Ticino

I sussidi che fanno male all'ambiente, anche in Ticino

Traffico intenso, agricoltura intensiva, sviluppo urbano invasivo e molto altro: l’altra faccia delle politiche pubbliche

11 settembre 2020
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«L'obiettivo delle sovvenzioni dovrebbe essere quello di garantire che la politica ambientale non venga applicata solo quando il danno esiste già, come avviene attualmente, ma di pensare insieme ai responsabili politici prima che il danno sia fatto». Così si esprime Lena Gubler, collaboratrice scientifica dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (Wsl). Stando a un recente studio diffuso dal Wsl, “più di un terzo di tutte le specie animali e vegetali, così come quasi la metà dei tipi di habitat sono ad oggi in pericolo”. La biodiversità svizzera è in effetti in continuo declino da diversi decenni e, per far fronte al deterioramento della ricchezza naturale, la Confederazione si preoccupa di finanziare numerosi strumenti, misure e programmi di conservazione. Ma ci sono anche molti aiuti pubblici che invece, sempre secondo il Wsl, "nuocciono, direttamente o no, alla biodiversità, nella misura in cui numerosi ecosistemi vengono cancellati, inquinati, sconvolti o frammentati”. I ricercatori del Wsl e del Forum biodiversità dell’Accademia svizzera di scienze naturali (Scnat) hanno infatti mostrato nel loro studio come oltre centosessanta sussidi previsti da Confederazione, Cantoni e Comuni promuovano sì gli obiettivi previsti, ma al tempo stesso danneggino la diversità biologica.

Risvolti a livello ecologico, ma non solo

Secondo Irmi Seidl, responsabile dell’unità di ricerca citata nel comunicato, «la crisi della biodiversità potrebbe essere mitigata solo se fossero concessi quei sussidi per i quali si possa dimostrare che non vi siano danni collaterali». Nel quadro della Convenzione sulla diversità ecologica, la Svizzera si impegna a eliminare, reindirizzare o rivedere le sovvenzioni dannose alla biodiversità. In ogni caso, “nonostante il Consiglio federale abbia inoltre incluso questo obiettivo nella Strategia Biodiversità Svizzera – si legge sulla scheda informativa curata dalla Scnat – questo tipo di sovvenzione pone tuttora dei problemi sul piano ecologico, ma non solo”. A dirla tutta “si tratta di finanziamenti inefficaci pure in materia economica: da un lato, implicano dei costi supplementari in quanto i danni devono essere riparati con dei fondi pubblici. Dall’altro, spesso riducono i prezzi dei prodotti nocivi, ciò che comporta che i metodi di produzione, così come i prodotti favorevoli alla diversità naturale debbano essere finanziati per essere commerciati a dei prezzi conformi al mercato. Infine, queste sovvenzioni pregiudicano la normale formazione dei prezzi. In questo modo, il degrado delle risorse naturali si riflette insufficientemente sulle tariffe, nonostante il loro sfruttamento non corrisponda alla loro scarsità”. In poche parole, tutto ciò fa aumentare i costi: “Fra 30 anni – scrive l’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam) – le perdite dei servizi ecosistemici, come la diminuzione dei terreni fertili o il calo dell’acqua pulita, potrebbero ammontare a circa il 4% del prodotto interno lordo”.

Concessi nei settori dei trasporti (33), agricoltura (46), selvicoltura (8), produzione e consumo di energia (31), sviluppo urbano (28), turismo (9), smaltimento delle acque di scarico (4) e protezione contro le alluvioni (3), i 162 sussidi individuati dallo studio hanno dunque un effetto negativo sulla biodiversità. In più, lo studio svolto dal Wsl e dalla Scnat si è occupato di analizzare le sovvenzioni non solo a livello nazionale, ma anche su base cantonale e comunale. Ricordiamo inoltre che, come si legge nel comunicato, “non tutte le attività sovvenzionate nuocciono in egual misura alla biodiversità svizzera: in alcuni casi solo alcune parti del sussidio sono dannose, altre volte ciò dipende dalla loro applicazione”.

Il Piano di Magadino

«Nonostante non vi sia alcun sussidio che tocchi esclusivamente il Canton Ticino – precisa Gubler – ne esistono tuttavia molti che lo concernono da vicino. L’esempio tangibile di un’area notevolmente sfruttata sul territorio ticinese è indubbiamente il Piano di Magadino».

Innanzitutto, «il piano è marcato da un fitto reticolo di strade, il che isola e riduce gli habitat naturali. Come se non bastasse, il trasporto stradale è fortemente sovvenzionato mediante numerosi sgravi fiscali. L’assenza di una tassa sul CO2 per i carburanti e il rimborso dell’imposta sulle importazioni di oli minerali non sono altro che alcuni esempi in merito. Lo studio raccomanda dunque di eliminare questo tipo di sussidio attraverso delle agevolazioni fiscali, fermo restando che il ricavato non vada reinvestito nella costruzione di nuove strade», spiega sempre Gubler.

In secondo luogo, il Piano di Magadino è fortemente coltivato. Come ben si sa, l’agricoltura intensiva lede profondamente la biodiversità mediante l’utilizzo eccessivo di azoto e di pesticidi, come pure tramite l’omogeneizzazione dei paesaggi. Lo studio dimostra in effetti che ci sono sempre meno piccole strutture che offrono degli habitat preziosi a numerose specie. Inoltre, stando a Gubler, «il mantenimento di un numero elevato di capi di bestiame è assicurato da numerose sovvenzioni, quali la promozione della vendita di prodotti animali, gli aiuti finanziari per promuovere l’allevamento o ancora i contributi per l’eliminazione dei sottoprodotti di origine animale. I sussidi finanziari destinati alle migliorie strutturali favoriscono spesso l’ampliamento delle vie d’accesso, causando quindi un’intensificazione dello sfruttamento delle zone isolate. Comunque, sebbene questo non sia ancora pertinente nel caso del Piano di Magadino, è possibile che lo sarà in futuro».

Lo studio evidenzia inoltre che l’espansione e lo sviluppo urbano sono un altro settore che, a tal proposito, a causa dell’eccessiva impermeabilizzazione dei suoli, distrugge svariati habitat. Per Gubler, «questo impiego del terreno è notevolmente sovvenzionato da numerosi sgravi in favore delle proprietà residenziali private. La deduzione per sottoutilizzazione, che permette di detrarre dall’imposta sul reddito le abitazioni parzialmente abitate, impedisce ad esempio che delle grandi proprietà vengano adeguatamente valorizzate».

Il caso del fiume Ticino

Un altro sfortunato protagonista di questa vicenda è sicuramente il fiume Ticino che, incanalato nell’Ottocento, bagna il Piano di Magadino. Il rapporto di base pubblicato dal Wsl spiega che, “trattandosi di sovvenzioni meno recenti, le protezioni contro le inondazioni che sono state costruite nel corso degli ultimi centocinquant’anni, nonostante siano molto dannose per la biodiversità, non sono state prese in considerazione nello studio”. Stando ai risultati del progetto, “oggigiorno i sussidi nel campo della protezione contro le inondazioni sono comunemente destinati a dei progetti per la rigenerazione della biodiversità”. Tuttavia, secondo Gubler, «siccome le protezioni contro le inondazioni hanno chiaramente la priorità, lo spazio riservato alle masse d’acqua scarseggia. Se invece le zone adiacenti al fiume venissero riservate a delle colture resistenti alle piene, nella migliore delle ipotesi gli sbarramenti del fiume potrebbero venire smantellati, in modo da garantire un’ottima protezione contro le alluvioni sotto il punto di vista della biodiversità».

Gubler sottolinea dunque che «i sussidi dannosi per la biodiversità dovrebbero essere aboliti, smantellati o riformati in modo tale che l'impatto negativo sia ridotto al minimo o addirittura trasformato in favore della biodiversità. Per fermare la crisi della biodiversità sono quindi necessari un coordinamento e degli approcci intersettoriali».

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