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Il governo: 'Salario minimo applicabile anche ai distaccati'

Secondo la Seco i lavoratori distaccati non sono impiegati 'abitualmente' sul territorio. Gargantini (Unia) condivide il parere del Consiglio di Stato.

'Il salario minimo è efficace solo se vale per tutti' (Ti-Press)
18 agosto 2020
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Il salario minimo dovrà essere applicato anche ai lavoratori distaccati. Per il Consiglio di Stato ciò dovrebbe permettere di “evitare la concorrenza sleale di prestatori di servizio esteri” in Ticino, si legge nella sua risposta alla procedura di consultazione sulla modifica della legge federale in materia. Stando alla Segreteria di Stato dell’economia (Seco), invece, i lavoratori distaccati non rientrano nel campo di applicazione della normativa cantonale. «Il salario minimo è efficace quando vale per tutti», rileva da parte sua Giangiorgio Gargantini, segretario regionale del sindacato Unia Ticino. «Ogni possibilità di eccezione è pericolosa», dice a ‘laRegione’.

La modifica della legge federale sui lavoratori distaccati (Ldist) prende spunto da una mozione dell’ex consigliere agli Stati Fabio Abate, depositata nel 2018 e poi accolta da entrambe le Camere federali. L’atto parlamentare mirava a garantire “la possibilità di imporre ai datori di lavoro esteri che distaccano i propri lavoratori in Svizzera anche il rispetto delle condizioni salariali minime prescritte in una legge cantonale”. Secondo il rapporto esplicativo della Seco sulla modifica della Ldist, “le leggi cantonali sul salario minimo in vigore si differenziano le une dalle altre prevedendo ad esempio campi d’applicazione diversi”. Nel Giura è infatti “applicabile a tutte le persone che lavorano sul territorio cantonale”, mentre a Neuchâtel si applica soltanto alle persone che lavorano “abitualmente sul territorio cantonale”. Una formulazione, quest’ultima, prevista anche nella legge ticinese che entrerà in vigore nel 2021 (anche se sono ancora pendenti due ricorsi al Tribunale federale, inoltrate da undici ditte del Sottoceneri). Per la Seco “ciò significa che i lavoratori distaccati (dall’estero o da altri Cantoni) il cui luogo di lavoro abituale non si trova sul territorio” cantonale “non rientrano nel campo d’applicazione della legge”. 

'Il distacco è permesso anche per oltre 90 giorni all'anno'

Ed è proprio questa interpretazione che il governo ticinese contesta: contrariamente a quanto indicato dalla Seco “riteniamo che il salario minimo legale, quando entrerà in vigore, potrà essere applicato anche ai lavoratori distaccati. L’esclusione degli stessi dal campo di applicazione della legge cantonale difetta infatti sia rispetto al senso della norma, sia rispetto alla volontà del legislatore”. Stando all’esecutivo cantonale, “il distacco è permesso per legge anche oltre i 90 giorni sull’arco di un anno”. Si tratta quindi di persone che lavorano abitualmente in Ticino e non occasionalmente, come ad esempio una ditta di traslochi di un altro cantone che svolge un lavoro di un giorno a sud delle Alpi. Escludere i distaccati dalla legge sarebbe quindi “assolutamente inopportuno”. 

'Possibile concorrenza sleale'

Gargantini condivide appieno la presa di posizione del Consiglio di Stato: «È dovuto che il governo ticinese corregga questa interpretazione sbagliata da parte della Confederazione.  La volontà dell’autorità cantonale è chiara: considera che i lavoratori distaccati svolgono abitualmente nel cantone la loro attività e quindi devono essere sottoposti al salario minimo. E noi non possiamo che essere d’accordo con questo». Se il salario minimo non viene applicato anche ai lavoratori distaccati ciò «potrebbe generare una concorrenza sleale con gravi conseguenze», aggiunge il segretario regionale di Unia. Ci sarebbe insomma “il rischio concreto – rileva da parte sua l’esecutivo cantonale – che si possa innescare una dinamica malsana che spingerebbe a rivolgersi all’estero per ottenere prestazioni sottraendosi al vincolo del salario minimo”.

Basandosi, tra l’altro, sulle motivazioni descritte sopra e sul fatto che vi sono campi d’applicazione diversi fra Cantoni, la Confederazione propone quindi di formulare un nuovo articolo della Ldist nel modo seguente: “Se il Cantone in cui il datore di lavoro distacca i lavoratori prevede disposizioni sui salari minimi e se i lavoratori distaccati rientrano nel campo d’applicazione materiale e personale di queste disposizioni, il datore di lavoro deve garantire loro il salario minimo cantonale”. Nel caso in cui l’autorità federale non dovesse ritenere corretta l’interpretazione del Consiglio di Stato, escludendo di fatto i lavoratori distaccati dal campo di applicazione del salario minimo, il governo ticinese propone da parte sua di stralciare il passaggio “e se i lavoratori distaccati rientrano nel campo d’applicazione materiale e personale di queste disposizioni” dall’articolo appena citato.

Gargantini ricorda infine che già durante il dibattito in Ticino erano emerse possibili «distorsioni legate a questa legge». Come ad esempio il fatto che «se vi sono contratti collettivi di lavoro che prevedono salari più bassi di quello stabilito dalla legge, allora si applicheranno questi ultimi. Unia non firmerà contratti collettivi di questo genere e chiede che nessun sindacato si presti a questo esercizio». Bisogna, insomma, «fare in modo che la legge sul salario minimo venga applicata nel modo migliore possibile». Che è proprio quello che sembrerebbe volere anche il Consiglio di Stato.

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