Svizzera

Va tutto bene, anzi no: corrette al ribasso le stime sul Pil

La Segreteria di Stato dell’economia ridimensiona significativamente le aspettative sulla crescita per il 2022 e il 2023

(Ti-Press)
20 settembre 2022
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La Segreteria di Stato dell’economia (Seco) corregge ancora una volta al ribasso le sue previsioni di crescita per la Svizzera e questa volta lo fa in modo significativo: le prospettive – si afferma a Berna – sono peggiorate sulla scia delle tensioni legate alla situazione energetica e al forte aumento dei prezzi, soprattutto in Europa. Nel 2022 il gruppo di esperti della Confederazione si aspetta che il prodotto interno lordo (Pil) aumenterà del +2,1%, contro il +2,8% stimato in giugno, quando il dato era già stato ridotto lievemente. Per il 2023 il pronostico viene abbassato dal +1,6% al +0,8%, ha indicato oggi la Seco.

Corretto dall’impatto degli eventi sportivi, che incidono sensibilmente perché in Svizzera hanno sede le ricchissime federazioni internazionali, la progressione sarà del +2,0% quest’anno e del +1,1% nei dodici mesi successivi (+2,6% e +1,9% nella stima di tre mesi or sono). Da parte loro i prezzi al consumo dovrebbero fare un balzo del 3,0% nel 2022 – in netta accelerazione rispetto al +0,6% dell’anno scorso – a fronte della previsione precedente di +2,5%. Il rincaro dovrebbe poi un po’ decelerare nel 2023, ma solo al +2,3%, contro il +1,4% stimato in giugno (e il +0,7% ipotizzato in marzo).

Sostanzialmente stabile rimane il pronostico sulla disoccupazione, vista al 2,2% nel 2022 (2,1% in giugno), mentre per i dodici mesi successivi negli uffici bernesi si scommette sul 2,3% (2,0% tre mesi or sono). Gli attuali indicatori congiunturali offrono un quadro disomogeneo, spiegano gli specialisti della Seco. Dato che l’inflazione in Svizzera rimane moderata, l’andamento positivo del mercato del lavoro dovrebbe continuare a favorire i consumi: ciò consentirà probabilmente ad alcuni comparti dell’economia nazionale di continuare la ripresa.

Tuttavia, il difficile contesto internazionale dovrebbe avere sempre più un effetto frenante sull’industria di esportazione. Il gruppo di esperti ha rivisto significativamente al ribasso le aspettative per la domanda mondiale: in particolare è probabile che la zona euro, gli Stati Uniti e la Cina, importanti partner commerciali della Svizzera, registreranno un andamento più debole rispetto alle previsioni di giugno. L’andamento della congiuntura elvetica viene ritenuto strettamente legato a quello dell’economia mondiale e dell’approvvigionamento di energia. "Alla luce della forte riduzione delle forniture di gas dalla Russia e della disponibilità limitata di centrali nucleari francesi, il rischio di una penuria energetica in Europa è aumentato", sostengono gli esperti.

D’altra parte gli impianti europei di stoccaggio del gas sono stati rabboccati piuttosto rapidamente e "si auspica" una considerevole diminuzione del consumo di energia nei prossimi mesi, grazie agli sforzi di risparmio da parte dei nuclei familiari e delle aziende. "Il gruppo di esperti ipotizza che non si verificherà una situazione di penuria energetica marcata, con perdite di produzione su larga scala", si legge nella nota.

A Berna però non si nasconde che sussistono anche scenari più negativi. Nel caso in cui si verificasse una grave situazione di penuria di gas o elettricità in Europa, accompagnata da perdite di produzione su vasta scala, l’economia svizzera ne risentirebbe significativamente. I tassi di interesse in rialzo determinano maggiori rischi associati al forte aumento del debito globale: ciò contribuisce a una maggiore probabilità di correzioni sui mercati finanziari. Anche il settore immobiliare continua a essere soggetto a rischi, sia a livello nazionale che internazionale. Allo stesso tempo l’inflazione potrebbe rivelarsi più persistente di quanto ipotizzato finora e rendere quindi necessario un corso più restrittivo della politica monetaria. Non si possono infine escludere contrattempi dovuti alla pandemia o a nuove varianti del coronavirus.

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