Lugano

Rivendeva all'Est auto noleggiate in Svizzera, condannato in contumacia

(Gabriele Putzu)
22 novembre 2017
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Quasi tre anni di carcere. Tanto rischia il 42enne italiano condannato oggi alle Assise criminali di Lugano per ripetuta truffa – consumata e tentata – qualora dovesse rientrare in Svizzera. Condannandolo a dieci mesi di detenzione, la presidente della Corte Rosa Item ha infatti pure revocato la condizionale per una precedente condanna del 2015: due anni e sei mesi, di cui questi ultimi parzialmente espiati mentre per gli altri ventiquattro mesi era stata predisposta la sospensione oggi revocata.

La vicenda risale all'estate di due anni fa. L'imputato e il suo complice – un connazionale 47enne condannato lo scorso ottobre a otto mesi sospesi – misero in piedi una truffa ai danni di alcune società di autonoleggio nel Mendrisiotto, nel Bellinzonese e infine nel Luganese, dove il raggiro fu scoperto. Il modus operandi era sempre lo stesso: il 47enne firmava i contratti di noleggio delle auto con soldi forniti dal 42enne e poi, invece di riportarle dopo l'uso, le consegnava al complice in Italia, da dove venivano rivendute nell'Europa dell'Est. «Era lui che gestiva le fila – ha detto Item riguardo al 42enne –, era la mente, mentre l'altro l'esecutore». A fregare i due, l'aver volato probabilmente troppo in alto: dopo una Volkswagen e una Volvo, misero gli occhi su una Maserati. A sventare il colpo, che sarebbe stato compiuto ai danni di una celebre società luganese, l'intervento della Polizia cantonale.

L'imputato ha riconosciuto i fatti, ma solo in forma scritta al suo legale Stefano Genetelli. Il processo infatti si è tenuto in contumacia, dato che l'uomo non si è presentato in aula – «se l'avesse fatto sarebbe stato immediatamente arrestato», aveva ammonito durante il processo di ottobre la procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti. «Non presentandosi non si è assunto fino in fondo la sua responsabilità» ha aggiunto la giudice, pronunciando la sentenza (a metà fra i dodici mesi chiesti dall'accusa e gli al massimo otto invocati dalla difesa). Inoltre, il fatto che non sia stato possibile fare il punto sulle sue condizioni di vita, ha giocato a sfavore nei confronti del condannato per una sospensione della pena.

A pesare, infine, sulla decisione finale della Corte è il fatto che l'imputato sia un recidivo. Nel febbraio 2015 fu infatti ritenuto fra i colpevoli dell'inchiesta 'Muscle car'. Uno tra i più vasti traffici di auto giudicati in Ticino, in cui le vetture venivano rubate all'estero e rivendute in Svizzera. «I nuovi fatti si situano nello stesso solco – ha chiosato Item –, il fatto che sia ricaduto nello stesso reato a pochi mesi dal primo processo è grave, indica che né la condanna né la carcerazione sono servite».

 

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