Bellinzonese

Adolescenti morti in montagna: ‘Ho detto loro di stare attenti’

Emergono nuovi dettagli in merito all’incidente avvenuto sul sentiero non demarcato sotto la Capanna Scaletta costato la vita a due 14enni varesini

In sintesi:
  • Il responsabile della gita ha concesso ai giovani di seguire alcuni ragazzi maggiorenni
  • Sulla tragedia del 4 settembre 2022 il Ministero pubblico indaga per omicidio colposo
(Ti-Press)
27 settembre 2023
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“Ho detto di sì e gli ho raccomandato di stare attenti. Erano felicissimi per la nuova esperienza. (...) mi ha detto con il sorriso ed in maniera scherzosa: ‘va bene papà’, dopo la raccomandazione di stare attenti. Mi sono guardato con (...), e lui si è messo come chiudi fila. A quel punto ci siamo divisi e siamo partiti in direzione opposta”. Con queste parole il responsabile della gita ha raccontato agli inquirenti i momenti precedenti la tragedia avvenuta il 4 settembre 2022 sul sentiero non demarcato e più rapido che scende dalla Capanna Scaletta. Attimi in cui, in qualità di unico responsabile della comitiva, ha concesso ai due 14enni varesini poi deceduti di scendere dalla cosiddetta ‘direttissima’, percorso ripido ed esposto, insieme ad altri ragazzi maggiorenni che in quei giorni stavano partecipavano al campo di allenamento in Valle di Blenio organizzato dalla polisportiva Virtus Bisuschio. La maggior parte del gruppo, accompagnata dal responsabile, è invece scesa fino al Pian Geirett camminando sul sentiero ufficiale, percorso da tutti per salire. Fatale la caduta per i due 14enni, precipitati per un centinaio di metri e morti a causa delle gravi ferite riportate.

Mentre è ancora in corso l’inchiesta del Ministero pubblico – la magistrata Anna Fumaglli indaga per omicidio colposo per il presunto comportamento negligente di chi, quella domenica, era responsabile dell’escursione e della sorveglianza dei partecipanti — nuovi dettagli emergono da una sentenza della Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello pubblicata ieri. La decisione accoglie la richiesta di uno dei maggiorenni scesi dal sentiero non demarcato (ora indagato per omicidio colposo insieme al responsabile della gita) di stralciare dal procedimento penale i suoi primi verbali – e quindi le possibile prove emerse – resi quando ancora era considerato testimone e non imputato. Questo perché, ha motivato la corte, il testimone era stata solo genericamente reso attento della sua facoltà di non deporre. E “in un caso delicato come quello in esame, tale avviso avrebbe dovuto essere ribadito nel corso dell’interrogatorio stesso, proprio a fronte delle possibili conseguenze per il testimone, che poi come visto sono avvenute, con le risposte a specifiche domande”.

La fretta cattiva consigliera

Proseguendo con la lettura della Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello, sui motivi per cui il gruppo si è diviso sembra avvalorarsi la tesi secondo cui parte dei partecipanti più grandicelli – poi seguiti da due 14enni – abbiano scelto di scendere dalla ‘direttissima’ per accorciare tempi della discesa, al fine di preparare la partenza per Bisuschio, visto che era l’ultimo giorno della permanenza a Campo Blenio.

Il responsabile della gita: ‘Per me tutti potevano fare la ‘direttissima’

Sulla dinamica che ha portato alla divisione della comitiva, durante i verbali il responsabile della gita ha riferito che, usciti dalla capanna e arrivati al bivio per i due sentieri, in maniera spontanea si sono formati due gruppi. “Alcuni che avevano deciso di fare il sentiero ufficiale erano già partiti”, mentre quelli che hanno imboccato l’altra via si sono limitati a fare un cenno. A quel punto il responsabile avrebbe assecondato la richiesta dei due adolescenti di seguire coloro che si erano già incamminati lungo la ‘direttissima’. “Per me, tranne (...), tutti potevano fare quel sentiero. Ho detto di sì e gli ho raccomandato di stare attenti”, ha riferito l’uomo durante gli interrogatori. Una volta concesso il permesso, avrebbe a quel punto fatto un cenno al ragazzo maggiorenne ora imputato, il quale aveva già imboccato il percorso non demarcato. Quest’ultimo si sarebbe quindi messo in ultima posizione lasciando andare davanti i due 14enni; gli elementi per indagare su di lui per omicidio colposo – e non considerarlo più un semplice testimone – sono emersi a seguito di un verbale del responsabile della gita, in cui per la prima volta avrebbe riferito di aver assegnato a lui il compito di vegliare sui giovani poi deceduti.

‘Siamo partiti in 6, poi i ragazzini ci hanno raggiunto’

“Per la ‘diretta’ – ha raccontato il ragazzo durante i verbali – eravamo partiti in sei. Poi magari c’era anche qualcun altro ma non lo ricordo con precisione. I due ragazzini sono poi venuti subito dietro di noi, a quel punto li ho fatti passare e sono rimasto io ultimo” perché in questo modo si sentiva più tranquillo. “Non so dire chi abbia scelto i percorsi per scendere. Ci siamo divisi, qualcuno, ma non so chi, ha detto ‘vogliamo fare la via veloce?’. (...) e (...) hanno deciso di fare la via normale e io mi sono aggregato a chi faceva la via veloce. Non so come è stata la dinamica con l’altro gruppo, non so se hanno chiesto il permesso o meno”.

Dalla sentenza della Corte dei reclami penali del Tribunale d‘appello emerge poi che il giovane maggiorenne ora accusato, era membro del consiglio direttivo della società (con il ruolo di fare da tramite tra la dirigenza e la squadra di basket in cui milita). Tuttavia, contrariamente a quanto riferito dal responsabile, durante gli interrogatori ha dichiarato che nell’ambito della gita non avrebbe avuto alcun ruolo di responsabilità, ma era un semplice partecipante come gli altri coetanei maggiorenni scesi dal sentiero non demarcato. Quando alla consapevolezza della pericolosità della ’direttissima’, il giovane ha sostenuto che “non ci avevano riferito di difficoltà particolari. II percorso scelto al ritorno era più difficile, ma lo avevamo già fatto anni addietro, per lo meno io e (...), gli altri non lo so”.

Inchiesta ancora in corso

Si vedrà se gli elementi dell’inchiesta configureranno gli estremi per una promozione dell’accusa o condurranno a un abbandono del procedimento. Da noi interpellato, il Ministero pubblico si limita a riferire che il procedimento è ancora in atto, e che si è in attesa dell’esito di alcuni approfondimenti tecnico giuridici.

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