Luganese

Lugano, fermata (ancora) una fiduciaria illegale

Dopo quella di marzo, emerge un'altra ‘annosa’ situazione abusiva, che ha consentito ai due titolari di realizzare cifre d’affari considerevoli

Se il fatturato conseguito aabusivamente è elevato, interviene il Ministero pubblico
(Ti-Press)
27 ottobre 2023
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Hanno condotto per svariati anni una fiduciaria senza le necessarie autorizzazioni. Non solo. Hanno raggiunto cifre d’affari considerevoli. Per queste ragioni, sono finiti nel mirino dell’Autorità di vigilanza sull’esercizio delle professioni di fiduciario che ha segnalato il caso al Ministero pubblico e alla Polizia cantonale. La segnalazione è sfociata nella chiusura, lo scorso venerdì 20 ottobre, della società fiduciaria abusiva, con sede nel Luganese.

Conseguita una cifra d’affari considerevole

In base alle risultanze delle indagini, agli interrogatori ai quali sono stati sottoposti i due titolari, un uomo e una donna, e alle prime verifiche dell’ampia documentazione sequestrata, è infatti emerso che i due hanno esercitato l’attività pur non avendo il permesso. Entrambi sono cittadini svizzeri e hanno realizzato cifre d’affari considerevoli. Ed è proprio questo l’aspetto che ha fatto scattare l’inchiesta penale coordinata dal procuratore pubblico Daniele Galliano. Come prescrive l’articolo 23 della Legge sull’esercizio delle professioni di fiduciario: “In casi gravi (segnatamente dove il fiduciario, agendo per mestiere, realizza una grossa cifra d’affari o un guadagno considerevole, oltre 100'000 franchi, ndr.) o di recidiva, la pena è la multa fino a 200'000 franchi e gli atti sono trasmessi d’ufficio al Ministero pubblico”.

La legge parla chiaro

Sempre in base alle norme vigenti e all'articolo 23 della (LFid), invece, “l’autorità di vigilanza punisce con la multa fino a 50'000 franchi chi, senza essere iscritto nell’albo delle professioni fiduciarie, esercita l’attività di fiduciario. Se l’autore ha agito per negligenza è punito con la multa fino a 20'000 franchi. I profitti conseguiti con l’esercizio abusivo della professione sono confiscati dall’autorità competente e incamerati dallo Stato”. Non pare rientrare nelle situazioni descritte dalla LFid, il caso Ticiconsult Sagl, società nella quale sono attivi il presidente nazionale e consigliere agli Stati Udc Marco Chiesa, il presidente cantonale e consigliere nazionale democentrista Piero Marchesi e il già procuratore federale e granconsigliere, sempre Udc, Pierluigi Pasi, per la temporanea assenza di un fiduciario iscritto all’albo. Per quale motivo? Perché, come si deduce dalla risposta fornita dal direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi all’interpellanza dei Verdi liberali, “i rappresentanti della società (in particolare la persona di Marco Chiesa), si sono fatti parte attiva per chiedere delucidazioni sull’applicazione della LFid al loro caso concreto e si sono tenuti presso l’Autorità di vigilanza due incontri per le spiegazioni del caso”.

Il precedente della società cittadina

L’ultimo caso, risalente al 20 ottobre, segnalato oggi dal Ministero pubblico e dalla polizia, assomiglia piuttosto al precedente venuto alla luce lo scorso mese di marzo, quando era emerso che i titolari – un uomo e una donna – hanno continuato a svolgere l’attività in assenza delle necessarie autorizzazioni e nonostante una precedente condanna della donna, risalente al 2021, per esercizio abusivo della professione. In centro città, non era passato inosservato il lavoro degli agenti di polizia, che avevano sequestrano una ventina di cartoni pieni di documentazione di fronte all’ingresso della fiduciaria attiva a Lugano. Anche allora il Ministero pubblico aveva ordinato la chiusura della società. Il titolare dell’inchiesta penale era sempre Daniele Galliano che, nei confronti della donna, aveva intimato un decreto d’accusa, proprio per esercizio abusivo della professione di fiduciario, medesimo reato per il quale era stata già condannata nel 2019. Un decreto che, come ha scritto il CdT nei mesi scorsi, è stato confermato dalla giudice Petra Vanoni della Pretura penale di Bellinzona, che le ha ridotto la pena pecuniaria da 25’000 franchi a 15’000.

Il nome della donna di 63 anni era peraltro già balzato agli onori della cronaca giudiziaria. Era stata condannata dalla Corte delle Assise Criminali (presiedute dall’allora giudice Claudio Zali), per reati finanziari. Venne ritenuta colpevole di aver sottratto diversi milioni di franchi da un istituto di credito di Lugano, dove lavorava in qualità di assistente alla clientela e collaborava nella gestione, per consegnarlo al suo amante, un cittadino italiano che abitava a Montecarlo e che aveva dilapidato il patrimonio al casinò.

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