono stati virtuosi e hanno potuto alimentare questi fondi siano entusiasti di questa misura, anche se nell’ambito delle misure di risparmio può essere compresa. Più difficile è accettare la proposta di congelare o rinviare il finanziamento di nuovi progetti».

Afferma Marzio Proietti, direttore di inclusione andicap Ticino: «Da una parte siamo coscienti della difficile situazione finanziaria del Cantone e c’è quindi disponibilità a partecipare al risanamento, dall’altra ci si augura però che le misure di risparmio non compromettano quantità e qualità delle prestazioni erogate a chi ha bisogno».

I direttori dei Cem scrivono al Consiglio di Stato

Nei giorni scorsi, intanto, la Conferenza dei Direttori dei Centri educativi per minorenni (Cem) ha scritto al Consiglio di Stato. Oggetto: la manovra di rientro varata dal governo. «I risparmi che si vogliono fare con questo e il prossimo Preventivo per arrivare al pareggio dei conti cantonali – evidenzia Luca Forni, direttore della Fondazione Paolo Torriani per minorenni – rischiano fortemente di tradursi nel medio e lungo termine in maggiori costi, alla luce di una serie di fenomeni in aumento: assenteismo scolastico, giovani in assistenza e disagio psichico nei ragazzi. Un rischio di cui occorre essere consapevoli». Aggiunge: «La mancanza di visione politica da parte del governo preoccupa in prospettiva». Il dibattito non manca. La prossima settimana si riunirà il comitato dell’Associazione ticinese delle istituzioni sociali (Atis) – associazione mantello che raggruppa gli istituti per invalidi minorenni e adulti, i centri educativi minorili e le istituzioni che operano nel settore delle dipendenze – per una presa di posizione sulle misure della manovra di rientro che colpiscono gli enti affiliati cofinanziati dal Cantone tramite il contratto di prestazione.

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