Svizzera

Se scarseggia il gas, priorità alle industrie. Non ai privati

In vista di un possibile razionamento della risorsa, c’è chi mette le mani avanti: l’economia non può fermarsi

‘Lo sforzo maggiore? Lo facciano le economie domestiche, non noi’
(Keystone)
10 luglio 2022
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La prospettiva di una penuria di gas quest’inverno fa già scattare la corsa per stabilire chi avrà diritto a essere soddisfatto in modo prioritario, e l’industria elvetica mette le mani avanti: spetta alle economie domestiche passare in secondo piano. Intanto, il presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) Fabio Regazzi critica il Consiglio federale, che a suo dire non dà indicazioni sul tema e non permette quindi alle aziende di prepararsi.

Frank Ruepp, presidente dell’Interessengemeinschaft Energieintensive Branchen (Igeb), cioè il gruppo di lavoro dei settori industriali a forte consumo energetico, è già in trincea: "Senza gas, tutto si blocca", mette in guardia in dichiarazioni riportate dal SonntagsBlick. Intere catene di produzione dovrebbero essere chiuse. "La carta, ad esempio, possiamo produrla solo a pieno regime perché i processi sono ad alta intensità energetica".

Ruepp chiede che le famiglie "non ricevano un trattamento privilegiato" in caso di razionamento del gas. A suo avviso i privati devono "assolutamente" farsi carico di una quota maggiore degli sforzi per il risparmio. "Non è possibile che l’industria debba chiudere mentre si alza il riscaldamento nelle case".

Sulla stessa lunghezza d’onda è Danilo Fiato, presidente dell’Associazione svizzera delle fonderie. "L’industria non può semplicemente accollarsi un tale deficit energetico", puntualizza nei confronti dei cronisti del domenicale. Sussistono questioni di priorità che non sono ancora state chiarite: "Cosa è più importante, la mobilità individuale, il trasporto pubblico, il riscaldamento, internet o le colate in fonderia?".

Pure Regazzi appare preoccupato. "Come imprenditore, so che la cosa peggiore è l’incertezza", osserva il presidente dell’Usam parlando con il SonntagsBlick. In linea di principio, si può reagire a una carenza di energia. "Ma una possibile penuria di elettricità nell’ambito della quale è completamente ignoto quando e come avverrà il razionamento non è semplicemente calcolabile per le aziende".

"Le imprese hanno paura", mette in guardia il consigliere nazionale ticinese. "Chi ha bisogno di molta energia attualmente non sa se e come potrà continuare a gestire la propria attività in caso di emergenza". Regazzi chiede chiarezza al Consiglio federale, invitato a mostrare quali sono i suoi piani e gli scenari di emergenza. "Ma ho l’impressione che il governo stesso sia ancora piuttosto all’oscuro: questo non va bene".

Il 60enne non è sicuro che tutti i fattori siano stati presi in considerazione in passato quando è stata elaborata la strategia energetica del Consiglio federale. "Quando si adottano decisione gli errori capitano: ciò che conta ora è il modo in cui si reagisce", sottolinea. "Abbiamo detto: ‘espandiamo l’energia idroelettrica!’. Non ci siamo riusciti", sostene l’esponente del Centro (nuovo nome del Ppd in Ticino). "Sono stati compiuti progressi con l’energia solare, ma purtroppo non sono sufficienti".

Secondo il SonntagsBlick Regazzi va così a toccare i principi fondamentali della politica energetica svizzera e fa anche un ulteriore passo avanti: per il politico al Nazionale dal 2011 l’addio all’energia nucleare, concordato da tempo, non è da considerare definitivo. L’imprenditore spiega di non essere mai stato favorevole alla semplice messa al bando delle tecnologie e alla loro esclusione dalla discussione. "La guerra e l’imminente carenza di energia ripropongono queste domande fondamentali", conclude.

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