Bellinzonese

Caso Belfor e il ‘pizzino’ destinato all’avvocato amico

Un assicuratore indagato nella maxi inchiesta è stato sorpreso in carcere da una guardia: teneva un biglietto nascosto in una calza

Il carcere giudiziario della Farera
(Ti-Press)
27 febbraio 2024
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Sorpreso da un agente di custodia con un ‘pizzino’ nascosto in una calza nel tentativo di consegnarlo alla sua avvocata d’ufficio, incaricata del côté penale, affinché lo trasmettesse all’avvocato di fiducia che in quel momento lo seguiva unicamente per le questioni civilistiche e che solo cinque mesi dopo ha ottenuto l’ammissione come difensore, pure di fiducia per la questione penale e a titolo gratuito e amichevole, in aggiunta a quella d’ufficio.

All’origine della vicenda – curiosa ancorché grave essendosi trattato di un tentativo d’inquinare l’inchiesta, secondo la Procura – un assicuratore accusato di truffa e corruzione di privati nell’ambito della vasta indagine Belfor, dal nome della filiale ticinese di Lumino del gruppo specializzato in ripristini post disastri in campo edile. Lavori i cui reali costi – questa la tesi accusatoria – sarebbero stati pompati per anni distribuendo poi l’indebito profitto a più beneficiari. Milioni. L’assicuratore in questione era stato arrestato lo scorso 17 maggio nello stesso periodo in cui le manette erano scattate ai polsi di diverse persone coinvolte a vario titolo. Tutte, e lui stesso pure, sono nel frattempo tornate in libertà tranne due, ai vertici di Belfor Ticino, passate al regime di espiazione anticipata della pena.

Il biglietto manoscritto – finito poi al centro di una vertenza giuridica persa dal suo autore davanti al Tribunale federale che ne ha respinto il ricorso – era stato scoperto il 20 giugno durante una perquisizione fatta nel carcere giudiziario della Farera in vista della trasferta dell’indagato in Procura a Lugano per essere sottoposto a un interrogatorio. Cos’avesse scritto nel biglietto non è dato sapere, “ma il magistrato inquirente – scrive il Tf nella sentenza – ha sottolineato che il contenuto riportava fatti collegabili con l’inchiesta, siccome riferito a ulteriori sinistri potenzialmente di natura illecita che vedrebbero coinvolti il ricorrente e terze persone”. Dal canto suo la Direzione carceraria ha inflitto all’indagato una sanzione disciplinare per la violazione della norma che vieta contatti con persone estranee alle strutture di detenzione, specialmente ai procedimenti penali com’era il caso dell’amico avvocato.

Quanto al manoscritto, era stato trasmesso il giorno stesso alla Procura, che lo aveva acquisito agli atti. L’avvocata d’ufficio ne aveva subito chiesto l’estromissione ritenendolo acquisito in violazione della Costituzione federale e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Motivo: sarebbe stata violata la segretezza dei contatti della persona carcerata col suo difensore. Istanza però respinta dalla magistrata inquirente, poi dalla Corte dei reclami penali (che ha pure ritenuto irricevibile, poiché tardiva, la richiesta di messa sotto sigillo) e infine anche dal Tribunale federale. Secondo cui, citando la giurisprudenza in materia, “il diritto dell'incarcerato alla comunicazione scritta libera e incontrollata col suo difensore non include il diritto di inviare lettere a terzi tramite il proprio avvocato durante il periodo della detenzione preventiva”.

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