Svizzera

Ebs, tutte le chiavi di una sorprendente elezione

Simpatica, gradita ai contadini, funzionale agli svizzero-tedeschi con gli occhi puntati sul seggio di Alain Berset. L’analisi, col politologo Georg Lutz

Chi parte (Sommaruga, a sinistra) e chi arriva (Baume-Schneider)
(Keystone)
8 dicembre 2022
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Albert Rösti, Elisabeth Baume-Schneider (Ebs): "... e alla fine vince il più simpatico?". Il carattere di un candidato è un fattore sottovalutato, ma spesso determinante nella scelta di un/a nuovo/a consigliere/a federale. Lo spiegava in un recente contributo sulla ‘Nzz am Sonntag’ Adrian Vatter, autore di un libro di riferimento sul Consiglio federale (‘Der Bundesrat’, Nzz Libro, 2020). Mercoledì il politologo dell’Università di Berna si aggirava già di buon’ora per i corridoi di Palazzo federale, passando da un microfono all’altro.

Anche Georg Lutz si è prestato di buon grado all’esercizio della reazione a caldo. Il politologo dell’Università di Losanna conferma: l’aspetto della personalità può aver fatto pendere la bilancia a sfavore della ‘freddina’ Eva Herzog. «Entrambe le candidate erano competenti, con una lunga esperienza in un esecutivo. Ma a molti Baume-Schneider è sembrata più accessibile di Herzog. Il carattere è stato in passato un fattore rilevante, e lo sarà anche in futuro», spiega Lutz a ‘laRegione’ nella Sala dei passi perduti, a due... passi dal collega Vatter. Il fatto poi che tutti i gruppi (tranne i Verdi liberali) abbiano lasciato libertà di voto ha messo ancor più in difficoltà la basilese. Non sentendosi vincolati, molti parlamentari hanno votato anche e forse soprattutto con la pancia. E questa diceva Baume-Schneider.

Calcoli politici

Ma la folgorante ascesa della semisconosciuta Ebs, culminata con la sorprendente elezione, ha altri motivi, meno evidenti. Ad esempio: la volontà delle forze borghesi – ma anche di non pochi parlamentari della sinistra – di far capire ad Alain Berset che, con una collega di partito romanda al suo fianco, è ormai giunto il momento di fare le valigie; in questo senso, Ebs avrebbe mietuto consensi pure tra gli svizzero-tedeschi (non solo del Ps) smaniosi di annullare le malcelate ambizioni del consigliere nazionale Pierre-Yves Maillard e di altri socialisti romandi, pronti a occupare un seggio che speravano restasse – dopo il ritiro di Berset – dalla parte ‘buona’ della Sarine.

Il voto dei contadini

C’è dell’altro. Come abitante di un cantone rurale, Ebs si è dimostrata sensibile alle richieste degli agricoltori. Figlia di contadini, a suo agio col dialetto bernese, le sue pecore dal muso nero e l’aneddoto della ‘ministra’ socialista che va a bere la birra con i politici-contadini dell’Udc dopo le sedute del Gran Consiglio giurassiano, sono diventati il simbolo della sua candidatura. Questo deve aver fatto convogliare su di lei un numero cospicuo dei 34 voti portati in dote dalla Conferenza dei parlamentari agricoltori.

Un piccolo governo senza le grandi città

Per contro, della rappresentanza delle regioni periferiche non s’è parlato granché prima dell’elezione di Ebs. Non a caso: nessuno o quasi avrebbe scommesso un franco sul successo della donna delle Franches-Montagnes. Il dibattito da mercoledì divampa. ‘Un trionfo della Svizzera rurale sulle città’, titola il ‘Tages-Anzeiger’. Nel Consiglio federale – paradossalmente anche grazie al voto di qualche zurighese, fan di Jositsch o semplicemente desideroso di posizionare al meglio il proprio Cantone quando si tratterà di riequilibrare la compagine governativa inserendovi un esponente delle grandi città – le regioni rurali sono ormai fortemente rappresentate: senza lo zurighese Maurer e la bernese Sommaruga, il governo non conta più alcun esponente di regioni con grandi città come Zurigo, Basilea, Losanna o Ginevra, né dei cantoni ‘ricchi’ che contribuiscono alla perequazione finanziaria. In un’intervista pubblicata dall’Università di San Gallo, il politologo Patrick Emmenegger vede uno spostamento del baricentro del Consiglio federale verso l’interno del Paese, un po’ più lontano dalle regioni di confine, alcune delle quali (Basilea, l’Arco lemanico) economicamente forti.

Adesso «una parte sostanziale della popolazione non è più direttamente rappresentata in Consiglio federale, e posso immaginarmi che prima o poi questa situazione venga corretta», osserva Lutz. Un’altra correzione riguarderà l’equilibrio linguistico: «In occasione della prossima partenza di un consigliere federale [verosimilmente Berset o Parmelin, tra qualche anno, ndr], in primo piano vi saranno sicuramente gli svizzero-tedeschi», dice il politologo, che peraltro non considera «problematica» questa contingente maggioranza latina in Consiglio federale.

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