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Il regno perduto

Il mondo delle grandi scimmie!

© Jeremy DArbeau / WWF
8 febbraio 2020
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Le foreste dove le grandi scimmie vivono vengono abbattute a ritmi impressionanti per il commercio del legno o per far posto a strade, allevamenti e coltivazioni. Colline e montagne vengono sventrate per l’estrazione di minerali o per la ricerca e lo sfruttamento del petrolio. Da decenni l’uomo è penetrato all’interno delle più fitte foreste pluviali dell’Africa e dell’Asia, un tempo regno incontrastato dei grandi primati. E più l’uomo avanza, più le scimmie scompaiono o devono essere messe sotto tutela in aree protette. Purtroppo, ancora oggi c’è chi uccide questi esseri così simili a noi per la carne o per creare presunte pozioni magiche, chi invece li rivende a zoo privati o collezionisti. Così, gorilla, scimpanzé, bonobo e oranghi rischiano di scomparire in tempi brevissimi.

Sia in Africa che in Asia, infatti, la carne e altri prodotti derivati dalle scimmie sono venduti nei mercati. Spezzatino di bonobo, gorilla affumicato, bistecche di scimpanzé, polveri ricavate dalle ossa da sciogliere nel bagnetto dei bambini per “renderli” più forti, oltre ad ogni genere di medicamenti e amuleti di dubbia efficacia. Sebbene caccia, commercio e consumo di carne di gorilla siano proibiti in quasi tutti i Paesi del bacino del Congo, le norme restano spesso inapplicate. Il bracconaggio e il commercio della cosiddetta “carne di foresta” (bushmeat) costituiscono la principale minaccia – insieme alla perdita di habitat – per i gorilla. La carne di queste scimmie antropomorfe è considerata una prelibatezza dalla popolazione africana sia rurale che urbana. E solo fino a qualche anno fa la si faceva arrivare clandestinamente nei ristoranti di città come Parigi o Bruxelles.

Capita poi spesso che i bracconieri uccidano le scimmie adulte e risparmino i cuccioli. Non lo fanno certo per pietà, ma solo per denaro. I cuccioli di scimpanzé vengono venduti come animali da compagnia o contrabbandati all’estero per “arricchire” zoo privati e collezionisti. Le famiglie che li “adottano”, ovviamente, non sono in grado di accudirli, spesso li maltrattano o li usano per attirare turisti nei bar o nei locali pubblici. Ancora più triste è il destino degli animali spediti per via aerea a migliaia di chilometri dai luoghi dove sono nati: terrorizzati, rinchiusi per molte ore al buio, senza acqua né cibo, in pochi sopravvivono e arrivano a destinazione vivi. Si stima che ogni anno vengano uccise circa 3mila scimmie, per non parlare degli esemplari che muoiono per la perdita di habitat o per varie malattie.

I cugini minacciati

Il più minacciato di tutti è il gorilla di montagna: è l’unica sottospecie di grande scimmia al mondo la cui popolazione viene considerata in crescita. Il merito va agli sforzi di conservazione che sono stati compiuti nell’area transfrontaliera dei vulcani Virunga, al confine fra Repubblica Democratica del Congo, Ruanda e Uganda dal WWF. Due anni fa è stato effettuato un censimento e la sottospecie che si trova nel Virunga National Park ha raggiunto i 604 individui, rispetto ai 480 stimati nel 2010 e include 41 gruppi, oltre a 14 maschi solitari che abitano i territori del più antico parco nazionale africano, nato nel 1925 proprio per proteggere i gorilla e la straordinaria biodiversità dell’area. Questi numeri portano a una stima della popolazione globale dei gorilla di montagna pari a 1’004 individui. Gli sforzi e i progetti si sono moltiplicati negli anni e i gorilla ora sono sorvegliati speciali 24 ore su 24. Più numerosi di quelli di montagna sono i gorilla di pianura. Si dividono in due sottospecie: quella orientale, di appena 4 mila individui, abita nella foresta del Congo orientale, mentre la specie occidentale più numerosa, con circa 150mila gorilla vive in Congo, Gabon, Camerun, Repubblica Centro Africana e Guinea Equatoriale. Piccole popolazioni sono presenti anche in Angola e Nigeria.

I bonobo – Negli ultimi 75 anni si stima che la popolazione sia dimezzata. Nascosti nelle più fitte foreste pluviali dell’Africa centrale i bonobo sono stati “scoperti” dagli scienziati solo nel 1929. Vivono in piccoli gruppi familiari un’esistenza tranquilla e pacifica. A differenza degli scimpanzé, sono le femmine ad avere ruoli dominanti nella società dei bonobo, non i maschi. Se un cucciolo bisticcia con i suoi compagni non corre dal padre, ma sarà la madre a intervenire in suo favore. Purtroppo, avendo un carattere più mite rispetto allo scimpanzé, i bracconieri preferiscono catturare illegalmente esemplari di bonobo, se vogliono rivenderli per test medici.

Lo scimpanzé – Gli scimpanzé abitano un territorio molto ampio che va dalla foresta pluviale alle savane e si dividono in 4 sottospecie: in grave rischio è quella della Nigeria e Camerun, dove gli individui non superano le 6mila unità. Gli scimpanzé preferiscono stare in gruppi numerosi e vivono perlopiù in comunità che vanno dai 50 agli 80 individui, governati da un esemplare maschio. Hanno imparato ad adattarsi, per questo possono vivere nelle aree boschive ed erbose, nelle savane, nelle foreste pluviali e fino ad altitudini di 3mila metri.

L’uomo della foresta

In Asia troviamo l’orango, che in malese significa “l’uomo della foresta”. E non c’è da meravigliarsi. Con i suoi occhi e le sue espressioni, non si riesce a non pensare ad un essere vivente molto simile a noi. Un tempo gli oranghi abitavano gran parte dell’Asia meridionale, dalle pendici dell’Himalaya alla Cina del Sud. Oggi, del loro habitat originario resta pochissimo, appena il 2%, Ed è qui, nascosti fra le più fitte foreste di Sumatra e del Borneo, che si trovano gli ultimi 30mila oranghi. Conducono una vita pacifica e solitaria costantemente minacciati dalla distruzione del loro ambiente naturale. Gli oranghi non sono molto prolifici, le femmine partoriscono in media solo una volta ogni 4/6 anni e questo, purtroppo, non è molto di aiuto per la conservazione della specie. Le foreste dove vive l’orango sono distrutte a ritmi sempre maggiori e il taglio degli alberi, molto spesso frutto di attività illegali è alimentato dalla crescente richiesta di legnami pregiati tropicali e dalla richiesta di terreni da convertire all’agricoltura e alla produzione di polpa di carta. Negli ultimi anni la richiesta di olio di palma ha alimentato ulteriormente la distruzione delle foreste. Gran parte delle foreste in pianura e collina sono ormai occupate da estese piantagioni di olio di palma utilizzato nel settore alimentare, della cosmesi e come bio-carburante.

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