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Regali dal sottosuolo:  nuova tomba a Pompei e una gavetta dell'età del bronzo sul Lötschepass

Pompei
26 luglio 2017
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E' probabilmente Gneo Alleio Nigidio Maio il notabile romano sepolto fuori dalla Porta Stabia, nel sito archeologico di Pompei. La sua tomba, emersa durante i lavori per il restauro di edifici demaniali, previsti dal Grande Progetto Pompei "è stato un colpo di fortuna straordinario - afferma il Soprintendente Massino Osanna - si stavano effettuando scavi nella zona San Paolino per controllare le fondazioni dell'edificio in corso di restauro che dovrà ospitare la Biblioteca della soprintendenza, entro il prossimo autunno. Durante un saggio in profondità, è emerso il marmo di questa tomba e - siccome a Pompei non esistono tombe in marmo - abbiamo immediatamente intuito che ci trovavamo di fronte a una scoperta importante".

Per comprendere chi fosse il potente imprenditore per il quale venne costruita la monumentale tomba fregiata di marmo bianco, bisogna leggere quanto riportato sulla lunga epigrafe (4 metri, 7 righi) che ne descrive le feste organizzate in occasione delle tappe fondamentali della sua vita: per l'acquisizione della toga virile, ad esempio, allestì un banchetto con 450 triclini e offrì uno spettacolo al popolo in cui si sfidarono 460 gladiatori, portando nell'arena di Pompei centinaia di fiere dalle colonie dell'età neroniana-flavia: leoni, orsi, elefanti. Vi furono giochi atletici e spargimento di profumi. Ma anche elargizioni di monete. Fu questo hollywoodiano ingresso in società, l' assaggio del mestiere con il quale Gneo Alleio Nigidio Maio divenne ricco e rispettabile nell'antica Pompei. Fu tanto osannato dai suoi contemporanei che, quando morì, un anno prima dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., sulla sua tomba monumentale venne apposta una epigrafe che ne celebra le gesta. Quella scritta ha tramandato fino a noi la storia di quest'uomo, soprannominato "il Principe".

"Abbiamo recuperato tutti i fondi disponibili in cassa - dice Osanna - e con 200 mila euro abbiamo dato avvio allo scavo. Non ci sbagliavamo. Oltre a questa importante scoperta, abbiamo portato alla luce i solchi dei carri impressi due metri sopra i lapilli sui quali fuggirono i pompeiani durante l'eruzione del 79 d.C." . La nuova tomba di Porta di Stabia, realizzata poco prima dell'eruzione, motivo per cui si conserva in maniera eccezionale, rivela inoltre nuovi dati sulla storia degli ultimi decenni di Pompei. Si tratta dell'iscrizione sepolcrale nella forma del res gestae, l' elogio del defunto in cui si fa riferimento - tra l'altro - all'episodio narrato da Tacito avvenuto a Pompei nel 59 d.C., quando durante uno spettacolo gladiatorio scoppiò nell'anfiteatro una rissa che degenerò in uno scontro armato. Nerone incaricò il Senato di indagare sul fatto e l'ex senatore di Roma Livineio Regulo insieme ad altri venne esiliato. Nell'iscrizione si fa riferimento a due sommi magistrati in carica, i duoviri, esiliati. La scritta doveva essere completata da un rilievo, probabilmente conservato al Mann (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), risultato compatibile con il monumento scoperto nei giorni scorsi.

 

Gavetta dell'età del bronzo scoperta sul passo del Lötschepass

 

I ghiacciai delle Alpi svizzere, soprattutto con il riscaldamento climatico, continuano a fornire reperti archeologici di grande interesse. Questa volta un gruppo internazionale di ricercatori, fra cui scienziati di Berna e Basilea, ha trovato una scatola porta vivande vecchia di circa 4000 anni. La gavetta dell’età del bronzo (3500-1200 a.C.) è un contenitore di legno di 20 centimetri di diametro rinvenuto già nel 2012 a circa 2700 metri di quota nei pressi del Lötschepass, tra i cantoni di Berna e Vallese. Adesso gli scienziati, tra i quali alcuni di Berna e di Basilea, sono riusciti ad identificare i resti presenti sul fondo della antica gamella, riferisce l’Istituto Max Plank per la storia umana, con sede a Jena, in Turingia (Germania). Inizialmente si sospettava fossero rimasugli di latte, ma poi una analisi molecolare ha mostrato che si tratta di sostanze di semi di cereali quali orzo, spelta e farro, ma anche anche pula e lolla, come quelle che ancora oggi si trovano nel pane integrale.

Ritrovamenti di cereali dell’età del bronzo nelle caverne erano già noti, ma finora non si aveva notizia di un reperto archeologico che indicasse la presenza di tali sostanze in contenitori porta vivande, riferisce l’Istituto Max Plank in un articolo pubblicato nella rivista "Scientific Reports". Non è ancora chiaro se le "provviste in scatola" segnalino l’esistenza di una via commerciale, di un allevamento ad alta quota oppure la presenza di cacciatori. "Ad ogni modo la scoperta getta nuova luce sulla vita delle comunità preistoriche nella regione alpina e sulla dimestichezza degli esserei umani con le condizioni a quota estremamente alta", nota l’autore dello studio Francesco Carrer, dell’università di Newcastle. I resti rivenuti mostrano come fossero utilizzati e diffusi i cereali in quel periodo. "La gente si portava appresso viveri per affrontare il percorso nelle montagne, come gli escursionisti attuali. Il nostro studio contribuisce a capire quali alimenti utilizzasse e da quando mangiava cereali come quelli che ci sono attualmente nel pane integrale, aggiunge Carrer. Gli scienziati vogliono ora esaminare anche i contenitori di materiali ceramici. Ciò potrebbe contribuire a situare con più precisione l’inizio della pratica agricola.

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