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Operaio Belfor rimasto intossicato, denunciato il capocantiere

Un 23enne ex operaio è confrontato con difficoltà respiratorie a causa dell’esposizione a potenti detergenti durante un intervento post sinistro

(Ti-Press)
25 ottobre 2023
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Dispnea da sforzo, asma, tosse, senso oppressivo toracico. Sono i sintomi cronici con cui da circa un anno e mezzo è confrontato un 23enne ex dipendente della Sublimity Management Services Llc di Bellinzona che forniva personale alla filiale di Lumino della ditta lucernese Belfor. La stessa filiale i cui vertici sono stati arrestati negli scorsi mesi e che insieme a un’altra dozzina di persone – compresa una collaboratrice della Sublimity, agenzia interinale di cui i vertici della filiale Belfor sono azionisti – risultano indagati nell’ambito dell’inchiesta avviata dal Ministero pubblico che intende fare luce sulla presunta truffa assicurativa per sovrafatturazioni con prestazioni gonfiate o mai eseguite.

Prodotti nebulizzati in una stanza chiusa e senza mascherina

Parallelamente a questa indagine, sul tavolo della Procura c’è anche la denuncia dell’ex operaio varesino contro il capocantiere Belfor responsabile dell’intervento effettuato nel marzo 2022 in un bar di Bellinzona. A seguito di un principio d’incendio, la ditta specializzata in ripristini post sinistri era stata ingaggiata per procedere alla bonifica del locale più altre operazioni per rimuovere della muffa. Ed è proprio durante questa operazione che il giovane operaio – assegnato da Sublimity a Belfor per diversi interventi tra il 2020 e il 2022 – inizia a sentirsi male. Nella denuncia depositata si punta il dito contro la scelta del capocantiere di utilizzare, nell’ambito delle operazioni di bonifica e lavaggio, un prodotto con un elevato concentrato di ammoniaca e candeggina. Un detergente molto potente che è stato nebulizzato in un locale di piccole dimensioni privo di aerazione e senza che gli operai indossassero la mascherina.

‘Ha visto che non stavo bene, ma mi ha obbligato a continuare’

Tutti e tre (capocantiere compreso) accusano subito crisi di tosse, mal di gola, vertigini, appannamento della vista, lacrimazione e bruciore agli occhi. Tanto che il responsabile abbandona la stanza, lasciando dentro i due operai che iniziano a pulire le pareti con un’idropulitrice. «Il capocantiere ha nebulizzato un intero contenitore di candeggina pura, un prodotto che personalmente non conoscevo e non avevo mai utilizzato – spiega il 23enne al nostro giornale –. Con l’acqua si è formato vapore, ed era quindi come stare in una camera a gas». Nonostante il malessere, i due operai continueranno per l’intera giornata e anche per quella successiva. «Il capocantiere si è ovviamente accorto che non ci sentivamo bene, ma ci ha obbligato a continuare a pulire la stanza, visto che bisognava finire in fretta. Ci ha obbligato a proseguire, minacciando di lasciarci a casa».

Al termine del secondo giorno di lavoro, il 23enne non riesce nemmeno a mettersi alla guida e viene dunque accompagnato dalla madre all’ospedale di Luino con difficoltà respiratorie e febbre alta. «I medici mi hanno detto che se fossi rimasto dentro quella stanza ancora un paio d’ore, le mie condizioni sarebbero state disperate». Gli viene somministrato ossigeno e dopo due giorni viene dimesso con una terapia antibiotica. La febbre alta si ripresenterà sempre nel tardo pomeriggio delle tre settimane successive, nelle quali il giovane continua a respirare male. Si sottopone dunque a una visita medica che ravvisa un’iperreattività bronchiale di grado severo, con l’ipotesi di una sindrome da disfunzione reattiva delle vie aeree. Diagnosi poi confermata dal parere di un secondo pneumologo, che ha ribadito la relazione fra l’insorgenza dei sintomi e l’esposizione tossica.

‘Da allora la mia vita è cambiata’

Dai fatti è passato più di un anno e mezzo e oggi il ragazzo lamenta ancora problemi. «La mia vita è cambiata. Ho 23 anni e non posso fare sport. Fatico a salire le scale, a respirare se rido, inizio a tossire se mi metto il deodorante. Il Ventolin è sempre con me. Una situazione che non mi permette più di lavorare nel settore delle pulizie, dov’ero attivo da circa due anni, così come in altri settori non compatibili con l’ipersensibilità a fumi e polveri sottili che ho sviluppato. Continuo con le cure indicatemi dallo pneumologo, ma purtroppo, contrariamente a quanto si poteva sperare inizialmente, ci sono poche possibilità che la situazione migliori in futuro». Le conseguenze per l’altro operaio non sono state così pesanti, essendo stato meno esposto alle sostanze e non avendo, come invece è il caso del 23enne, una pregressa suscettibilità delle mucose respiratorie nasali e bronchiali.

Il capocantiere respinge le accuse

Il giovane si è costituito accusatore privato nel procedimento aperto dal Ministero pubblico, che da noi contattato indica che l’inchiesta penale – coordinata dalla procuratrice Pamela Pedretti – sta facendo il suo corso. Nella denuncia si parla anche del severo, offensivo e aggressivo atteggiamento del capocantiere, il quale in più occasioni avrebbe insultato il ragazzo arrivando anche a prenderlo a schiaffi. Capocantiere che nel frattempo è stato interrogato: respinge le accuse e ha fornito la sua versione dei fatti.

‘Chiediamo alla Suva di rivalutare il caso’

Ciò che rende ancora più complicata la sua situazione è il fatto che l’infortunio sia stato riconosciuto dalla Suva unicamente per i primi tre mesi. «Nell’agosto 2022 il primo pneumologo ha emesso un certificato secondo cui ero abile al lavoro al 100%. Un’indicazione sconfessata dal secondo esperto al quale mi sono rivolto. Ora, dopo aver interposto ricorso al Tribunale cantonale delle assicurazioni, siamo in attesa che la Suva si pronunci nuovamente». A sostegno del giovane c’è il referto medico del secondo perito, secondo cui “il caso deve nuovamente essere riaperto e le sequele dell’infortunio respiratorio a mio avviso devono essere assunte dalla Suva”.

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