Luganese

Campione nel giorno del suo funerale

A un anno dalla chiusura del Casinò e della crisi, oltre 200 abitanti ieri in piazza per chiedere un intervento della politica

28 luglio 2019
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È molto difficile dar conto del funerale che, senza precedenti in Italia, si è celebrato ieri pomeriggio a Campione d'Italia. Una comunità che si è ritrovata a piangere la scomparsa del proprio paese, affranta dal rito dell'addio, consapevole che Campione d'Italia non sarà più come una volta, anche se ancora nessuno è in grado di dire quale nuovo volto assumerà. Ed è questa incertezza che maggiormente pesa su chi si trova a fare i conti con una situazione che a distanza di un anno dalla chiusura del Casinò, dichiarato fallito il 27 luglio 2018, più difficile non poteva essere. Uno tsunami che si può raccontare, ed è stato raccontato, in mille modi. Non ultimo quello riferito ad un rilievo matematico: 80 milioni di euro. Stima in difetto degli incassi sfumati a seguito della chiusura della casa da gioco. Soldi che in buona parte hanno preso la strada per Lugano e Mendrisio, i cui casinò hanno beneficiato dei mancati incassi del casinò dell'enclave. Un motivo in più per rendere incomprensibile i passi da lumaca della politica di cui tutto si può dire, ma non che ha cuore per Campione d'Italia. Ed è quanto hanno sottolineato coloro che hanno partecipato al funerale del paese. Due-trecento persone, un numero inferiore a quello che gli organizzatori si attendevano. Incuranti del forte acquazzone che si è abbattuto sull'insolito corteo funebre. Tre striscioni e una bandiera, quella rossocrociata. ''Per sottolineare il fatto che in questo anno la Svizzera ci è stata vicina, ci ha dato molto, sia a livello di associazioni che di singole persone - puntualizza Elena Rusconi -. A differenza del nostro governo che dimostra di averci dimenticati. E pensare che abbiamo visto un vice premier, cioè Luigi Di Maio, che va sostenendo che ''nessun italiano deve restare indietro''. È riuscito, e con lui Salvini, a lasciare indietro un intero paese''. Concetti scritti in un lungo striscione nero. Il colore del lutto. Renato Cibelli, capo turno ai tavoli verdi: ''Siamo comunque un paese ancora vivo, lo dimostra anche questa manifestazione. Siamo ancora vivi anche se i politici, a qualsiasi livello, locale, provinciale, regionale, nazionale si sono impegnati affinché ci fosse tolta la dignità. La politica, di come si è mossa in questo anno, ci vuole cancellare''. Carlo, pensionato, ci va giù duro: ''La notte di San Martino, negli anni Ottanta, ero in servizio: ho visto l'arresto di Lucio Traversa (allora presidente del Casinò, ndr). Allora c'erano stati numerosi arresti, anche il sindaco e due assessori. Per quanto è venuto a galla in questo ultimo anno è possibile che nessuno finisca in galera. Che fine ha fatto la montagna di milioni di debiti che hanno portato alla chiusura del Casinò e ai licenziamenti in comune?''. Arresti per via del fatto che la mafia aveva messo le mani sul casinò dell'enclave. La casa da gioco era stata riaperta il 31 dicembre dello scorso anno. Al funerale (simbolico) del paese erano presenti numerosi giovani. Linda: ''Alle volte mi vergogno di essere italiana. E la cosa mi rattrista, ma cosa ha fatto lo Stato italiano per Campione? Niente''. Laura, sua sorella: ''Entrambi i nostri genitori erano dipendenti della casa da gioco. Mio padre che a cinquant'anni si è sentito dire che è vecchio. Stessa cosa mia madre che di anni ne ha 47. L'unica speranza è la riapertura del casinò''.

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