Mendrisiotto

Nessun indennizzo per i privati a Valera. Ma non è finita qui

Il Tribunale federale ha bocciato i ricorsi e la richiesta di oltre 40 milioni di franchi. Restano aperti altri due contenziosi... finanziari

La vocazione è chiara e verde
(Ti-Press)
29 febbraio 2024
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Neppure un franco. I maggiori proprietari privati a Valera dovranno farsene una ragione: per loro non vi sarà nessun indennizzo milionario. A fine gennaio il Tribunale federale ha scritto, infatti, la parola fine sulla richiesta di oltre 40 milioni avanzata dai titolari – due società immobiliari e una comunità ereditaria – di alcuni terreni incastonati nel comparto oggi regolato da un Piano di utilizzazione cantonale (Puc), nel segno di una vocazione verde e di area di svago pubblica. Ovvero quei circa 160’000 metri quadrati distesi tra i Quartieri di Rancate, Ligornetto e Genestrerio della Città di Mendrisio al centro per anni di una battaglia civile e politica. Accertata nella zona l’esistenza di un ‘vuoto pianificatorio’, sono venuti, insomma, a cadere i presupposti per rivendicare una espropriazione materiale, e di conseguenza anche il ritorno monetario invocato.

Una conclusione, quella a cui è giunta l’Alta Corte di Losanna respingendo i tre ricorsi (in parte ammissibili), alla quale, peraltro, in questi anni erano già arrivate altre istanze di giudizio (dallo stesso Tf sull’esproprio – in quel caso a vantaggio dello svincolo autostradale di Mendrisio – di 400 metri di terreno, al Tribunale di espropriazione, al Tribunale amministrativo del Cantone Ticino). Come dire che i privati dovranno accontentarsi dei 6 milioni stimati dal Cantone e votati nel settembre del 2022 dal Gran Consiglio (quasi unanime) a corredo di un Puc da 17 milioni. Anche se, da nostre informazioni, almeno sul piano teorico si starebbe valutando l’opzione di seguire la strada dei ricorsi straordinari.

Restano aperte altre due richieste danni

Capitolo chiuso? Non proprio. Nel passato recente i proprietari degli appezzamenti oggetto del contendere – di dimensioni notevoli, si parla di circa 85’000 metri quadri – non si sono mai dati per vinti. Tant’è che la domanda di indennizzo a cui fanno riferimento le sentenze rese pubbliche in questi giorni non è la sola messo nel piatto, chiamando in causa pure il Comune di Mendrisio. A restare aperti, come ci confermano, ci sono in effetti altri due contenziosi davanti al foro civile. Il primo traduce una richiesta danni rivolta nel 2019 alla Città di 124 milioni, nodo una volta di più la politica pianificatoria portata avanti (e alfine concretizzata) in questi anni. Il secondo, una causa approdata di fronte al Pretore di Mendrisio Nord intentata da uno dei due proprietari per un fondo a Rancate, che rivendica un indennizzo di più di 4 milioni per la mancata costruzione di un capannone prefabbricato da adibire a deposito. E in entrambi i casi la Città (nella seconda vertenza con il benestare del Consiglio comunale) ha rispedito ai mittenti le pretese finanziarie.

Il nodo pianificatorio

Torniamo, però, alla richiesta originaria di oltre 40 milioni, somma di tre distinte sollecitazioni correlate ai vari terreni situati a Valera e pari a 8’361’000 franchi, oltre 21 milioni e 400mila franchi e 12 milioni e 500mila franchi – detto altrimenti, 500 franchi al metro quadro, che “equivarrebbe al valore di mercato dei fondi” –; senza contare gli interessi. Al di là delle cifre, il vero nodo – dirimente per il verdetto finale – è legato alle scelte pianificatorie messe in atto. Di fatto, ricordano i giudici del Tribunale federale, “dal 2002 non è più stata in vigore una pianificazione per il comparto di Valera”.

Del resto, ciò aveva portato nel novembre del 2022 anche il Tribunale cantonale amministrativo a respingere i ricorsi dei proprietari. Infatti, “la Corte cantonale ha essenzialmente ritenuto che il Piano regolatore del 1983/1988 non era conforme alla Lpt (RS 700) – la Legge sulla pianificazione del territorio, ndr –, sicché il mancato inserimento dei fondi nella zona edificabile nel 2002 non costituiva un dezonamento, bensì un rifiuto di attribuzione alla zona edificabile”. Una tesi che cozza con l’ipotesi dei privati, convinti che questa mossa “costituirebbe un dezonamento costitutivo di espropriazione materiale”. Non solo, per i ricorrenti il ‘vuoto pianificatorio’ ha ormai raggiunto una durata superiore ai 20 anni, “la quale sarebbe di per sé tale da fondare una pretesa d’indennizzo per espropriazione materiale per il sacrificio particolare subito”.

Quella zona ‘sovradimensionata’

La Corte cantonale, però, rilancia il Tf, ha “rettamente rilevato che dalla decisione di approvazione del Piano regolatore, del 21 dicembre 1983, risulta che la zona edificabile era sovradimensionata, essendo stata definita in modo eccessivo per lo sviluppo prevedibile nei successivi 10-15 anni”. E meglio, “i giudici cantonali hanno infatti accertato, in modo conforme agli atti, che a fronte di 1’709 unità insediative rilevate nel 1980, il Piano regolatore ne avrebbe permesso complessivamente 3’587 (recte: 3’567) all’orizzonte 1990, con un incremento del 108%”.

In più non si può trascurare che “la zona è situata al centro di un’ampia superficie verde agricola relativamente libera da costruzioni nella piana del Mendrisiotto, costituita dalla campagna Adorna e dalla campagna di Ligornetto, situata tra i quartieri di Mendrisio e di Rancate, a nord-est, e di Ligornetto e Genestrerio, a sud-ovest, in posizione marginale e periferica rispetto agli insediamenti circostanti”.

Dal Bacino alla rinaturazione

Sarà una pura coincidenza, sta di fatto che la pubblicazione delle sentenze dell’Alta Corte incrocia il deposito giusto mercoledì, da parte della Città di Mendrisio, di una domanda di costruzione che per il fiume Laveggio, che corre attraverso il comparto di Valera, ha un significato particolare e apre la via a un progetto atteso da anni. Il Municipio si accinge infatti ad attuare, lì fra Genestrerio e Ligornetto, l’allargamento e la rinaturazione dell’alveo del corso d’acqua. Ovvero l’intervento naturalistico che ha sostituito il cosiddetto ‘bacino di laminazione’, che tanto ha fatto discutere. Era il 2009 e quella piccola diga immaginata per contenere le piene avrebbe rischiato, soprattutto agli occhi dei ‘Cittadini per il territorio’ – fautori del Parco del Laveggio – di distruggere in via definitiva due paludi protette e un grande prato agricolo.

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