Locarnese

In Appello assolto (per prescrizione) dalla gestione infedele

Per la ‘cassa in nero’ di nuovo in aula, a Locarno, l'ex capo dello Stato maggiore delle Guardie di confine ticinesi. Per lui pena ridotta

Circa settemila franchi accumulati di nascosto, per scopi non conformi
(Ti-Press)
26 ottobre 2023
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Assolto dal reato di gestione infedele, confermate invece la falsità in documenti e l'appropriazione indebita: è la sentenza pronunciata nel primo pomeriggio di oggi dal presidente del Tribunale militare di appello 3, Gianluigi Della Santa. La corte si è riunita nella sala del Consiglio comunale di Locarno, per affrontare nuovamente la questione della “cassa in nero” delle Guardie di confine della regione IV Ticino. Vicenda in cui erano rimasti coinvolti l'ex comandante Mauro Antonini, condannato in primo grado il 28 gennaio 2022 per falsità in documenti (sentenza cresciuta in giudicato), e l'ex capo di Stato maggiore. Quest'ultimo, nel corso di quel medesimo processo, era stato ritenuto colpevole di reiterata gestione infedele, falsità in documenti e appropriazione indebita. Aveva però impugnato la sentenza, affiancato dal suo patrocinatore avvocato Daniel Meier.

Della Santa ha sposato la tesi del difensore, con l'assoluzione dell'imputato dal reato di gestione infedele. In sostanza, ha spiegato il giudice, i movimenti finanziari legati alla “cassa in nero”, tra entrate e uscite, sono avvenuti prima della fine del mese di giugno del 2013. Il premio di prestazione, in parte servito per alimentare il fondo nascosto, era stato versato dall'Amministrazione federale delle dogane di Berna all'imputato nel 2009. L'uso dei premi in natura (buoni acquisto per 3'500, acquistati in fretta e furia nel 2012 per non far decadere il diritto all'importo) risale al 2013: una parte era finita lo stesso anno con i soldi nascosti. La difesa, nella sua arringa, ha sottolineato che il termine di prescrizione per reati simili è stato prolungato da sette a dieci anni all'inizio del 2014. Per l’imputato, visto che i fatti sono avvenuti prima, va applicata la legge precedente. La Corte li ha quindi considerati prescritti.

Per quanto riguarda la falsità in documenti (servita per far entrare nella cassa nascosta i buoni in natura, segnati invece sul registro come se fossero stati distribuiti al personale), la richiesta di prescrizione formulata dall'avvocato Meier non ha fatto breccia. L'accusa, promossa dall'uditore Martino Righetti, ha ricordato che il reato è stato ammesso: «Le liste per la distribuzione dei buoni erano menzognere; servivano per attestare premi di prestazione al personale e quindi per spingere l'erogazione di prestazione da parte della Confederazione. Si può parlare d'indebito profitto per il vantaggio ottenuto, senza averne diritto, presentando documenti falsi. Non ha valore la motivazione addotta di aver agito su ordine dell'ex comandante». Per la Corte, che sul tema non si è soffermata più di quel tanto, il reato resta valido: è stato commesso e non è caduto in prescrizione.

Infine è stata affrontata la questione legata ai soldi confluiti dal Circolo culturale delle guardie di confine: «Per questo capitolo della vicenda, chiedo che l'imputato venga assolto dall'accusa di appropriazione indebita – ha affermato il difensore –. I 1'538 franchi sono stati consegnati al mio assistito, ma dopo che il Circolo è stato sciolto, con l'indicazione di riversarli all'Associazione sportiva delle guardie di confine o per beneficenza. Finiti nella “cassa in nero” a insaputa dell'ex comandante, sono stati spesi per i bisogni di quest'ultimo. Viene quindi a mancare l'oggetto dell'appropriazione indebita. Se è vero che l'imputato i soldi li ha ricevuti, è altrettanto vero che non li ha mai incorporati nei suoi beni. Inoltre, il Circolo culturale non ha subìto un danno: visto che ha chiuso i battenti non ha sentito la mancanza di quel denaro. Ci troviamo di fronte a una situazione kafkiana, a un assurdo giuridico. Non è stato corretto quello che ha fatto, ma non è da considerare riprovevole».

Dal canto suo, Righetti ha posto l'accento sul fatto che quei soldi, destinati a ben altro scopo, sono stati utilizzati per spese di rappresentanza del comandante. A far da cornice a tutte le accuse, l'uditore ha aggiunto: «In correità con l'ex comandante l'imputato ha abusato della fiducia in lui riposta e ingannato il datore di lavoro». E ancora: «Era consapevole di agire nell'illegalità creando una cassa in nero e aggirando le disposizioni dei vertici delle dogane per le spese di rappresentanza».

L'ex capo di Stato maggiore, sollecitato da Della Santa, ha fornito la sua spiegazione: «Sono sempre stato molto trasparente e corretto: ho ammesso ciò che ho fatto. Dovevo rispettare le volontà del mio ex comandante: lui non tollerava che non lo si ascoltasse. Era un suo modo di agire piuttosto ricorrente. Ci siamo scontrati in diverse occasioni sui modi di procedere non conformi. Ma lui affermava: sono il comandante e posso fare quello che voglio».

Aliquote giornaliere sospese

Per falsità in documenti e appropriazione indebita il presidente ha inflitto all'accusato una pena di 45 aliquote giornaliere di 135 franchi (contro le 60 aliquote da 180 franchi del primo processo), sospese condizionalmente per un periodo di due anni, e una multa di 1’200 franchi. Va detto che la Corte gli ha pure riconosciuto una parziale indennità di patrocinio, per un totale di 9'500 franchi per l'intero percorso processuale. L'imputato e il suo avvocato, all'uscita dall'aula, ci hanno confidato di non essere intenzionati a ricorrere contro la sentenza.

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