Locarnese

Il sorriso dell'Angelo: l'anima eterna di un fuoriclasse

La figura del più grande cuoco ticinese di tutti i tempi in un ritratto realizzato per ‘Storie’ (Rsi La1, domenica 4 febbraio) dal regista Paolo Vandoni

Angelo Conti Rossini
30 gennaio 2024
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Il ritratto di un fuoriclasse della cucina, ma anche il racconto dell’elaborazione di un lutto. Anzi, di due lutti, di cui uno improvviso, e finito dentro una sceneggiatura non scritta, e tuttavia solida, come se lo fosse stata.

C’è soprattutto tanta umanità, nel nuovo documentario realizzato per “Storie” dal regista di Minusio Paolo Vandoni. In questo caso, un aiuto fondamentale arriva dal protagonista, Angelo Conti Rossini, il cuoco più significativo della storia ticinese, e fra i più grandi in assoluto che abbia mai avuto la Svizzera.

Brissaghese anche per indole, verrebbe da dire, Conti Rossini ha rappresentato insieme – caso raro – l’eccellenza gastronomica e l’attaccamento alle cose semplici della terra di nascita: sì l’estrema concentrazione ai fornelli, attraversata dagli invisibili, eppur tangibili, segni della genialità; sì l’inflessibilità professionale pretendendo sempre e solo il meglio, da se stesso, dai prodotti e dai sublimi risultati che ne risultavano prima in padella e poi sul piatto; ma anche, e probabilmente soprattutto, quel carattere aperto, con la risata contagiosa e liberatoria, un marchio di fabbrica che lo avrebbe reso, suo malgrado, personaggio, forte di una ferma necessità di riconoscersi sempre per quel che realmente era, oltre il ruolo, la funzione e l’aura che è propria dei grandi di ogni disciplina.

Grande, di sicuro, Angelo Conti Rossini lo è stato per davvero durante una straordinaria carriera segnata dall’ottenimento, nel 1968, di due stelle Michelin arrivate in un colpo solo e poi mantenute per un ventennio. Gli anni sono quelli della rivoluzione culturale, della liberazione dei costumi, delle promesse. Le migliori, tutte mantenute, il grande cuoco le aveva fatte in primo luogo alla comunità brissaghese, suo primo e unico riferimento, come ben racconta il documentario.

Non è certo, appunto, sulle stelle che è possibile misurare la grandezza dell’uomo e dello chef. La si ritrova invece in dettagli che una regia di grande sensibilità rende capaci di raccontare: l’amicizia con Fredy Girardet, “il primo della classe”, lui addirittura 3 stelle Michelin, incontrato dal regista nel suo Canton Vaud per ricordare, sorridendo, che «lavoriamo per rendere felici le persone», e brindare poi alla memoria dell’«Angelo, mon ami»; la sentenza di un altro grandissimo come un Gualtiero Marchesi d’archivio, che in quella del collega ha sempre visto «una cucina moderna, nel segno della tradizione»; l’affetto sincero di Pietro Leemann, in gioventù pupillo dell’Angelo, a ricordarne una statura superiore fatta di coraggio, coerenza e intuizioni; l’ammirazione di Tito Tettamanti, che di Conti Rossini ha apprezzato tutto, tanto da volerne fare la vera star di un famoso “happening” d’altri tempi legato alla sfarzosa inaugurazione di un Holiday Inn realizzato a Toronto; o, ancora, la magia regalata ai bambini delle Elementari della sua Brissago, che con il loro docente Mauro Fiscalini incontrarono un giorno il grande chef e furono poi invitati a mangiare nel suo ristorante, per un’esperienza consegnata agli annali, e rimasta nei cuori.

Il filo rosso, in questo straordinario racconto, è quello dell’affetto più caro, rappresentato dalla figlia, Monica Conti Rossini Kelly, cui rimanda il titolo del film: “Angelo Conti Rossini el mè pa”. Monica che ricorda, che si emoziona, che riannoda dei fili, cerca delle risposte e infine ritrova, in qualche modo, anche se stessa. Con generosità, accompagnando il regista a ritroso, con lui condivide il dolore per una scomparsa forse mai del tutto “capita”, accettata, interiorizzata.

Era un giorno di passione, per l’Angelo, quell’ultimo giorno terreno nel marzo del ’93. Una passione “accessoria”, giunta tardi, ma forte come solo possono essere certi stimoli per le persone creative. Reduce da un’operazione al cuore, si era innamorato della bici, il grande cuoco. E in quel contesto aveva stretto alleanze che sprofondavano nel suo indomabile bisogno di umanità. Lì, su quel terreno, aveva coltivato un’amicizia speciale. Lui era il “Bassanino”, Bassano Vandoni, papà del regista. All’Angelo, come lui brissaghese, lo legava anche una parentela. Ma era sui pedali, che nasceva l’intesa. Proprio durante la lavorazione del documentario, il Bassano è venuto a mancare. Così al lutto di una figlia si è unito quello di un figlio, che la stava ritraendo. E nel “mè pa” del titolo riecheggia un doppio, sensibile ricordo.

“Angelo Conti Rossini el mè pa” verrà trasmesso domenica 4 febbraio dalle 20.40 su Rsi La1.

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