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Diventapompiere.ch

Un impegno che fa la differenza

(Rescue media)
5 aprile 2022
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Diventare pompiere volontario significa fornire un servizio molto prezioso e utile alla comunità. Svolgere questa attività può fare una vera differenza, a volte anche tra la vita e la morte. In alcuni casi, il rapido intervento anche di una sola persona può essere cruciale, e quella persona potresti essere tu.

"La differenza non la fa il genere, ma le qualità della persona"


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Sofia Cremonesi

Sofia Cremonesi ha ventotto anni e di professione è geomatica. Il suo mondo però non può essere riassunto solo attraverso cartine geografiche e misurazioni catastali. No, la sua passione rotea attorno a un asse diverso: il volontariato come pompiere.

Cresciuta a pane e scoutismo, gran parte della sua vita la passa accanto a dei vicini di casa molto particolari; i pompieri della caserma di Mendrisio, a cui deciderà di farvi parte nel 2011, appena compiuti i diciotto anni.

«Siamo una grande famiglia – racconta Sofia sorridendo – lì ho ritrovato molti amici e anche il mio moroso». Una "famiglia" quella della sezione Momò che conta un corpo composto da circa 150 militi e fra questi, solo quattro sono donne.

Guardando questi dati, sorge spontaneo chiedersi se, in questo mondo prettamente maschile, ci sia posto anche per una componente femminile.

«Quando sono entrata nei pompieri avevo un po’ timore che il mio esser donna avrebbe potuto svantaggiarmi magari da un punto di vista fisico. Invece mi sono resa conto con piacere che così non è. Questo perché quando entri in azione non sei mai un singolo o una singola, ma sei una squadra. Fai parte di un gruppo che lavora fianco a fianco. Ci si sostiene e ci si compensa a vicenda, e il tutto avviene in modo spontaneo. La differenza non la fa il genere, ma le qualità e abilità della persona».

Ma non solo di forza fisica si ragiona, anche la testa vuole la sua parte poiché «quando si è sul campo c’è molta adrenalina, ma si è immersi in quello che stiamo facendo. La mente gioca molto, poiché bisogna essere reattivi e saper tenere a bada le nostre emozioni.

Ripensando quanto vissuto in undici anni di carriera, Sofia non ha dubbi su ciò che le ha dato, a livello di crescita personale, il mettersi a disposizione per la comunità: «Ho imparato cosa vuol dire davvero il lavoro di squadra, il poter affidare la propria vita e metterla nelle mani dei tuoi compagni, per far sì di salvare quella degli altri oppure, più semplicemente, poter rendersi utile. Anche l’approccio con ciò che ci circonda cambia, si impara a conoscere meglio il proprio territorio e a viverlo di conseguenza in maniera diversa. È un’esperienza che consiglio».


"La mia parola d’ordine? Protezione"


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Giacomo Fiscalini

Ha lo sguardo serio e fiero – tipico di chi possiede molta esperienza – il sergente Giacomo Fiscalini mentre si racconta. Quarant’anni, suddivisi fra la sua attività primaria, come tecnico comunale per il Comune di Brissago e il pompiere, sempre per il paese che sta sulle rive del Verbano.

Incorporato nel 2007, da quindici anni combatte contro il fuoco e altre avversità. A buttarlo in questa avvenuta un’esigenza, quella di lavorare per e con la gente.

«Credo che la mia passione per il mestiere nasca prima di tutto dal mio interesse per il volontariato. Potermi mettere a disposizione per chi magari è in difficoltà è arricchente e ti fa sentire bene – dice Giacomo, che continua –: la mia parola d’ordine se penso al pompiere? La protezione. Verso noi stessi come militi, ma anche e soprattutto verso le altre persone».

Giacomo è anche padre di due figli che, ci confessa con una punta di orgoglio, sono anche loro dei "mini-pompieri". La divisa, il casco e l’ascia sono tutti elementi che spesso affascinano i più piccini. Ma cosa colpisce di più i bimbi di questo lavoro?

«Credo che, per i miei, ci sia in parte il voler emulare il papà (ndr: ride). Forse ciò che piace ai bambini è appunto seguire un po’ questa ideologia dell’eroe, ovvero di una persona che si mette a disposizione e protegge la popolazione. Essere colui che si trova di fronte a un problema e cerca di risolverlo – spiega il sergente –. Vedono la parte "eroica" della nostra professione. Non vedono il resto. Le operazioni dove non è presente il fuoco, come fu il mio primo intervento, dove dovetti procedere con lo svuotamento di una cantina allagata, ma anche episodi più pesanti. Eroi. I pompieri sono eroi o angeli? «In parte sì. O meglio, io non mi ci sento, però mi piace che la gente ci consideri come una sorta di "angeli custodi" perché significa che vedono e apprezzano ciò che facciamo per loro».

"Pronti ad affrontare tutto, a ogni ora"


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Mattia Fornera

«Sono un pompiere un po’ atipico, poiché il mio interesse per questo lavoro non nasce da ragazzo, ma da più grandicello», inizia così Mattia Fornera, pompiere del Corpo Civici di Locarno. Di professione ingegnere elettrotecnico, i primi passi nel volontario li muove nel 2020, all’età di 38 anni.

«La "chiamata", se così vogliamo definirla, arriva nel 2019, quando un giorno d’agosto assistetti all’intervento di un’auto in fiamme, successo appena fuori casa. Vidi la scena e la grande professionalità dei militi. Qualche giorno dopo ricorrevano i 150 anni della Federazione Svizzera dei Pompieri e avevano organizzato delle porte aperte, a cui andai accompagnato da uno dei miei bambini. Dissi: sai che c’è? Adesso voglio essere pure io un pompiere, ed eccomi qua».

Il mestiere del pompiere non è facile, il tempo è un continuo gioco agli incastri fra vita privata, lavoro e volontariato che spesso viene praticato durante i momenti liberi dei militi. Bisogna sempre essere pronti, ma come lo vive questo un pompiere?

«La conciliazione fra tutti questi aspetti non è sempre facile ma sicuramente fattibile. Bisogna avere un sostegno da parte della famiglia ma anche dal datore di lavoro. E sì per mestiere dobbiamo essere sempre reperibili e dobbiamo avere prontezza d’intervento.

Capita anche di vivere situazioni molto forti, che possono toccare, quella che ha colpito di più? «L’episodio che più mi ha toccato è successo l’anno scorso. Un incidente stradale che aveva coinvolto diversi utenti stradali. Per fortuna non ci furono decessi, ma la situazione si presentava in maniera molto pesante. Ciò che mi ha colpito e toccato è stato il fatto che, con un grande lavoro di squadra siamo riusciti ad allontanare il peggio. Abbiamo e ho aiutato. E così ho affrontato anche la mia più grande paura, ovvero: sono pronto ad affrontare tutto? E con tutto intendo anche scene pesanti di sofferenza? Ripensandoci dico sì, ci sono riuscito. Non sono un eroe, sono un essere umano, e lo si capisce da questi momenti».

"Non solo di fuoco viviamo"


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Mauro Ciminelli

Mauro Ciminelli ha quarantadue anni, di professione fa il meccanico d’auto a Biasca ma vive a Lugano dove, dal 2005, fa parte anche del corpo di pompieri della città che si affaccia sul Ceresio. Diciassette anni passati come volontario e, da poco, è passato a essere caporale.

Diciassette anni in attività, ma in realtà sono molti di più, poiché è da piccino che risale il suo primo intervento come pompiere. Tutto gira attorno a una sigaretta lasciata accesa dal nonno che si era nel frattempo addormentato sul letto. Un po’ di cenere e il materasso era andato a fuoco. Pronto l’intervento di Mauro che, insieme al fratello, lo spense.

«Ma non di solo fuoco "viviamo". Le attività che svolgiamo sono molto diverse è l’incendio, seppur sia la cosa a cui immediatamente veniamo associati, non copre la stragrande maggioranza dei nostri interventi, per fortuna. Si parte dai servizi di prevenzione in caso di eventi, pensiamo alla gestione del traffico e della sicurezza; facciamo istruzioni interne, quindi addestramenti di vario tipo, facciamo poi salvataggi, o aiuti diretti all’utenza, come per esempio svuotare cantine, cosa che succede quando piove molto nelle nostre zone».

Una professione variegata che consente al milite di spaziare in molte attività. «Sì ed è anche ciò che mi piace di questo lavoro. L’obiettivo alla fine è uno solo: dare supporto alla popolazione. Quello che cambia è che abbiamo una moltitudine di strumenti per poterlo fare e questo dà molta soddisfazione».

"Dai più grandi ho imparato molto"


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Pietro Toffoletto

Il volto di Pietro Toffoletto è giovane. Si mostra allegro nei suoi ventidue anni, riflessi nella sua energia nel parlare di ciò che gli piace fare di più: il pompiere. Nel corpo pompieri di Acquarossa dal 2019, racconta cosa lo ha mosso a diventare un vigile del fuoco.

«Sin da piccolo ho sempre voluto farlo. Tempo fa, quando ero a fare uno stage in Francia, una persona a me molto cara è venuta a mancare. Ho saputo che erano però interventi i soccorritori dell’ambulanza e anche i pompieri. Da allora è scattato qualcosa dentro di me. Mi son detto: voglio poter aiutare anche io chi si trova in difficoltà».

Pietro come professione primaria lavora per le ferrovie e per gran parte dell’intervista mostrerà un sorriso. C’è molta emozione nel raccontare il suo lavoro di volontariato. C’è energia, ma non leggerezza nelle sue parole.

«Non ho ancora acquisito abbastanza esperienza, e non ho vissuto ancora situazioni critiche, quelle situazioni che ti fanno vedere le cose, di questo mestiere, in modo differente. Però vedo e rispetto i pompieri più anziani (ndr. Pietro li chiama affettuosamente "vecchi"). Da loro apprendo molto e la cosa che più mi piace di questo lavoro, che amo a 360 gradi, è proprio il fatto che quando sei in caserma, non ci sono differenze fra i militi: non importa se sei un uomo o una donna, giovane o meno, da che mondo vieni o che professione svolgi. In quel momento sei un pompiere e sei un elemento importante per la squadra. Questo rappresenta per me ciò che più mi ha arricchito e mi sta arricchendo in questo momento».

Pompieri alla ricerca di nuove leve
AAA nuovi pompieri cercansi

"Pronto, 118…", stavolta a comporre il numero non è una persona in difficoltà, bensì i pompieri stessi, alla ricerca di giovani uomini e donne, volenterosi di mettersi a disposizione per la comunità, in un’attività che va ben oltre lo spegnere un incendio.
«Viviamo in una società sempre più dinamica e frenetica, dove la vita dell’individuo si divide fra mancanza di tempo libero, cambi di impiego o di casa più frequenti e meno flessibilità da parte dei datori di lavoro. In questo contesto facciamo sempre più fatica a trovare volontari, ma non ci abbattiamo: alla gente piace mettersi in gioco e questa è un’occasione che può essere arricchente sotto tanti punti di vista», a parlare è Alain Zamboni, comandante del Corpo Civici Pompieri di Locarno, nonché Presidente della Federazione Pompieri Ticino, l’organizzazione mantello che coordina tutti i corpi presenti nel cantone e la campagna di reclutamento.

Una mansione – e talvolta anche missione – che si divide in più ambiti e situazioni di emergenza. Fra i compiti principali di una squadra di pompieri troviamo gli interventi in caso di soccorsi, incendi, alluvioni, incidenti, dispersione di sostanze pericolose, eventi naturali e altre tipologie di sinistri. Adottano misure preventive per salvaguardare la vita e l’integrità fisica della popolazione, degli animali ma anche del territorio, basti pensare a ciò che fanno per la preservazione dell’ambiente naturale e dei beni materiali. Assicurano anche un servizio durante le manifestazioni pubbliche e si occupano della manutenzione dei veicoli di servizio, dell’equipaggiamento e dei materiali utilizzati.


In due rami ben distinti si suddivide la grande "famiglia" dei pompieri: urbani e di montagna. I primi si occupano prevalentemente di tutto ciò che concerne i nuclei abitati, ovvero lo spegnimento di incendi nelle palazzine, il soccorso stradale, l’inquinamento ambientale e così via. I secondi invece di tutto quello che invece riguarda, di regola, incendi boschivi e altre calamità naturali.

Una moltitudine di mansioni cui il milite è chiamato ad affrontare. Ma come si diventa pompieri e quali sono le caratteristiche che una persona deve avere per essere considerata idonea?

«Per entrare a far parte di un corpo pompieri si deve, di principio, essere domiciliati nel Comune o nella regione dove opera tale corpo, al quale si può fare direttamente richiesta di incorporazione. L’età limite varia da 18 a 40 anni. Come volontari si può operare fino a 60 anni. Nell’ambito del volontariato abbiamo un percorso formativo ben preciso che di regola dura un anno. Per gli urbani l’interessato volontario deve superare una visita medica obbligatoria per attestarne l’idoneità e un test per vederne la prestanza fisica. Una volta superate queste due condizioni inizia la formazione che si divide in due momenti ben precisi: la formazione regionale dove seguono 4 giornate nei 5 Centri di soccorso cantonali (Bellinzona, Biasca, Locarno, Lugano e Mendrisiotto) e iniziano a muovere i primi passi e ricevono le nozioni di base e poi c’è la formazione cantonale, che di regola inizia a settembre e su un arco di un paio di fine settimane viene consolidato quanto imparato. Finito questo iter possono essere considerati dei pompieri formati. Mentre per i pompieri di montagna spetta solo la formazione cantonale – spiega Zamboni, che continua –. Quali sono le qualità che deve avere un volontario per essere un pompiere? Innanzitutto l’interesse per il prossimo e la voglia di mettersi in gioco, la voglia di vivere anche delle emozioni. Il tutto condito poi da delle capacità tecniche, umane, fisiche ma anche mentali».


Si richiede molto, ma questo non deve scoraggiare l’interessato. È lo stesso comandante Zamboni a confermarlo: «Può sembrare molto e in parte lo è, ma non bisogna essere spaventati da ciò. Anche se il lavoro è impegnativo e la responsabilità altrettanto, non si è mai lasciati soli. Essere pompiere vuol dire prima di tutto essere una squadra che collabora per arrivare a un obiettivo comune: mettersi a disposizione per la comunità. Questo mestiere è una continua sfida e, come tutte le sfide, l’averla portata a termine sapendo di aver aiutato il prossimo alla fine ti ripaga sempre e tanto».

Diventare pompiere, non è una scelta semplice. Dietro alla divisa ci sono donne e uomini che hanno dovuto affrontare dubbi, domande e perplessità prima del reclutamento. Eppure…

Lo abbiamo visto: negli ultimi tempi i pompieri sono sempre più sollecitati tra incendi boschivi e allagamenti. Nonostante la fatica, la gioia negli occhi dei nostri 5 militi quando parlano di questa professione è evidente. Ma come è possibile?

Scatta l’allarme, suona il pager, parte l’autobotte. Non è la scena di un film ma la procedura d’intervento dei pompieri in Ticino. Pietro, Sofia, Mattia e Giacomo ci raccontano quello che la gente non vede e che i giornali non raccontano...

Sofia non si sente un’eroina e nemmeno Mattia. Lei è una ragazza normale, lui pensa solo a fare del suo meglio. Dietro i cliché e le immagini da film quali sono le impressioni dei nostri militi?

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