Locarnese

Picasso e Basquiat con la mascherina

Riapre mercoledì fra mille precauzioni la Ghisla Art Collection di Locarno, 'rifugio' dei più grandi di sempre

Boris Croceeeee
(FotoeArte)
10 maggio 2020
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«Come direttore sono convinto che sarà una buona stagione, perché i nostri turisti confederati arriveranno e il Ticino, con le sue numerose strutture, ha una capacità tutta latina di sapersi reinventare anche nelle situazioni di particolare difficoltà». È uno che vede il bicchiere mezzo pieno, Boris Croce, direttore della Ghisla Art Collection di Locarno. Così, anche in un contesto sfavorevole, pieno di incertezza, il "cubo rosso" artistico per eccellenza si prepara ad accogliere i cercatori del bello; un "vezzo" che di questi tempi, senza alcun dubbio, assume i contorni dell'esigenza.

È chiaro che per accedere al bello bisognerà sottostare alle stringenti regole emanate per evitare che il contagio si rimetta in moto. Spiega infatti Boris Croce che «il contrasto al Coronavirus impone anche da noi l'applicazione di una serie di norme di sicurezza. In senso generale ci atterremo alle regole di distanza accresciuta e alle norme di igiene emanate dalle autorità. In particolare chiederemo ai visitatori di disinfettare le mani, di indossare la mascherina (ne verranno messe a disposizione a un franco l'una) e filtreremo le persone all'entrata. Qualora se ne presentasse la necessità, procederemo a far entrare la gente a scaglioni. La capienza massima del museo è una cinquantina di persone, anche se va detto che un pubblico del genere lo abbiamo d'estate e in "tempi normali", quindi pensare di venire... presi d'assalto diciamo che può essere considerato quantomeno ottimistico. Comunque, abbiamo 8 sale e gli spazi sono piuttosto generosi, quindi a prova di assembramento. Inoltre, due o tre volte al giorno avverrà una completa disinfezione degli spazi comuni e noi stessi ci proteggeremo con le classiche riparazioni in plexiglas».

Premesso questo, il direttore invita caldamente a non avere nessuna paura ad andare al museo. In primo luogo perché il pericolo è contenuto al massimo, e secondariamente (ma lo metterei anche per primo) perché è molto importante continuare (o ricominciare) a vivere. La mia impressione è rischino di fare più danni la paura e i blocchi, anche psicologici, che non il Coronavirus».

Scendendo su quel... prato profumato d'arte che è il museo locarnese, Boris Croce dà uno sguardo alla ricca offerta: «Sin da subito apriamo la rotazione della collezione con una nuova scelta di opere. Al primo piano rimangono le opere più importanti della collezione. Parliamo innanzitutto della pop-art, con artisti che ne hanno fatto la storia come Keith Haring, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, James Rosenquist o Jean-Michel Basquiat (con un'opera che Locarno ha il privilegio di poter presentare, essendo Basquiat morto giovane, con una produzione non enorme). Poi c'è il concettuale con italiani come Fontana, Bonalumi, Castellani e altri; il "new dada" con diversi grandi nomi; l'astrattismo di giganti come Mirò, Picasso e Dubuffet; per finire con il figurativo di Botero e la "land art"di Christo e Jean-Claude».

Al primo piano, dove tradizionalmente vengono presentate le nuove proposte, viene esposta una selezione di opere «che rappresentano un omaggio alle origini francofone della signora Ghisla e che sono state acquistate nei 40 anni trascorsi dai signori Ghisla a Bruxelles - nota Croce -. Qui posso fare i nomi di Claude Viallat, Anna e Patrick Poirier, Jean Miot e Jean-Claude Fahri».

Véronique, dal grandissimo al piccolissimo

La mostra temporanea - che durerà fino a gennaio 2021, sarà poi allestita all'ultimo piano. «Si tratta de “L’éclat d’une luciole dans la nuit”, di Véronique Arnold, un'artista nata a Strasburgo e che vive tra l’Alsazia e Ticino». L'esposizione è organizzata in collaborazione con la Galleria Buchmann di Lugano-Agra e riunisce una cinquantina di opere dal 2015 ad oggi, «con una significativa prevalenza degli ultimi due anni ed in particolare una ben profilata produzione degli ultimi mesi. L'assunto principale della poetica di Véronique Arnold si situa nel rapporto tra la realtà esterna - in particolare la natura dall’infinitesimamente piccolo all’infinitesimamente grande - e la sua percezione; tra quello che la vita nelle sue manifestazioni anche minime deposita nell’animo umano e le "vibrazioni" che è in grado di suscitare», ricorda Boris Croce. Fra l'altro vi si trovano delle "boules" soffiate che rappresentano i pianeti, in cui l'artista ha inciso frasi di artisti che ama, fra i quali Orelli; e un'opera di 70x70 centimetri con oltre 100mila puntini di china, che è un omaggio ai microorganismi naturali. Il catalogo, edito dalla Fondazione, presenta un testo critico di Dalmazio Ambrosioni.

«Putroppo il Coronavirus ci ha costretti a bloccare tutte le attività di gruppo e le visite didattiche - conclude il direttore della Ghisla Art Collection -. La speranza è che in base agli sviluppi della situazione sanitaria si possano riprendere presto quei filoni che coinvolgono le scuole, ma anche le aziende, cui teniamo molto. È utile ricordare che il nostro è uno dei pochi musei che si autofinanzia; per fortuna abbiamo dei meritevolissimi sponsor che ci sostengono nella nostra attività». La struttura è aperta dal mercoledì alla domenica, dalle 13.30 alle 18.

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