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Moratoria sui vigneti nel Parco: ‘Ma qui l’uva è già di qualità’

Sul Piano di Magadino i viticoltori masticano amaro e il direttore dell’associazione mantello critica il Cantone: ‘Avremmo gradito essere coinvolti’

Un vigneto di pianura a Camorino
(laRegione)
24 aprile 2024
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«Ci ha colti di sorpresa la decisione cantonale d’istituire una moratoria di cinque anni che vieta l’impianto di nuovi vigneti, e l’ampliamento di quelli esistenti, nel Parco del Piano di Magadino con l’obiettivo di valutare quali sarebbero, in base a uno studio da realizzare, le aree più idonee a uno sfruttamento viticolo di qualità. Se per qualità s’intende l’uva prodotta, non è affatto dimostrato che quella coltivata al piano sia inferiore, considerando le stesse rese per metro quadrato, a quella precollinare o collinare. Lo prova il livello dei vini bianchi, rosati e spumanti prodotti. Vini a nostro avviso interessanti, soddisfacenti e peraltro sempre più richiesti dalla clientela. Una qualità dunque garantita, sebbene dall’anno scorso sia stata aumentata la resa possibile della vinificazione in bianco rispetto a quella in rosso, ossia fino a 1,2 chili per metro quadrato anziché un chilo, non necessitando i bianchi di un’elevata gradazione zuccherina. Accordo raggiunto anche nell’ottica di garantire una sufficiente concorrenzialità nei prezzi».

‘Decisione calata dall’alto’

Non fa l’unanimità (eufemismo) la Zona di pianificazione cantonale istituita recentemente dal Dipartimento del territorio e di cui abbiamo riferito lo scorso 2 aprile. In seno all’Interprofessione della vite e del vino ticinese (Ivvt) – organizzazione mantello che riunisce su scala cantonale le singole associazioni di viticoltori, vinificatori e commercianti – il tema sta facendo discutere parecchio, proprio a partire dal nostro articolo che ha evidenziato la presenza di una decisione cantonale che altrimenti sarebbe passata sottotraccia. Il direttore dell’Ivvt, Andrea Conconi, interpellato dalla ‘Regione’ per un commento, spiega di potersi esprimere per ora solo a titolo personale. Un’opinione la sua, come si può leggere nelle righe iniziali, comunque critica. «Più operatori del settore – rileva – hanno contattato i nostri servizi per capire se abbiamo un’opinione condivisa sulla decisione cantonale. Proprio questa settimana abbiamo ricevuto la documentazione dal Cantone e ci confronteremo presto in comitato. Dal mio punto di vista osservo, anzitutto, che avremmo gradito un coinvolgimento preventivo da parte del Cantone. Invece così facendo ci ritroviamo con una decisione calata improvvisamente dall’alto che va a scapito del nostro settore, perché fra le altre cose limita la libertà di commercio. In alternativa al divieto sarebbe forse stato più utile alla causa adottare altre soluzioni, come ad esempio fissare una superficie massima ammessa di 5mila metri quadrati per ciascun impianto. Vedremo quali eventuali reazioni ci saranno, visto che la Zona di pianificazione è impugnabile con dei ricorsi».


Ti-Press
Andrea Conconi

‘Contrapposizione inopportuna’

Quanto all’associazione mantello, prosegue Conconi, in questo momento «ribadisco che i vini bianchi e rosati prodotti con l’uva del Piano di Magadino soddisfano appieno le attese dal profilo qualitativo. E ci spiace constatare che qualcuno nutra dei dubbi in merito. Ovviamente stiamo parlando di viticoltura di pianura, più semplice da gestire rispetto a quella collinare che puntualmente, purtroppo, incontra delle difficoltà, ad esempio nel garantire il ricambio generazionale, ma anche per altri motivi. Sarebbe tuttavia sbagliato, e mi auguro che non accada, mettere in contrapposizione le due situazioni. Una non deve andare a scapito dell’altra. C’è una tradizione secolare che tutti abbiamo a cuore e che caratterizza il territorio ticinese nel Sopra e Sottoceneri; confido però che non finisca per frenare uno sviluppo positivo nelle zone di pianura, in particolare come detto nel campo della vinificazione in bianco, molto interessante e il cui mercato sta conoscendo una crescita costante». Detto altrimenti, «non è bloccando i vigneti di pianura che si rilanciano quelli di collina».

‘Le differenze sono opportunità’

Il tema è stato affrontato sabato scorso anche dalla Federazione viticoltori della Svizzera italiana (Federviti) riunitasi a Gordola. In un comunicato stampa il comitato presieduto da Davide Cadenazzi sottolinea che durante i lavori assembleari è stato “più volte ribadito che esiste una sola viticoltura e che le differenze tra collina e pianura sono sfide e opportunità, non una contrapposizione in cui lo sviluppo dell’una va a scapito dell’altra”. È proprio partendo da questa premessa che il comitato ha presentato la propria posizione in merito alla revisione delle schede P8 e R11 del Piano direttore cantonale (rispettivamente Territorio agricolo e Piano comprensoriale del Piano di Magadino) al termine della procedura di consultazione pubblica svoltasi tra febbraio e marzo. La riorganizzazione della pianificazione “favorirà la viticoltura di collina senza vietarla in pianura, salvo nelle zone palustri all’interno del Parco del Piano”. Interpellato dalla redazione per un commento sulla Zona di pianificazione, Cadenazzi preferisce soprassedere indicando l’Ivvt come interlocutrice in materia. Dal canto suo Conconi concorda sul fatto che susciti poco interesse, «sempre ragionando in termini qualitativi», la bonifica di terreni palustri che qualcuno, pare, vorrebbe poter destinare alla viticoltura. Sempre dal suo punto di vista è poi criticabile il fatto che siano pendenti da lungo tempo talune domande di costruzione per l’ampliamento di vigneti già presenti nel Parco del Piano: «Se verranno sospese dalla Zona di pianificazione, andrebbero quanto meno rimborsati i costi sopportati nella procedura».

Raddoppiati in dieci anni

Dall’avvento del Piano di utilizzazione cantonale (Puc) del Parco del Piano votato dal Gran Consiglio nel 2014, i vigneti di pianura hanno raddoppiato la loro estensione passando da 8’300 a 17mila metri quadrati. Ciò che corrisponde all’1,2% dei 1’400 ettari di superfici agricole presenti nel Parco, che di ettari complessivi ne conta 2’350. Ulteriori impianti – motiva il Cantone nella documentazione posta in consultazione pubblica fino al 7 maggio – rischierebbero di intralciare e compromettere la realizzazione degli obiettivi individuati e volti, come detto, ad assicurare una viticoltura con buoni standard qualitativi. Infatti, scrive il Cantone, il Puc del Parco “non distinguendo le superfici agricole più adatte a uno sfruttamento viticolo da quelle che lo sono meno, non permette di assicurare la qualità della produzione conformemente all’Ordinanza sul vino del 14 novembre 2007”. Vista l’assenza di disposizioni in tal senso, sottolinea il Dt, “si fa pertanto strada il timore che il Parco si orienti sempre più a una produzione viticola che non tiene conto dell’idoneità delle superfici coinvolte”. Questo “a scapito della qualità della produzione stessa, ma anche di altre produzioni che garantiscono l’approvvigionamento alimentare”.

Legittimati a impugnare la Zp davanti al Tram sono i Comuni coinvolti nel Parco del Piano (Bellinzona, Locarno, Cadenazzo, Sant’Antonino, Gambarogno, Tenero-Contra, Gordola, Lavertezzo e Cugnasco-Gerra), ogni cittadino attivo negli stessi e ogni persona o ente che dimostrino un interesse degno di protezione.

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