Ticino

Un'allieva della Commercio: 'Siamo in paranoia'

Nostro reportage dalla scuola media superiore di Bellinzona il giorno dopo l’arresto dello studente 19enne che aveva minacciato di compiere una strage

12 maggio 2018
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Se non fosse per un paio di agenti nella vettura della Polizia cantonale posteggiata all’imbocco del vialetto che porta alla Scuola cantonale di commercio, nel resto dell’istituto la routine scolastica sembra quella di un normale venerdì mattina. Ma basta far riferimento all’arresto di giovedì per far calare il silenzio tra i gruppetti di giovani in pausa nel cortile esterno. Come va? «Non bene, siamo in paranoia», risponde un’allieva. Nel giorno successivo all’arresto, ieri il 19enne è stato trasferito in ricovero coatto all’Ospedale neuropsichiatrico cantonale a causa dei problemi psichici ravvisati dagli inquirenti. Affiancato per il momento dall’avvocata d’ufficio Chiara Buzzi, dalla prossima settimana nell’inchiesta condotta dal procuratore pubblico Antonio Perugini, il giovane sarà difeso dall’avvocato Luigi Mattei. Si attende la decisione di convalida dell’arresto da parte del giudice dei provvedimenti coercitivi.

Chiacchierando con chi fino a poche ore prima condivideva con lui gli stessi spazi emergono ansia, paura, amarezza e sconcerto. «Sono sconvolta, non mi sarei mai aspettata che una cosa del genere potesse capitare in Svizzera». Un sentimento di stupore che si fa largo tra i compagni di scuola e tra i loro familiari, accompagnato da molte domande sul perché il 19enne arrestato giovedì mattina al suo domicilio di Bellinzona detenesse a casa tante armi, se fossero tutte legalmente autorizzate e se i genitori (che vivono nello stesso stabile ma in un appartamento diverso dal suo) non avessero nutrito dei sospetti a proposito della sua passione per le armi. A tal proposito una ragazza ci mostra una fotografia che, alla luce dell’arresto con l’accusa di atti preparatori di assassinio subordinatamente di omicidio, appare agghiacciante: qualche giorno fa il giovane arrestato ha pubblicato sulla sua pagina Instagram un’immagine che qualcuno gli ha scattato di sé mentre imbraccia un Kalashnikov AK-47.

Il ritorno sui banchi con il desiderio di poterne parlare

Mentre le bocche della direzione rimangono chiuse – raggiunto sul posto, il direttore Adriano Agustoni dichiara solo: «Oggi ci occupiamo della comunità», in riferimento a ragazzi e docenti – gli allievi della scuola parlano e chiedono di parlare. «È inconcepibile che la direzione non abbia riunito tutti gli allievi per spiegare l’accaduto e siamo venuti a saperlo dai giornali», sottolinea in mattinata una ragazza. Un concetto che sentiamo ripetere anche da molti altri studenti. Solo i compagni di classe sarebbero stati avvisati ieri sera attorno alle 21 sul fatto che stamattina le prime due ore di lezione sarebbero state annullate. La direzione ha inoltre inviato un comunicato ai propri docenti. Docenti che ieri mattina hanno in parte fatto lezione, in parte parlato dell’arresto e delle sensazioni emerse. «Avremmo dovuto fare una verifica stamattina, ma la docente ha preferito rimandarla e affrontare con noi quanto successo», ci viene raccontato. In aula però non si parla di fatti, essendo gli insegnanti stessi ancora poco informati sull’accaduto, bensì di sentimenti e reazioni. «Io oggi non volevo neanche venire a scuola per la paura. In effetti in molti sono rimasti a casa», ci sentiamo dire. C’è anche chi critica la presenza della polizia in posizione discosta. «La loro presenza non mi fa sentire più sicura e anzi mi chiedo cosa stiano facendo lì», commenta qualcuno. Emerge anche l’incredulità di chi lo considerava un bravo ragazzo di buona famiglia, che aveva peraltro soddisfacenti risultati a scuola. «Nessuno di noi lo poteva immaginare». «Proprio l’altroieri ha pranzato accanto a me. Non ci posso credere». C’è però anche chi lo definisce un ragazzo un po’ insicuro e, considerando la sua intelligenza, trova sospetto il fatto che abbia rilasciato così tanti indizi. «Forse la sua era una richiesta d’aiuto. Se davvero avesse voluto fare una strage, avrebbe fatto in modo di non farsi scoprire».

I post sui social e la foto con il Kalashnikov

Alla luce delle informazioni finora emerse, il 19enne non fa parte di alcuna società di tiro ticinese riconosciuta, indica da parte sua la Federazione ticinese delle società di tiro (Ftst) presieduta da Doriano Junghi a seguito della rivelazione che il ragazzo pratichi il tiro sportivo. La passione per le armi era emersa anche tra le mura scolastiche nell’ambito di un esercizio didattico sulla comunicazione per la preparazione del quale si era basato su un’azienda che produce armi. Una passione che veniva esternata anche su Twitter: accanto a notizie legate a personaggi sportivi e squadre internazionali, spicca la condivisione di alcuni post sul possesso di armi. Da una parte v’è il riferimento all’Olocausto (“Prendi qualsiasi libro di storia e capirai cosa succede se rinunci alle libertà e anche al perché dovremmo essere armati”, si legge accanto alla foto con centinaia di scarpe appartenute agli ebrei sterminati), dall’altra il sostegno al secondo emendamento della Costituzione americana (il diritto a possedere armi). Anche l’immagine del profilo e di copertina di Facebook è definita sospetta da alcuni studenti che ne parlano all’indomani della notizia shock. La scritta “Ththth, thti, ththth, yh, thththth. thti yh, rer, tetht, rer” ripetuta più volte – risalente però a oltre 2 anni fa – potrebbe ricordare a detta di qualche ragazzo i rumori di una sparatoria.

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