Locarnese

Locarno Città del cinema, ma per davvero

Nasce fra Palacinema e Rialto – in collaborazione con Fioroni del Lux di Massagno – un cartellone complementare rispetto a quello 'per famiglie'

9 settembre 2019
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Locarno Città del cinema? Poco più che uno slogan, finora. Bello da dire e da ascoltare, ma difficile da ancorare in tutto e per tutto ad una realtà solida, concreta, durevole, al di là dei 10 giorni di Festival. Per fortuna ci sono iniziative - o momenti topici – che sembrano afferrare il filo rosso di una logica più grande, in costruzione, ma coerente rispetto alla visione che quello stesso slogan intende sdoganare.

Fra i momenti topici mettiamo senz’altro la nomina di Roberto Pomari alla direzione del Palacinema: esperienza pluridecennale in casa Rsi, profonda conoscenza del settore dell’audiovisivo, agganci e visioni anche attraverso la lente della collaborazione pubblico-privato. Quanto alle iniziative, la nuova programmazione “d’essai”, o Art House, presentata ieri è il primo passo di una Locarno veramente Città del cinema e fiera di volerlo diventare. Il cartellone interesserà prevalentemente il Rialto di Muralto, e avrà il Palacinema come “megafono”.

Ciò avverrà sempre sotto la gestione della Arena Cinema (braccio cinematografico della Enjoy Arena, che cura il “commerciale” del Palacinema) ma con il grande valore aggiunto di un cervello come quello di Joël Fioroni, che porterà nel Locarnese passione, intuizioni e capacità già dimostrate nei suoi anni di gestione del Cinema Lux di Massagno.

A Fioroni la Enjoy Arena del Ceo Michael Lämmler – grazie al lavoro di “cucitura” diPomari – ha consegnato le chiavi di una programmazione complementare rispetto a quella “per famiglie” che regge il botteghino del Palacinema; un cartellone che sarà fatto di cinema svizzero, film in lingua originale, cinema italiano di qualità, documentari. Ma non solo: anche di filoni – come “Arte e cinema”, “Diversità al cinema” – che danno al soggetto un marchio di qualità (o che, in altre parole, aborriscono i popcorn e i nachos durante le proiezioni, promuovendo al loro posto altri motivi di soddisfazione ipercalorici sì, ma per l’animo dei cinefili).

«L’intenzione è ampliare l’offerta in modo intelligente per contribuire a legare sempre più il cinema alla gestione del tempo libero – ha detto Lämmler, sottolineando per altro la netta crescita in biglietteria in questo primo semestre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso –. E se la collaborazione con Fioroni è in questo senso necessaria, va detto che l’arrivo di Pomari alla direzione del Palacinema rappresenta il tassello mancante affinché il progetto prendesse forma».

Concretamente, sono previsti tre momenti in cui il Palacinema farà da vetrina alla programmazione del Rialto: il lunedì alle 18, il mercoledì alle 20.30 e le “matinées” del sabato (10.30), quando verranno presentate le anteprime – anche con eventi come gli incontri con l’autore – dei film principali destinati al Rialto; il quale Rialto darà poi “aria”, e sede, a questo cinema con la “c” maiuscola: lo farà dal giovedì alla domenica, con due fasce di programmazione: 18 e 20.30. Fioroni ha già in programma chicche come “Monos” (il colombiano vincitore del Sundance), il giapponese “Takara”, e annuncia “Maradona” (passato in Piazza al Festival), “Grace à Dieu” (Orso d’Oro a Berlino) o lo straordinario “Mio fratello rincorre i dinosauri” di Cipani, che tratta la Sindrome di Down.

Quanto descritto, a nostro uso e consumo. Andrebbero aggiunti dettagli sulla messa in rete delle competenze, sul coinvolgimento, in questo progetto, di realtà non a caso presenti sotto il tetto del Palacinema, come la Ticino Film Commission, il Cisa (che forma i cineasti di domani) e lo stesso Locarno Film Festival, ovvero “il ventilatore che ci soffia in tutto il mondo”, come ha detto qualcuno. Ma si tratta di questioni più interne, da addetti ai lavori, che a noi basta sapere concorrano a determinare il salto di qualità atteso da anni. «Il coraggio – ha detto Pomari – sta nella capacità di mantenere aperto il dialogo fra cinema diversi». Non ci voleva davvero molto, per illustrare il nuovo concetto. 

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