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Inclusione al Teatro Sociale di Bellinzona: ‘Si può migliorare’

‘Arrabbiata e delusa’. Chiara Ottini e suo figlio disabile Vincenzo vanno a un concerto, segnalando difficoltà logistiche e una mancanza di sensibilità

In alto Vincenzo con Chiara Ottini. In basso il direttore Gianfranco Helbling
14 dicembre 2023
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«Se potremo migliorare, lo faremo». Gianfranco Helbling, direttore del Teatro Sociale di Bellinzona, si riferisce all’inclusione delle persone con disabilità nella storica struttura cittadina. «È un tema che ci sta molto a cuore, ospitiamo regolarmente persone disabili». Miglioramenti che però al momento sono immaginabili ad esempio a livello comunicativo, piuttosto che in ambito strutturale, visto che l’edificio è stato «realizzato in tempi in cui non si teneva conto dell’inclusione di persone disabili». La questione è stata sollevata da Chiara Ottini, madre di Vincenzo, un ragazzo con deficit mentale e parzialmente motorio. «Sono molto arrabbiata e delusa», dice a ‘laRegione’. «Si afferma sempre più spesso che si vogliono inserire maggiormente i disabili nella società e poi succedono queste cose. È incredibile». Ma cosa è successo? In estrema sintesi, Chiara e Vincenzo hanno riscontrato difficoltà nell’assistere a un concerto, sia a livello logistico, sia per quanto riguarda la poca sensibilità percepita per la loro situazione. Ricordiamo che recentemente il Consiglio comunale ha accolto una mozione che incarica la Città a fare di più in termini di accessibilità e inclusione.

Vincenzo è un grande appassionato dei Vad Vuc, un noto gruppo musicale ticinese. Gruppo che recentemente ha tenuto un concerto al Teatro Sociale, al quale il figlio di Chiara voleva assolutamente assistere. La madre si è quindi recata all’InfoPoint in piazza Collegiata alcuni giorni prima dell’evento per acquistare i biglietti. «Mio figlio non è in sedia a rotelle, ma necessitava di spazio per alzarsi durante il concerto. Pensavo che davanti vi fossero a disposizione posti o un’area dedicata ai disabili», ma questa possibilità non è prevista. Ottengono quindi dei posti in settima fila, accanto alla parete laterale. «Mi è stato detto che tra le poltrone e il muro vi fosse spazio a sufficienza per alzarsi, ma quando siamo arrivati al nostro posto non c’era: eravamo attaccati al muro e molto stretti. Mio figlio quindi non ci stava con le gambe e non poteva alzarsi». Chiara ha quindi deciso di rivolgersi al personale per trovare una soluzione, ma anche in questo caso qualcosa va storto. «Dapprima una signora mi ha chiesto che disabilità avesse mio figlio. Le ho risposto che non la riguardava, visto che non era quello il punto. Poi un altro signore ci ha detto che vi era un posto in prima fila, ma solo per mio figlio, mentre io sarei dovuta restare in settima fila. Vincenzo, però, non può restare da solo, necessita della mia presenza». Stando a Chiara, il signore avrebbe poi anche detto ‘Oddio, ne arriva un altro’, riferendosi a un’altra persona disabile. «È una discriminazione, non è accettabile». La vicenda ha però un lieto fine, «non grazie al Teatro Sociale, ma a due ragazze dal cuore d’oro che ci hanno lasciato i loro posti in prima fila». Vincenzo ha quindi potuto assistere al concerto e si è divertito, «ma la delusione per come è andata è ancora molta». Nel frattempo Chiara ha creato il gruppo Facebook ‘Inseriamo i disabili nella società combattiamo in prima fila’, nel quale «chiunque può denunciare ingiustizie».

‘Presentare le richieste in anticipo’

Va anche detto che, dopo aver acquistato i biglietti Chiara Ottini, si è, fra l’altro, rivolta al Teatro Sociale, esprimendo la sua delusione per la mancanza di posti davanti riservati alle persone disabili. In sostanza le è stato risposto che «solitamente si riesce a gestire le diverse richieste da parte di persone disabili o dei loro familiari», come conferma da noi raggiunto Helbling. Tuttavia, a causa del fatto che il Sociale «strutturalmente pone dei grossi limiti» in quest’ambito, «sarebbe ideale se le richieste giungessero con un certo anticipo, così da potersi organizzare al meglio. La signora è venuta ad acquistare i biglietti quattro giorni prima del concerto, quando il teatro era già di fatto sold out, con una richiesta per noi inedita, cioè allungare le gambe e potersi alzare di tanto in tanto e ballare». Nel caso specifico «avremmo potuto togliere le due poltrone davanti ai posti riservati. Posti che avremmo anche potuto tenere bloccati senza impegno fino ad esempio a una settimana prima dell’evento». In questo caso però «non è stato più possibile trovare una soluzione adeguata».

‘Soluzioni ad hoc, viste le differenti esigenze’

Ma quindi al Teatro Sociale non vi è un’area dedicata alle persone disabili? «Sostanzialmente è accessibile solo la platea, dove devono convivere molti interessi e bisogni diversi», spiega il direttore. Platea dove, inoltre, «i posti sono relativamente stretti». Per andare incontro alle persone con disabilità motorie, «teniamo bloccati dei posti sul corridoio ad esempio per chi è in sedia a rotelle. In casi come questo togliamo due poltrone per lasciare spazio alla sedia a rotelle. In passato si usava il corridoio centrale, che oggi però deve essere libero da qualsiasi tipo di ingombro per motivi di sicurezza e di accesso. E lo stesso vale per i posti davanti al palco, che non possiamo riservare a persone in sedia a rotelle in quanto si trovano su una via di fuga verso le uscite di sicurezza. A parte il fatto che forse non tutti i disabili desiderano vedere lo spettacolo da sotto il palco». Insomma una vera e propria area riservata ai disabili, «come accade ad esempio agli open air dove ci si può muovere liberamente», non esiste. «Cerchiamo di mettere in pratica soluzioni ad hoc, visto che le esigenze delle persone disabili possono essere differenti». Soluzioni che sono più facili da trovare «comunicando con trasparenza e per tempo».

Sensibilizzazione e più chiarezza

Per quanto riguarda invece la poca sensibilità mostrata durante la serata da parte del personale volontario, Helbling ribadisce le sue scuse. Il direttore tiene però a precisare che «quando è stato chiesto alla madre che disabilità avesse il figlio, l’intenzione era di capire i suoi bisogni per trovare una soluzione adeguata. E non quella di farsi i fatti loro». Per quanto riguarda invece l’altra frase (‘Oddio, ne arriva un altro’), «se così fosse sarebbe assolutamente inaccettabile. La persona in questione però nega di averla pronunciata». In ogni caso «cercheremo di sensibilizzare ulteriormente i volontari al tema della disabilità», sottolinea il direttore. «E forse possiamo comunicare più chiaramente le procedure da seguire per prenotare posti adatti». Non da ultimo Helbling, ammettendo che qualcosa nel caso specifico «è andato storto», ritiene che «ogni segnalazione ci permette di imparare e, nel limite del possibile, di migliorare».

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