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L’arte di piegare la carta

Di solito, noi del WWF, diciamo a bambini e ragazzi di uscire, per scoprire con mano la natura che ci circonda

Origami, l’arte del piegamento della carta - © David Yu from Pexels
28 marzo 2020
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Di solito, noi del WWF, diciamo a bambini e ragazzi di uscire, per scoprire con mano la natura che ci circonda. Oggi, però, in questo periodo d’emergenza, è importante stare a casa. Ci è stato chiesto un sacrificio, ma più rispetteremo le direttive, prima torneremo a scoprire le bellezze dei nostri boschi, delle nostre montagne, dei nostri splendidi fiumi e laghi. E quindi? Che fare? Nelle prossime settimane, fin quando sarà necessario, vi presenteremo un piccolo progetto da fare in casa insieme alla famiglia. Cercheremo di utilizzare solo materiali che si possono trovare nelle nostre abitazioni, come vecchi stracci, giornali, un po’ di colla e tanta fantasia. Oggi vi proponiamo il progetto “Origami” lanciato dai colleghi del WWF International a livello mondiale. Sul sito che vi indicheremo, troverete sedici animali splendidi, che potrete “costruire” a forza di piegature della carta. Quindi, avete capito: vi serve solo della carta. Che siano fogli colorati, con fiorellini o supereroi, o semplici fogli bianchi, è indifferente. Colorateli come volete. L’importante è che alla fine seguiate le istruzioni che troverete per ogni animale qui.

Il piccolo degli abissi di nome “Plasticus”

“Nomen omen – il destino nel nome”, un principio che si applica perfettamente al caso della nuova specie di minuscolo crostaceo Eurythenes plasticus appena scoperta dai ricercatori dell’Università di Newcastle negli abissi della fossa delle Marianne nell’Oceano Pacifico. Che ci fosse della plastica e microplastica nelle profondità oceaniche, questo lo si sapeva. Purtroppo, infatti, anche la nanoplastica si trova ovunque: negli abissi, così come nell’Artico o nei fiocchi di neve. Scoprire poi una nuova specie è sempre un’emozione per un ricercatore. Peccato, che questa nuova specie contenesse al suo interno anche pezzettini di plastica. Questo piccolo anfipode aveva già ingerito tracce di PET. In pratica, dunque, la plastica la troviamo nell’aria, nel cibo e persino negli animali che vivono lontanissimi da noi. Alan Jamieson, ricercatore capo presso l’ateneo, ha dichiarato: “Abbiamo deciso di chiamarlo così perché volevamo sottolineare il fatto che dobbiamo agire immediatamente per fermare lo tsunami di rifiuti di plastica che si riversa nei nostri oceani”. Solo un anno fa un’importante ricerca apparsa su “Nature Communications” aveva dimostrato gli effetti nefasti della plastica sulle comunità marine del batterio Prochlorococcus, fondamentale microrganismo marino che è alla base di almeno il 20% della produzione di ossigeno che proviene dai batteri marini: l’evidenza è che le nanoplastiche possono influenzare la composizione delle comunità marine di questi microrganismi e la loro capacità fotosintetica.

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