Ticino

Taccuini e tribunali, la difficile convivenza

'La cronaca giudiziaria ticinese', il saggio di Davide Cerutti e Francesco Lepori: ai media si chiede 'più qualità', alla magistratura 'più trasparenza'

16 giugno 2020
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Riferire sui media di fatti di nera e di casi giudiziari è diventata impresa ardua in Svizzera. Uno dei motivi, il principale, è il contesto legislativo in cui devono muoversi i giornalisti: la riforma della procedura penale, con l'entrata in vigore nel 2011 di un solo codice per tutta la Svizzera, ha introdotto norme che, all'insegna di un garantismo spinto all'eccesso, limitano non poco il lavoro dei cronisti e al lato pratico la 'Libertà d’opinione e d’informazione' sancita dall'articolo 16 della Costituzione federale. Ogni richiesta di allentamento, indirizzata dalla categoria alla Berna politica, di disposizioni particolarmente rigide, come quella sulla (non) pubblicazione dei nomi delle vittime di reati e incidenti, non ha prodotto sinora effetti concreti. Poi c'è il diritto all'oblio, che impedisce od ostacola la ricostruzione puntuale di vicende anche importanti. Gli errori, peraltro, sono dietro l'angolo: una virgola fuori posto o un dato sbagliato può rovinare la reputazione di una persona (e minare la credibilità del giornalista) oppure pregiudicare l'esito di un'inchiesta degli organi inquirenti. Errori che possono essere evitati/contenuti grazie all'esperienza e ai giusti contatti per verificare se una notizia sia o no fondata, questo però richiede anni e anni di lavoro in redazione e sulla strada. Professione dunque assai difficile quella del cronista di nera e giudiziaria. Una professione sulla quale è opportuno riflettere perché tra i vincoli di legge e le insidie del mestiere la si possa svolgere nel migliore dei modi, a beneficio del pubblico. Ben vengano allora libri come 'La cronaca giudiziaria ticinese (sguardi comunicativi, giuridici e metodologici)', un saggio fresco di stampa (edizioni Helbing Lichtenhahn, Basilea) di cui sono autori Davide Cerutti e Francesco Lepori, il primo avvocato e docente universitario, il secondo noto giornalista della Rsi, apprezzato cronista di lungo corso.

Centosessantuno pagine, quattro capitoli. Nel libro si richiamano le norme di procedura penale che disciplinano l'attività del giornalista che si occupa di giudiziaria e si analizzano casi concreti, anche mettendo a confronto i resoconti che di questo o quell'episodio hanno fatto i media ticinesi. La qualità degli articoli/servizi talvolta «lascia a desiderare, per la scarsa o per la non conoscenza di aspetti della procedura penale o per errori di contenuto», ha sostenuto Lepori, presentando oggi con Cerutti il saggio. E se ai media si chiede «più qualità», alla magistratura si chiede «maggiore trasparenza». Il servizio stampa del Ministero pubblico e della Polizia cantonale «è migliorato, ma bisogna compiere ulteriori passi avanti». Certo, le esigenze sono «contrapposte»: il cronista è tenuto a informare, il magistrato è tenuto alla riservatezza. Ma «il segreto istruttorio non deve essere la foglia di fico per non comunicare quando l'autorità giudiziaria potrebbe comunicare», ha sottolineato Lepori.

A complicare in Svizzera il mestiere di cronista di nera e giudiziaria ci sono i social, dove succede che siano gli stessi imputati a divulgare informazioni coperte da segreto istruttorio, e i siti online giornalistici di altri Paesi, anche vicini, nei quali non ci sono le restrizioni legislative vigenti da noi. Su questi siti è così già capitato (il delitto di Stabio e il cosiddetto giallo di Muralto, per citare i casi più recenti) di leggere i nomi delle vittime e dei presunti autori, nonché dettagli della loro vita: accade quando per esigenze istruttorie i nostri inquirenti devono assumere, tramite rogatoria, elementi probatori all'estero. Il cronista attivo in Svizzera è posto di fronte a un dilemma: riprendere o non riprendere le informazioni riportate dal sito online straniero? Riprendere vuol dire esporsi al rischio di subire un procedimento da parte della nostra Procura (come è avvenuto). Il libro di Cerutti e Lepori si occupa anche dei rapporti tra classe politica e giustizia e fra stampa e politica giudiziaria, con riferimento all'organizzazione delle autorità inquirenti e giudicanti ticinesi (risorse, norme cantonali di applicazione ...). Una serie di contributi firmati da Bertil Cottier, Nicolas Capt, Irina Riera e Andrea Frattolillo arricchiscono il saggio. Un libro pieno di spunti di riflessione, del quale consigliamo la lettura non solo ai professionisti dell'informazione e agli operatori del diritto, ma anche al grande pubblico, per meglio capire le difficoltà del mestiere e le esigenze dei giornalisti. L'informazione è un patrimonio di tutti.  

 

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