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Diego Fasolis e la profonda semplicità di Antonio Vivaldi

Il maestro, domani al Sociale per un concerto benefico, dirigerà i suoi Barocchisti con i quattro concerti delle ‘Stagioni’ e arie da opere

Fasolis (D. Vass)

Domani, giovedì 25 aprile, alle ore 20, il Teatro Sociale di Bellinzona ospiterà un concerto benefico dell’Associazione “Mani per il Nepal”, con Diego Fasolis e I Barocchisti: il programma è interamente dedicato ad Antonio Vivaldi, con i quattro concerti delle ‘Stagioni’ e arie da opere; solisti Lucia Cirillo, mezzosoprano, e Duilio Galfetti, violino, concerto registrato dalla Rsi per la serie “Pavillon Suisse”.

Per l’occasione abbiamo avvicinato Diego Fasolis.

Qual è il primo ricordo di Diego Fasolis legato a Vivaldi?

Dobbiamo risalire a esecuzioni con l’oboista Omar Zoboli: ma all’epoca ritenevo che quella di Vivaldi fosse musica un po’ “leggera”: poi è stato tutto un crescendo. Ancora mi era rimasto un briciolo di perplessità in una delle prime registrazioni con il Coro Rsi, con il ‘Gloria’ di Vivaldi e il ‘Dixit Dominus’ di Händel: le due scritture polifoniche non erano paragonabili, e Händel aveva la meglio.

Avvicinandomi in seguito alla musica operistica, e soprattutto nel 2000 quando ho registrato le ‘Stagioni’, ho capito che Vivaldi è veramente un genio: anticipo della rapsodia, pochi mattoni con i quali costruire monumenti... anzi, più che monumenti, ville, casette nel bosco, barche: una varietà di costruzioni fatte con un metodo apparentemente semplice che in verità nasconde un’incredibile profondità.

Inoltre, nel corso delle integrali organistiche dedicate a Bach, lei ha incontrato e studiato le trascrizioni di Vivaldi…

Certo: intanto, scoprire che Bach si era occupato molto di Vivaldi ha incrementato la mia considerazione per Vivaldi: capire che Vivaldi costituì un modello per il mio modello, Bach, è stato fondamentale.

Nella sua carriera si è occupato anche di una curiosa trascrizione delle Stagioni, per 4 pianoforti...

L’episodio ha dell’inverosimile: ero in vacanza, su una spiaggia della Liguria, nel 2007. Ricevo una telefonata da Carlo Piccardi che mi supplica di raggiungerlo a Lugano, per il Progetto Martha Argerich: l’affetto e la stima per Piccardi e Argerich non mi hanno lasciato alternative. Argerich, insieme ad altri tre pianisti, doveva eseguire le ‘Stagioni’: speravo che il lavoro di preparazione fosse sufficiente, per lasciare poi soli i 4 pianisti; invece mi toccò anche dirigere il concerto. Prima dell’inizio, mi rivolsi tuttavia ai presenti: «Qui raggiungo il punto più basso della mia visione storicamente informata» e il pubblico si fece una bella risata!

Dalla registrazione con Galfetti e I Barocchisti, pubblicata dall’etichetta Claves nel 2000, com’è evoluta la sua visione delle ‘Stagioni’?

La mia percezione è che il passo decisivo nella storia dell’interpretazione delle ‘Stagioni’ è costituito dalla registrazione del 1978 con Nikolaus e Alice Harnoncourt, che primi fra tutti hanno deciso di prendere seriamente in considerazione i sonetti che accompagnano la partitura. L’operazione fu rivoluzionaria: a questa visione abbiamo aggiunto l’ipotesi di una lettura da parte del violinista Pisendel, allievo di Vivaldi a Venezia e attivo alla corte di Dresda, con l’aggiunta di strumenti a fiato, creando poi un’interpretazione a forti tinte, che può vagamente ricordare un disegno animato, dove ogni minimo elemento è evidenziato, senza tuttavia perdere il filo del discorso musicale. Ritengo che dopo 24 anni questa interpretazione abbia ancora un senso, e ci divertiamo ancora molto a eseguirla.

Se la musica strumentale di Vivaldi è stata riscoperta dal secondo dopoguerra, più recente è la riproposta delle sue opere, che lei ha diretto in varie occasioni…

Dalle sue opere oggi sappiamo che Vivaldi fu senz’altro un uomo di teatro (anche se già l’avevamo capito dalle ‘Stagioni’): e di successo, visto che fungeva anche da impresario: sappiamo della sua attività al S. Angelo di Venezia, una città che ospitava numerosi teatri d’opera. Vivaldi riusciva a ottenere successo senza cadere nella superficialità di scrittura, o nella mera ricerca di effetti: scopriamo veri capolavori, con ricerche musicali raffinate, sempre con il doppio obiettivo di educare e sorprendere. Vivaldi è un operista di grande interesse, e ancora tutto da scoprire. Nonostante la struttura dei brani musicali sia uguale e ripetitiva (lunghe serie di recitativi e arie con da capo), le sue opere funzionano e appassionano, come ho potuto esperire in sei anni di proposte alla Fenice e al Malibran di Venezia. Avrei desiderato continuare e approfondire la proposta nell’ambito della Fenice, ma non sono riuscito a trovare un accordo con la sovrintendenza. Peccato.

Che cosa ci può dire sulla stagione 2024/25 del Coro Rsi e dei Barocchisti?

Il momento non è facile per la Rsi e per la produzione musicale a lei collegata: ho pensato di presentare due grandi amori: il primo personale, J.S. Bach, e l’altro legato alla storia del Coro, Monteverdi e la sua riscoperta. I casi della vita vogliono poi che subentrino altre proposte, e quindi oltre a Bach e Monteverdi vi sarà la presenza di Puccini, Beethoven e Ivo Antognini. La stagione avrà una cadenza mensile, la prima domenica di ogni mese. Il futuro ci dirà se vi sarà una stagione 2025/26: per ora constato uno “zoccolo duro” di affezionati che si situa sulle 300 persone: l’ideale per il nostro Auditorio Stelio Molo, che così dispone di altri 150 posti a sedere. È interessante creare un affiatamento con un gruppo di persone che ci seguono, ma senza esclusioni: l’accesso all’evento musicale dev’essere il più democratico possibile, e miriamo a concerti con prezzi d’ingresso moderati o gratuiti. Giovedì, a Bellinzona, il concerto è a scopo benefico, e l’organizzatore ha scelto di proporre un biglietto unico a 50 franchi. Ma per l’importanza del luogo – il Sociale è uno degli spazi d’arte più belli del Ticino – abbiamo deciso con la Fondazione Adriana di acquistare un certo numero di biglietti per permettere di fruire del concerto anche a chi non fosse in grado di pagare 50 franchi.

Negli ultimi anni l’abbiamo vista sul podio dirigere il repertorio operistico ottocentesco, Rossini, Donizetti, Bellini, e la prossima stagione v’è Puccini all’orizzonte, con ‘Le Villi’: quando la vedremo dirigere l’amato Verdi?

Temo mai… ma è pur vero che le vie della provvidenza sono infinite… ho avuto la splendida occasione di dirigere la ‘Messa da Requiem’, i ‘Pezzi sacri’, e una serie di cori operistici: e quando mi chiederanno un’opera, sarò pronto. Fondamentale è sempre e comunque lavorare in un ambiente che non sia lo show business musicale, ma un contesto amichevole: ho bisogno di parlare con persone amiche, che amano la musica e che abbiano la volontà di costruire dei progetti.

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