Ticino

Borradori sulla campagna di Plein: immagini di pessimo gusto

Violenza contro le donne e domestica, abbozzata la legge cantonale. La direttrice della Divisione giustizia Frida Andreotti: ecco i prossimi passi

(Ti-Press)
27 novembre 2018
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«Abbiamo verificato con la Società generale di affissioni: a Lugano non sono stati esposti nessun cartellone e nessun manifesto». Ciò non toglie che il sindaco Marco Borradori condanna fermamente le immagini scelte dallo stilista Philipp Plein in occasione del ‘Black Friday’, con una donna uccisa dal ‘killer dei prezzi’ e lo slogan quanto mai inopportuno ‘Uccidiamo con i prezzi migliori’. «Le trovo provocatorie e di pessimo gusto, se pensiamo poi che sono uscite in concomitanza con la Giornata contro la violenza sulle donne». Un «peccato» considerato oltretutto che «da uno stilista di successo ci si aspetta che sappia colpire in senso positivo: il creativo lo associo a qualcosa di bello. La campagna in questione va, invece, in senso completamente opposto». La richiesta di rimozione delle immagini pubblicitarie è stata lanciata dal Coordinamento donne della sinistra e dal gruppo donne dell’Unione sindacale svizzera sezione Ticino, tramite una lettera aperta sostenuta online con una petizione già sottoscritta da oltre duemila persone. Appello condiviso sia dal Partito socialista che dai Verdi (“La pubblicità è l’anima del commercio, ma ci sono limiti da non oltrepassare”, scrivono gli ecologisti in una nota). E proprio a tal proposito, considerato che non è la prima volta che Plein balza agli onori della cronaca (ricordate le pizze consegnate a notte inoltrata?), chiediamo al sindaco fino a che punto certi comportamenti possono essere giustificati per il fatto di essere un buon (buonissimo?) contribuente, quale Plein supponiamo sia... «Questo non è un lasciapassare per poter fare tutto – commenta Borradori, che aggiunge –: chi fa una campagna aggressiva e urtante deve aspettarsi delle critiche, anche dal sindaco della città in cui vive». Borradori sarebbe stato disposto a intervenire, qualora vi fossero stati dei manifesti affissi? «Avrei coinvolto il Municipio e svolto le necessarie verifiche giuridiche. Con queste condizioni adempiute, non avrei posto il veto alla decisione di chiedere la rimozione, anzi». A Milano il sindaco Sala ha proceduto in questo modo... «Condivido la sua scelta». Nella lettera aperta citata si chiede di intervenire anche per chiedere la rimozione delle immagini dal sito, che campeggiano ancora a tutta pagina visti gli sconti. «La rimozione delle immagini dal web non è di nostra competenza», fa presente infine Borradori. Plein, stando a quanto scrive su Instagram, non ha alcuna intenzione di chiedere scusa. Anzi. Al presidente del Ppd Fiorenzo Dadò, che lo ha attaccato sostenendo che “è ora che si dica basta a questo signore e ai suoi stracci! Il Ticino ha bisogno di imprenditori seri”, lo stilista ha risposto facendogli presente che la sua compagnia crea lavoro e paga le tasse in Ticino. E che il successo (commerciale) della campagna non farà che aumentare le entrate all’erario. Dal canto loro alcuni deputati sollecitano il Consiglio di Stato con un’interpellanza (prima firmataria Gina La Mantia, Ps), facendo presente come il Canton Ticino “ha attivato da qualche tempo strategie di prevenzione della violenza”. “Non ritiene il Consiglio di Stato che vi siano gli estremi per una denuncia per istigazione al femminicidio? Di dover intervenire presso la direzione del Gruppo per stigmatizzarne i comportamenti e invitarlo a evitare toni e campagne lesive della dignità delle donne?”. A tal proposito, così si legge nella lettera aperta: “I messaggi veicolati dalle pubblicità plasmano comportamenti e desideri, alimentando le fantasie legittimandole. Pretendere che, pur nella libertà di commercio, le imprese mantengano un comportamento etico e socialmente sostenibile ci sembra il minimo”.

Progetto di legge cantonale sulla violenza domestica: i prossimi passi

È stata elaborata dalla Divisione giustizia del Dipartimento istituzioni con la collaborazione della presidente della Commissione cantonale in materia di violenza domestica. Non è ancora finita sotto la lente del governo, tantomeno sotto quella del parlamento, ma dell’annunciata legge cantonale sulla violenza tra le mura di casa, di cui sono vittime soprattutto le donne, c’è ora una prima bozza. Che va affinata. «Prima di sottoporla al Consiglio di Stato per l’avvio della consultazione, come Divisione – dice la sua direttrice Frida Andreotti – stiamo facendo una serie di approfondimenti. Ho già avuto alcuni incontri, e altri ne seguiranno, con gli enti istituzionali e non che si occupano del tema: Polizia cantonale, Ufficio dell’assistenza riabilitativa, Sezione della popolazione, Delegata per le pari opportunità, Ordine dei medici, Consiglio degli anziani, Casa Armonia e Casa Santa Elisabetta». Nell’allestimento del progetto di legge definitivo «terremo ovviamente conto dei pareri emersi dagli incontri, che abbiamo organizzato per verificare se siano condivisi gli obiettivi che con questa normativa intendiamo conseguire, se ve ne siano altri da raggiungere sul fronte della prevenzione e su quello della presa a carico tanto delle vittime quanto degli autori o delle autrici di violenza domestica e se siano necessarie maggiori risorse finanziarie e umane». Già, gli obiettivi. Quelli della Divisione giustizia sono «un miglior coordinamento e una maggiore comunicazione tra uffici cantonali e associazioni operative in Ticino. Senza dimenticare la formazione». Ma con la nuova normativa si mira anche «a raggruppare in un solo testo disposizioni legali vigenti in materia e dunque a fare un po’ di ordine, nell’ottica di un riconoscimento politico di questo tema di ampia portata».

La bozza di legge, ricorda la responsabile della Divisione giustizia, «riprende i principi della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e domestica», ratificata dal parlamento federale lo scorso dicembre e in vigore da aprile. Il 13 novembre a Berna Andreotti ha partecipato con diversi funzionari al congresso nazionale promosso dal Dipartimento federale dell’interno e dall’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo su contenuti e scopi della Convenzione e sulla sua implementazione in Svizzera. «La Confederazione e i Cantoni hanno individuato delle priorità di intervento nell’attuazione del trattato di Istanbul – afferma Andreotti, che per conto del Ticino è anche membro della Conferenza svizzera contro la violenza domestica –. Risorse finanziarie, educazione, presa a carico di autori e vittime, alloggi protetti: sono alcune delle priorità che i Cantoni si sono impegnati ad affrontare». In Ticino nell’applicazione della Convenzione saranno quindi coinvolti «anche i dipartimenti Sanità e socialità, Educazione e cultura e, indirettamente, Finanze ed economia».

Prima di consegnare il progetto di legge al Consiglio di Stato, la Divisione giustizia attende inoltre indicazioni precise dall’Ufficio federale di giustizia (Ufg) sull’impiego del braccialetto elettronico. «L’obbligo ai potenziali autori di violenza domestica di indossare questo dispositivo è inserito nella legge federale per migliorare la protezione delle vittime approvata dalle Camere il settembre scorso – dice Andreotti –. L’Ufg sta elaborando indicazioni su questo aspetto come pure sull’introduzione di una specifica norma sullo stalking. Per evitare inutili doppioni legislativi aspettiamo i passi della Confederazione. Quanto alla sorveglianza elettronica, il nostro auspicio è che sia una sorveglianza elettronica attiva, che consenta di controllare gli spostamenti della persona. Se l’allarme scatta quando raggiunge il domicilio della vittima, potrebbe infatti essere tardi». In Ticino, ricorda la Polcantonale, gli interventi della Gendarmeria per violenza domestica sono stati 1’080 nel 2017, 829 nel 2016.

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