Luganese

Chiesti sette anni e sei mesi per Nicolò Svizzero

Al processo, il 45enne accusato di una truffa di oltre 24 milioni di franchi, ha risposto solo in parte alle domande e ha contestato le imputazioni

L’imputato continua a professarsi innocente
(Ti-Press)
11 settembre 2023
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«Ha causato danni e difficoltà a persone che conosceva bene, e non per negligenza ma volontariamente, per mantenere il suo stile di vita sopra le righe». Le parole sono quelle del procuratore pubblico Andrea Gianini, e descrivono il presunto agire di Nicolò Svizzero, imputato quest’oggi nel procedimento svoltosi alla Corte delle Assise Criminali di Lugano. L’uomo è accusato di aver truffato per mestiere, tra il 2010 e il 2018, convincendo diverse persone di sua conoscenza, alcune delle quali residenti in Svizzera, ad affidargli diversi milioni dietro la promessa di grandi ritorni di investimento, tramite alcune aziende situate tra Lugano e Singapore. Questi soldi, si parla di più di 24 milioni, sarebbero invece stati usati per i suoi scopi privati. L’uomo avrebbe inoltre usato parte del denaro ricevuto per pagare i ritorni di investimento alle persone che gli chiedevano la restituzione. Svizzero, però, contesta tutti i fatti negando di aver commesso reati. Al termine della sua requisitoria, Gianini ha richiesto una pena di sette anni e sei mesi, oltre all’espulsione dal territorio svizzero per un periodo di almeno dieci anni, per le imputazioni di truffa ripetuta aggravata, appropriazione indebita e riciclaggio di denaro.

Facoltà di non rispondere

Nel corso della mattinata, l’avvocato difensore Costantino Castelli aveva dapprima chiesto l’annullamento dell’intero procedimento, in virtù del principio ’ne bis in idem’, dal momento che Svizzero era già stato processato in Italia per fatti analoghi, venendo condannato a due anni e mezzo di detenzione per abusivismo finanziario. Richiesta respinta dalla Corte – presieduta dal giudice Amos Pagnamenta – che ha ritenuto non ci fossero sovrapposizioni. Castelli ha poi chiesto e ottenuto l’abbandono del procedimento per la prospettata falsità in documenti, in quanto reato non riconosciuto per l’estradizione da parte delle autorità italiane.

All’inizio del dibattimento vero e proprio, Svizzero ha dichiarato di volersi avvalere della facoltà di non rispondere, ritornando sui propri passi per rispondere solo ad alcuni quesiti posti dalla Corte. «Considerato il fatto che ho chiarito la mia posizione sui fatti che mi vengono contestati nelle oltre cento ore di interrogatori – ha detto –, il cui primo risale a oltre cinque anni fa, ritengo di non avere più nulla da aggiungere». L’imputato ha comunque rivendicato la propria innocenza. Nel corso del procedimento, l’uomo ha dichiarato più volte di aver avuto solo un ruolo marginale e di non aver gestito personalmente i prestiti e gli investimenti. «La mia attività era quella di consulente ed ero incaricato di individuare le strategie». A suo dire, avrebbe solo seguito le direttive che provenivano dall’azienda, anche in merito ai soldi che spendeva per ragioni private, che avrebbe usato dopo aver ottenuto il via libera dai suoi superiori. Si è inoltre detto estraneo ai rendiconti finanziari che sono stati mostrati agli investitori.

Quando gli è stato chiesto se ritenesse possibile la restituzione del denaro che avrebbe malversato, ha risposto così: «È una domanda difficile. Prima dell’arresto (sommando la pena italiana alla carcerazione preventiva, Svizzero si trova in detenzione da oltre quattro anni ndr.) avrei detto di sì, ora però non so com’è la situazione economica dell’azienda».

‘Soldi spesi in auto, gioielli ed eventi a Singapore’

«Lui afferma che appena sarà libero – ha detto il pp – si recherà negli Stati Uniti e a Singapore per chiarire quanto successo, ma le società di Singapore sono fallite o nullatenenti». Sono diversi gli escamotage che, secondo l’accusa, Svizzero avrebbe messo in atto al fine di accaparrarsi il denaro per mantenere il suo elevato stile di vita. Sarebbero infatti diversi milioni quelli che l’imputato avrebbe dilapidato nel mantenimento di uffici, doni ad amici e familiari, ma anche nell'acquisto di gioielli e automobili di lusso, nonché in serate mondane a eventi e locali di Singapore. Tra questi escamotage vi sarebbero, oltre alla già citata promessa di ritorno di investimento superiore al dieci percento, anche riunioni con istituti finanziari americani, con i quali venivano discussi – in sua assenza – piani e strategie di investimento, che i suoi collaboratori inserivano in report, che poi lui proponeva ai propri clienti come farina del suo sacco. A capo dell’azienda di Singapore vi sarebbe stata una donna che ha dichiarato di essere stata solamente una direttrice di facciata, mentre lui sarebbe stato l’unico detentore del diritto di firma. Quando il meccanismo ha cominciato a cedere, persino i suoi genitori – Svizzero è infatti rampollo di una rinomata famiglia – gli avrebbero fatto da garante, riuscendo a convincere una delle sue principali vittime a compiere ulteriori investimenti milionari.

Nella giornata di martedì prenderanno la parola gli avvocati Marco Bertoli ed Emanuele Stauffer, rappresentanti in veste di accusatori privati di due delle presunte vittime, nonché l’avvocato d’ufficio di Svizzero stesso.

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