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Minusio, languorino pubblico sulla Ca' di Ferro

Dopo la morte del proprietario il Municipio ha sondato con la vedova i margini di manovra per un usufrutto dell'ex caserma dei mercenari svizzeri

La Ca' di Ferro con il suo torrione
8 luglio 2020
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Immaginiamoci il portone di un’antica dimora che faticosamente viene aperto. E immaginiamo che l’uscio in questione sia quello della Ca’ di Ferro sulla Rivapiana di Minusio, vecchia caserma dei mercenari svizzeri, oggi casa privata di raro pregio e dal fascino storico rimasto intatto a quasi 500 anni dalla sua nascita.

Ecco: la notizia di queste settimane non darà la luce di un nuovo orizzonte che si spalanca e va a cambiare la storia; ma uno spiraglio di curiosità lo concede. La notizia è un interessamento al complesso da parte del Comune di Minusio, che dopo la morte dell’ultimo proprietario, Franz Fischer, ha stabilito un contatto con la vedova per sondare il terreno non tanto rispetto ad un acquisto pubblico - che sarebbe oltremodo oneroso, e non viene comunque preso in considerazione prima di avere per le mani un progetto solido di utilizzo -, quanto piuttosto a una possibilità d’usufrutto, anche solo parziale, a beneficio della comunità.

La conferma dell’abboccamento giunge da una fonte vicina al Municipio. Dopo la scomparsa di Fischer, all’esecutivo di Minusio è sembrato opportuno, e da un certo punto di vista anche doveroso, verificare i margini di manovra. Quanti ve ne siano in concreto non è dato sapere, ma è probabilmente significativo che dopo il contatto - avvenuto ancora in periodo “pre Covid” - non sarebbero stati compiuti ulteriori passi nel “pourparler” fra le parti. Qualora se ne dovesse tornare a discutere, è ipotizzabile che il Comune non possa esimersi dal coinvolgere Cantone e Confederazione.

Nell’attesa, è bello sognare, riguardo all’eventualità di una mano pubblica su Ca’ di Ferro. Sia per ciò che storicamente rappresenta per la regione, sia per il valore dell’oggetto, che con con i suoi stabili occupa su oltre 20mila metri quadrati una delle aree più pregiate del Locarnese e dispone di un accesso al lago in una delle rare porzioni di via alla Riva chiuse al pubblico.

Fra miti e leggende

Anche soltanto l’idea di sfruttare parte del lotto a fini culturali apre un mondo, che è quello dei mercenari svizzeri al soldo delle potenze straniere. L’edificio nacque infatti fra il 1540 e il 1580 come caserma per volere del condottiero urano Pietro a Pro, che lì raggruppava i soldati svizzeri da poi spedire in Italia, o in Austria, per combattere cruente guerre per conto terzi. «Era una forma di emigrazione - spiega alla “Regione” lo storico Rodolfo Huber -. Per chi reclutava erano affari molto remunerativi, mentre per chi combatteva era come giocare al lotto, nella speranza di scegliere il fronte giusto e tornare così tutti interi a casa». Fu, quello dei mercenari, un periodo che durò dal 13° Secolo fino alla fine dell’Ancien régime (e che fece nascere fra l’altro le Guardie svizzere del papa, all’origine appunto soldati mercenari). Fra le personalità che lo aborrivano vi fu il riformatore zurighese Zwingli, che riteneva inopportuno un impegno militare estero in un periodo in cui si stava pian piano formando una coscienza nazionale.

Affittasi fantasma

Il complesso è formato da un torrione a pianta quadrata, un ampio edificio rettangolare ora eletto a residenza privata, una cappella costruita nel 1630, l’ampio parco a ovest e la fetta di prato che a sud digrada verso il Lago Maggiore. Fra le leggende che circolano attorno alla Ca’ di Ferro, la migliore è quella del fantasma che alloggerebbe nel torrione, mentre la più controversa riguarda un misterioso cunicolo che collegherebbe l’ex caserma al Castello Visconteo di Locarno.

Per Huber è la più classica delle “fake news”, iniziata per altro a circolare qualche anno prima di Facebook e di Twitter. «Si tratta di una leggenda, ripetuta e riproposta addirittura da storici che dovrebbero essere bene in chiaro sulla realtà dei fatti. Il perché non può esistere alcun cunicolo è presto detto: nel 1532 il Visconteo fu in gran parte demolito e la Ca’ di Ferro, nata con altro nome, è posteriore di circa mezzo secolo. Anche solo da un punto di vista cronologico e storico, un collegamento sotterraneo come quello di cui si vocifera da sempre non ha alcun senso. Per non parlare poi delle straordinarie difficoltà che un’opera simile avrebbe comportato a quei tempi».

Quanto al fantasma, beh, Huber da uomo di scienza si limita a sorridere, ma il suo è un sorriso enigmatico, furbo, dal retrogusto di mistero: sono ben più le ombre che si agitano nottetempo che gli argomenti di una chiara smentita...

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