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A qualcuno piace freddo #2

C’è chi dorme come un sasso

18 gennaio 2020
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Proseguiamo con la seconda puntata che riguarda gli animali e l’inverno. Oggi parleremo dello yak: l’intrepido bovino delle nevi. Si tratta di una bizzarra creatura che ha scelto il regno del freddo come sua dimora. Pascola infatti sulle vette dell’Himalaya dai 4mila fino a 6mila metri di quota. Come ci riesce? Per simili imprese occorrono polmoni e zampe d’acciaio, così come una foltissima pelliccia. Tutte cose che allo yak non mancano di certo! Per resistere al freddo intenso ha un folto mantello color marrone scuro con lunghi peli arruffati e infeltriti che quasi toccano terra. Si nutre di erbe aromatiche, graminacee e licheni e per bere spezza il ghiaccio o la neve gelata con gli zoccoli!

Cosa sappiamo del letargo: certo è uno stratagemma che diverse specie animali mettono in atto per superare condizioni ambientali estreme. Vanno in letargo invertebrati (come i lombrichi!) e vertebrati (come la marmotta o il pipistrello). E, contrariamente a quanto si può credere non si va in letargo solo d’inverno nei climi freddi (ibernazione), ma anche d’estate nei deserti, quando il caldo si fa insopportabile! In questo caso si parla di estivazione.

Ad esempio, i serpenti, a seconda delle condizioni climatiche dei luoghi in cui vivono, ibernano o estivano. E siccome sono creature a sangue freddo, quando cadono in letargo modificano la loro temperatura corporea in modo tale da farla essere più simile possibile a quella dell’ambiente circostante. Ecco perché se si toccasse un serpente che estiva nel deserto (ricordati che gli animali non vanno disturbati) lo si troverebbe molto caldo, al contrario di un serpente che iberna, che sarà gelido al tatto. Spesso centinaia di serpenti ibernano nella stessa tana… ma, addormentati o no, meglio starne alla larga. Anche alcune chiocciole – quelle che vivono nel deserto – precipitano in una sorta di stato di torpore non appena diminuisce l’umidità. Questo stato può durare addirittura fino a cinque anni. E poi ci sono le farfalle o le blatte del deserto: tutti animaletti che sincronizzano i propri cicli vitali seguendo i periodi piovosi.

Hai sempre creduto che le alghe vivessero solo in mare? Allora ti stupirà sapere che la Chlamydomonas nivalis è un’alga tipica delle calotte polari e delle regioni montuose perennemente innevate. Ha imparato a vivere sotto la neve, dove può assorbire la luce del sole, restando però al riparo da vento e bufere. E si muove pure! “Nuota” nella neve battendo due minuscoli flagelli, come fossero pinne.

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Che ci si trovi in un deserto arroventato o in lande glaciali battute da bufere di neve, durante il letargo accadono cose assai strane. Le funzioni vitali sono rallentate e ridotte al minimo. La temperatura corporea si abbassa di molti gradi, i battiti cardiaci e gli atti respiratori diminuiscono di frequenza ed il sonno è talmente profondo che l’animale non si sveglia neppure se scosso, disturbato o spostato altrove (cosa che, naturalmente, non si deve mai fare!).
Ma l’animale deve sopravvivere! Ecco perché è necessaria una seppur minima dose di energia per svolgere le normali funzioni vitali. Per questo, prima di andare in letargo, gli animali mangiano per quattro, accumulando scorte di grassi e zuccheri che saranno metabolizzati durante il lungo sonno. O magari le scorte di cibo possono essere immagazzinate in… tana, proprio come fa lo scoiattolo, che, pur non andando in letargo, fa scorte di ghiande, pinoli, nocciole e semi vari.

Questa è la tecnica che utilizza il topo quercino prima di andare in letargo. Cerca un po’ di “amici” con i quali formare una grossa (e calda) palla di pelo; poi, così raggomitolati cadono tutti addormentati. Mica male! E il ghiro? Questo animale è simpatico, sonnolento e molto molto pigro! Quando si tratta di dormire, è proverbialmente imbattibile! Il piccolo roditore, mago del vero letargo (che dura più di 6 mesi, da ottobre ad aprile!) è un instancabile… fannullone e, al contrario di molti suoi consimili, non ingrassa neppure abbastanza in previsione del lungo sonno. Tanto consumerà poco. E se il tempo in primavera sarà ancora brutto? Poco male, lui continuerà a dormire!

La Rana sylvatica, invece, sceglie di diventare un ghiacciolo. Ma non credete che la faccenda sia così semplice. Quando l’acqua ghiaccia all’interno di un corpo, si espande (aumenta di volume, cioè) causando danni letali agli organi vitali come il cuore e i polmoni. E allora come può essere certa la rana di scongelarsi felicemente a primavera e non morire invece ghiacciata? Ebbene, riesce a far ghiacciare solo lo spazio esterno fra le cellule, salvando tutte le parti vitali. Il suo segreto? Lo zucchero! Prima di trasformarsi in ghiaccioli le rane saturano di zucchero l’acqua contenuta nelle loro cellule, che così non ghiacciano! Chi ha detto che lo zucchero fa sempre male?! Ps: in quello stato la rana è dura come il ghiaccio, ma fragile come il vetro.

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