Luganese

Edilizia in crisi: un gigante con i piedi d'argilla

Annunciati tagli al personale. Interviste al sindacalista Dario Cadenazzi (Unia) e al direttore della Società ticinese degli impresari costruttori Nicola Bagnovini.

Ti-Press
20 novembre 2018
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Dopo la ristrutturazione avviata nelle scorse settimane alla Ennio Ferrari Sa di Lodrino (costretta a lasciare a casa i ‘dipendenti particolari’ perché non impiegabili su cantieri dell’Alto Ticino bloccati dall’arrivo dell’inverno), il vento della frenata del mattone è giunto nel Luganese con l’annunciato taglio di venti posti di lavoro alla Garzoni Sa. «Due ditte importanti per grandezza e fatturato – ci spiega il sindacalista di Unia Dario Cadenazzi –; se, infatti, la Garzoni è la più grande del Sottoceneri, la Ennio Ferrari è la prima in Ticino. E se è questo il motivo per cui fanno rumore, non le nascondo che vi sono diverse altre ditte che sono sicuramente altrettanto in sofferenza».

Se resta il fatto che la Garzoni è stata, per i sindacati, “un fulmine a ciel sereno” (ieri il primo incontro fra le parti), se sul settore aleggia la non facile trattativa per il rinnovo del contratto collettivo di lavoro, se i lavoratori negli ultimi 4-5 anni non hanno ricevuto aumenti, «la grossa rabbia – come non manca di evidenziarci Cadenazzi – è che ciò capita in un momento in cui il volume del lavoro è ancora alto, perché ricordiamolo si sono battuti e ribattuti record! Logicamente, ci si poteva aspettare l’impossibilità di viaggiare sempre a quel livello... Sono ad ogni modo convinto che una crisi come quella degli anni Novanta sia da scongiurare o, meglio, sia scongiurata; però è chiaro che degli aggiustamenti potrebbero arrivare, anche sulla manodopera, ed è questa la nostra maggiore preoccupazione».

Dopo quindici anni che si è macinato su alti livelli, una flessione non può perciò essere esclusa: «I dati dello sfitto sono dati che non c’erano fino a poco tempo fa e che preoccupano, anche per una certa immigrazione che avrebbe rallentato, soprattutto su Lugano» rimarca il sindacalista. Una realtà di grande espansione, quella fatta di cazzuole e puntelli, che è lì tutta da vedere: «L’edilizia ha beneficiato per anni del vento in poppa, ha viaggiato a tutta velocità – riporta la fotografia della regione il nostro interlocutore –; basterebbe guardare plasticamente il profilo di una città come Lugano e notare come è cambiata, pensiamo a Brè, ma anche alla Collina d’Oro, zone completamente rifatte, a Paradiso. Abbiamo casi abbastanza ‘violenti’, ammettiamolo non è che sia bello quello che si vede...».

E perché, in tutto ciò, è il personale che deve essere chiamato ai sacrifici? «Spero davvero – risponde ai nostri interrogativi Cadenazzi – che nel processo di valutazione questa sia veramente l’ultima ratio. La manodopera, va ribadito, è know-how, è conoscenza tecnica. Prima di tagliare sul personale ci sono altre misure che si possono intraprendere». Del resto i sindacati hanno più volte lanciato l’allarme: «Ci siamo spesso dichiarati preoccupati soprattutto quando si opera in sottocosto, quel sottocosto strutturale che porta ad uscire con delle offerte che sostanzialmente non stanno in piedi, ad entrare nei vari concorsi con prezzi inferiori pur di aggiudicarsi il lavoro, che se da una parte mira a evitare licenziamenti, dall’altra, alla lunga, assolutamente non paga perché poi qualcuno scoppia... ed è questa la grossa paura».

Un settore che si è dovuto confrontare anche con casi di malaedilizia «che hanno rovinato il settore portando via lavoro a prestatori interni, la posa del ferro ne è un esempio, quando si sarebbe potuto costruire un settore sano. Invece è stato portato via lavoro anche alle ditte medio-piccole che si vedono al giorno d’oggi costrette a fare i salti mortali. I vecchi imprenditori che creavano riserve, che reinvestivano, che quando necessario si modificavano non esistono più» conclude Cadenazzi.

Riduzione degli effettivi: ‘È inevitabile’

Circa 7’500 occupati, ai quali vanno aggiunti i molti interinali, in prestito cioè da agenzie e chiamati a sopperire ai picchi di produzione. È il numero di coloro che operano nel settore dell’edilizia confrontato in queste ultime settimane con notizie di tagli e ristrutturazioni: «Ferrari e Garzoni non sono casi isolati, ne arriveranno ancora» è l’opinione del direttore della Società impresari costruttori ticinesi Nicola Bagnovini. «Dopo un decennio di grande euforia nell’edilizia abitativa, ora sofferente – ci illustra la situazione –, siamo arrivati al dunque; del resto non si poteva andare avanti con il ritmo di costruzione degli anni scorsi. Pensiamo allo sfitto che è in aumento: Lugano con valori anche importanti, Bellinzona pure, per non parlare del Mendrisiotto dove registriamo il 4-5% in più» ci riporta le preoccupanti cifre.

«Dunque quello che si diceva di una possibile frenata, e io lo dico da un po’ di tempo, si sta avverando – ammette Bagnovini –. È arrivato il momento di adattare la struttura aziendale a quella che è la mole di lavoro attuale che sta calando, nonostante i tassi di interesse bassi. Non è un crollo, e anche il tenore di questi licenziamenti lo dimostra, ma è una conseguenza quasi inevitabile di ciò che è un calo dell’attività. Quello che speriamo, anche se chiaramente non sono i mesi migliori, è che il genio civile abbia a compensare questo calo, da lì il nostro appello ai committenti, dal Cantone ai Comuni, dall’Ustra, che fa già molto, alle Ffs, così che investimenti infrastrutturali colmino questo disavanzo».

Eppure di gru se ne continuano a vedere moltissime...

È vero che continuano a essere presenti sul territorio ma è anche vero che una volta terminata la costruzione i mesi che passano per venderla o per riuscire ad affittarla sono sempre maggiori, quando si riesce a venderla o affittarla... L’investimento immobiliare che fino a poco tempo fa era il più redditizio, perché il più sicuro, accusa un’impasse. Diminuiti sul mercato immobiliare i russi, è venuta a mancare un’immigrazione di qualità. Quello che stiamo costruendo, infatti, è di alto standard, pensiamo a Minergie, edifici di qualità e non certo fatti al risparmio.

Un calo dovuto anche al sottocosto?

È una realtà! Basta assistere alle aperture che sono il 30-40% inferiori al preventivo del committente. Cosa è successo? Il licenziamento è l’ultima tappa di un provvedimento dove prima si riducono le uscite, si ottimizza, poi quando calano le riserve si cerca di acquisire ad ogni costo, e come si fa? Abbassando il prezzo, certo è che se questa cosa va avanti non solo diventa pericolosa ma anche malsana per tutto il resto perché vuol dire che nessuno riesce più a prendere lavori a prezzi giusti innescandosi quel preoccupante meccanismo della concorrenza sleale e dei subappaltanti con lavoratori a 8 euro l’ora. Mi rincresce, quindi, che vi sia una riduzione degli effettivi, ma è inevitabile per poter adattare la struttura attuale delle imprese che vengono da anni di grande euforia nell’edilizia, dove c’è sempre stata, ma anche nel genio civile. Ricordiamoci che abbiamo appena terminato gli anni di AlpTransit, del Piano viario del Luganese, del Ceneri. Non è che sta finendo il mondo, ne arriveranno altri di grandi progetti, ma per il momento qualcosa va rivisto...

Possiamo parlare di crisi nera?

No. La crisi non la vedo nella mancanza di lavoro ma nelle condizioni per acquisire i lavori – ‘se non faccio prezzi stracciati non lavoro’ –, per me la crisi è questa. Poi è vero che gli effettivi andranno ridotti ma è un po’ che lo diciamo, più aspettiamo a tirare il freno e più farà male cadere... Solo due anni fa le offerte di lavoro che ricevevano le imprese erano il doppio del tenore di oggi. Eppure le paghe a fine mese ci sono sempre. Per questo far l’imprenditore è tutt’altro che scontato, perché le difficoltà sono molte, la concorrenza è molto spinta. Una volta se il cantiere andava bene si guadagnava tanto, se andava male poco, oggi se va male ci si rimettono dei soldi, se va bene si esce in pareggio.

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