Svizzera

Sul fronte della neve artificiale la Svizzera è in ritardo

Secondo un esperto del settore, la Confederazione ha ancora un enorme potenziale tecnico da sfruttare, ma servono investimenti da parte degli impianti

(Keystone)
6 gennaio 2023
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Manca la neve sulle piste da sci? È perché la Svizzera è in ritardo sul fronte dell’innevamento artificiale: parola di Martin Hofer, direttore commerciale della filiale elvetica di Technoalpin, società con sede a Bolzano (Alto Adige) leader mondiale nella produzione di impianti del ramo. A suo avviso anche le stazioni di bassa quota hanno un futuro se si punta sui cannoni.

"Da un punto di vista puramente tecnico, i limiti dell’innevamento in Svizzera sono ben lungi dall’essere esauriti", afferma Hofer in dichiarazioni raccolte dall’agenzia Awp. Con un moderno sistema un’area sciistica può essere completamente innevata in tre o quattro giorni: questo è il valore standard, ma in Svizzera spesso non viene raggiunto perché l’approvvigionamento idrico è troppo scarso.

All’estero gli operatori si affidano maggiormente ai cannoni da neve: in Svizzera poco più della metà dei chilometri di piste sono tecnicamente innevati, mentre in Alto Adige la quota sale al 95%. Non basta comunque avere i cannoni: c’è sempre la questione della potenza dell’impianto, della quantità di neve che può produrre, a quale temperatura e in quanto tempo. "La Svizzera ha ancora un enorme potenziale tecnico in questo campo", afferma l’esperto.

Attualmente nella Confederazione sono necessari diversi periodi di freddo per rendere bianche le piste. Questo perché per la produzione di neve artificiale è necessaria una temperatura dell’aria compresa tra -10 e +1 gradi e un’umidità minima. Bisogna approfittare dei momenti di freddo che continueranno a esistere, anche se il cambiamento climatico porterà a un aumento delle temperature, osserva Hofer.

I mesi più importanti per l’innevamento sono novembre e dicembre. Quando il clima è freddo, una stazione sciistica può iniziare la stagione indipendentemente dalle precipitazioni nevose e garantire buone condizioni delle piste. Questo è particolarmente importante per il periodo natalizio, in cui l’industria realizza oltre un quarto del suo fatturato. Una volta che la pista è coperta di neve, questa resiste anche a temperature superiori a zero gradi, spiega Hofer. Anche perché la neve artificiale si scioglie meno rapidamente di quella naturale.

Senza impianti di innevamento il rischio di una falsa partenza della stagione sciistica è molto più elevato: non solo le temperature devono essere inferiori allo zero, ma vi devono essere anche precipitazioni. Secondo il manager se l’importante attività natalizia viene meno a causa della mancanza di neve la stagione è già da considerare praticamente in modo negativo.

Stando all’intervistato in Svizzera anche le stazioni sciistiche di bassa altitudine non hanno ancora esaurito le loro chance. Con sistemi più efficienti si potrebbe dimezzare il tempo di innevamento: ciò consentirebbe alle società di gestione di tenere aperte le piste anche qualora il numero di giorni freddi dovesse diminuire a causa dei cambiamenti climatici.

Oggi questo non è possibile in molti impianti in Svizzera perché l’approvvigionamento idrico è troppo scarso, sostiene Hofer. Non si possono innevare tutte le piste contemporaneamente e di conseguenza è necessario più tempo per un intero comprensorio. "Se non avete finito l’ultima pista e dovreste già innevare la prima, avete un problema se ci sono solo tre o quattro periodi di freddo utili per l’innevamento". Molte stazioni non dispongono di bacini idrici e stazioni di pompaggio. Sono necessari investimenti: come regola generale, 1 milione di franchi per ogni chilometro di pista, secondo lo specialista.

A suo avviso si tratta comunque di soldi spesi bene, perché senza l’innevamento artificiale in molti luoghi non ci sarebbe più turismo sciistico. "Se non c’è neve, è finita". E quando gli impianti di risalita cominciano ad avere problemi intere valli alpine si trovano in difficoltà. Perché ogni milione speso dai turisti in quota porta alla valle un valore aggiunto di oltre 6 milioni. La giornaliera è infatti solo una delle voci di spesa: si aggiungono gli oneri di viaggio, vitto, pernottamento, noleggio sci e maestri di sci. Se le stazioni sciistiche fossero aperte solo per 30 giorni invece degli attuali 100, gli investimenti in alberghi, ristoranti o altri servizi non renderebbero più. Ciò si ripercuoterebbe anche sulle imprese locali: la base economica di molte valli alpine sarebbe minacciata e con essa decine di migliaia di posti di lavoro. La conseguenza sarebbe un esodo dalle valli, mette in guardia il venditore di cannoni da neve.

Un recente studio dell’Università di Basilea ha però calcolato che il consumo di acqua per l’innevamento artificiale aumenterà considerevolmente se il cambiamento climatico continuerà a non essere controllato. Ad esempio per l’intero comprensorio sciistico di Andermatt-Sedrun-Disentis si prevede una crescita del consumo di acqua di circa l’80% entro la fine del secolo. Oggi parte di essa proviene dal lago Oberalp. "È probabile che si creino conflitti tra la domanda di acqua per il comprensorio sciistico e quella per la produzione di energia elettrica", si legge nella ricerca.

Hofer critica però questi calcoli: le centrali idroelettriche hanno un utilizzo di acqua molto superiore a quello degli impianti di innevamento. Inoltre l’acqua usata dai cannoni non viene consumata, ma si deposita sulla montagna in un diverso stato, come neve. Quando la neve si scioglie in primavera, l’acqua torna a scorrere a valle. Le perdite per evaporazione sono ridotte con l’innevamento programmato, afferma l’esperto. Inoltre, il consumo di elettricità degli impianti di innevamento rappresenta solo lo 0,1% circa del consumo elettrico della Svizzera e i sistemi di innevamento più moderni sono ancora più efficienti.

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