Ticino

Pensioni dei ministri, c’è un secondo parere

La perizia del consulente giuridico del Gran Consiglio in linea con quella di Grisel: non c’è base legale per i 22mila franchi e rotti di rendita ponte

Ti-Press
26 settembre 2018
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Sotto la lente della ‘Finanze’ non c’è solo la perizia del costituzionalista Etienne Grisel, commissionata da Matteo Pronzini (Movimento per il socialismo) e trasmessale dallo stesso deputato domenica pomeriggio dopo essere uscita di buon mattino sul ‘Caffè’. Sul tavolo della sottocommissione parlamentare della Gestione c’è infatti un altro parere giuridico sull’annoso dossier riguardante il trattamento previdenziale dei consiglieri di Stato. Un parere chiesto a suo tempo dalla sottocommissione Finanze al consulente giuridico del Gran Consiglio Tiziano Veronelli. «Questo per dire che non siamo rimasti con le mani in mano», dichiara alla ‘Regione’ il popolare democratico Fabio Bacchetta-Cattori, coordinatore della ‘Finanze’, che ieri ha sentito per circa mezz’ora Pronzini su aspetti controversi, da lui sollevati, del vigente modello pensionistico per i membri del governo. Aspetti, sottolinea Bacchetta-Cattori, «di cui il parlamento è al corrente da anni, da quando è stato proposto un differente sistema previdenziale, e che Pronzini rilancia a modo suo a sei mesi dalle elezioni cantonali...». Del nuovo modello pensionistico si sta occupando una sottocommissione ad hoc della Gestione. «È però chiaro – riprende il parlamentare del Ppd – che un modello alternativo a quello odierno va attuato d’intesa con il governo. È la ‘conditio sine qua non’. Il problema è che fino ad oggi non si è riusciti a trovare un denominatore comune».

Al giurista del Gran Consiglio la ‘Finanze’, nell’esercizio dell’alta vigilanza, si è rivolta «prima della pausa estiva, ponendogli una serie di quesiti», ricorda Bacchetta-Cattori. Altro non aggiunge. Da nostre informazioni, questa perizia non si discosta di molto da quella di Grisel. Quindi, anche per Veronelli, la rendita ponte di circa 22mila franchi annui di cui beneficiano i ministri che a mandato concluso non hanno ancora 65 anni, sarebbe priva di base legale.

Su quanto i consiglieri di Stato paghino gli anni di riscatto per arrivare alla pensione massima (che si ottiene dopo 15 anni) si registra invece la denuncia tramite conferenza stampa dell’Mps. Come già pubblicato da ‘Il Caffè’ il 13 maggio, ogni anno costerebbe ai ‘ministri’ 50mila franchi. «Una cifra da discount – rimarcano Matteo Pronzini e il coordinatore Giuseppe Sergi – che il Consiglio di Stato ha deciso da solo». Cifra che, stando «a calcoli che abbiamo affidato a un attuario e che qualsiasi matematico potrebbe confermare, è fino a cinque o sei volte inferiore rispetto al dovuto». Prendendo in considerazione i trattamenti salariali e di rendita dei consiglieri di Stato sì, ma che sono regolati da un’apposita legge con parametri ben diversi dalla Lpp o dalla cassa pensioni. Ad ogni modo, quanto succede è «estremamente grave», rileva Pronzini, perché «non c’è uno straccio di regolamento di legge». La legge, a dirla tutta, è ferma in parlamento ormai da tempo. In un messaggio del 20 aprile 2016, il governo riguardo alla modifica della modalità del riscatto degli anni di lavoro, scrive: ‘‘È inoltre introdotta la definizione della somma di riscatto annua, che corrisponde a una percentuale del contributo personale e non è quindi più basata come oggi su tabelle attuariali’’. Per ora lettera morta, si diceva. Da qui il calcolo teorico dell’Mps, secondo il quale «nel corso degli anni ci sono stati ammanchi nei confronti dello Stato di almeno tre milioni».

L’ultimatum ai gruppi

Il problema del trattamento previdenziale dei membri del Consiglio di Stato va risolto una volta per tutte, sostiene Ivo Durisch, membro socialista della sottocommissione ‘Finanze’. «Nella riunione di stamattina (ieri, ndr) – afferma il capogruppo del Ps da noi contattato – ho chiesto che entro due settimane i gruppi parlamentari si esprimano, dicano cioè se sono intenzionati a portare in Gran Consiglio – ancora in questa legislatura – approfondimenti e conclusioni della sottocommissione che sta trattando il tema delle pensioni dei consiglieri di Stato». Un tema sul quale «occorre, dopo tanti anni, arrivarne finalmente a una. Altrimenti si resta nell’incertezza, nel dubbio, andando avanti con interpretazioni discordanti. E questo non va bene». Nel caso in cui “i partiti di maggioranza decidessero di rimandare il tutto alla prossima legislatura, il Partito socialista proporrà alla base del partito di lanciare un’iniziativa popolare, peraltro già pronta”, scrive in una nota stampa il Ps. Un’iniziativa (ne abbiamo riferito nell’edizione di ieri) “che chiederà di abrogare il regime previdenziale speciale dei consiglieri di Stato, di affiliare i consiglieri di Stato all’Istituto di previdenza del Canton Ticino, di adattare l’indennità di uscita a fine mandato di un consigliere di Stato al modello in vigore per i magistrati qualora non intervenga il pensionamento e di valutare la revisione della retribuzione dei consiglieri di Stato, tenendo comunque conto di un rapporto massimo di 1:10 tra il salario minimo dell’Amministrazione cantonale e quello del consigliere di Stato”.

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