Svizzera

La sfida ora è scolarizzare i 12mila giovani profughi ucraini

Emergenza Ucraina, Karin Keller-Sutter traccia un bilancio dell’accoglienza svizzera. Attese 10mila persone ogni mese

Nathalie Barthoulot (a sinistra) e Karin Keller-Sutter
(Keystone)
20 maggio 2022
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Circa l’accoglienza in Svizzera dei profughi dall’Ucraina fuggiti dalla guerra scatenata dalla Russia, il sistema dell’asilo si è dimostrato resiliente, nonostante il forte afflusso in alcuni frangenti. Parola della Consigliera federale Karin Keller-Sutter che oggi, davanti ai media, ha presentato il bilancio a sui dire positivo della cooperazione tra la Confederazione, i Cantoni, i Comuni e le organizzazioni di aiuto umanitario.

Tuttavia, ha spiegato la ministra di giustizia e polizia (Dfgp), accompagnata per l’occasione da Nathalie Barthoulot, presidente della Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali delle opere sociali, le sfide e le incertezze per il futuro non mancano, e per questo bisognerà rimanere all’erta (nonostante la calma relativa attuale, oltre 10mila persone dovrebbero cercare protezione in Svizzera ogni mese in futuro, ndr).

Rimanere all’erta

Non solo perché non si sa come evolverà il conflitto in Ucraina e se saremo confrontati con una nuova ondata di profughi, ha spiegato la consigliera di stato sangallese del Plr, ma perché bisognerà scolarizzare gli oltre 12mila ragazzi fuggiti dal Paese dell’Europa dell’est dopo l’invasione da parte dell’esercito russo il 24 di febbraio.

Keller-Sutter ha anche annunciato che farà valutare da esperti esterni lo statuto S di protezione concesso ai profughi – la prima volta dalla sua introduzione nella legislazione elvetica nel 1999 – che, entro la fine dell’anno in corso, dovrà valutarne l’applicazione e i problemi.

Evitare abusi, preservare solidarietà

In particolare, ha spiegato la titolare del Dfgp, si studierà quando e come lo statuto può essere ritirato. Keller-Sutter ha affermato che diversi profughi ritornano in Ucraina per farsi un’idea della situazione in loco o per visitare parenti rimasti sul posto: in questo caso, si pensa di concedere due settimane per simili spostamenti. Rimarrà da stabilire se ogni trimestre o ogni sei mesi.

Vi è poi il problema dei possibili abusi, un aspetto importante anche alla luce della grande solidarietà mostrata dagli Svizzeri e che sta a cuore a Keller-Sutter, la quale ha sottolineato di voler fare in modo che tale benevolenza non venga meno. Insomma, bisognerà fare in modo che chi lascia il Paese definitivamente non continui a ricevere gli aiuti sociali oppure che una persona che gode già dello statuto S in un altro Paese non venga in Svizzera per opportunismo poiché meglio trattato qui che altrove. A tale proposito, la Commissione europea pensa di creare una banca dati per evitare questo genere di problemi e a cui lavori anche la Svizzera, ha dichiarato la sangallese.

Risposta flessibile

Per quanto attiene al lavoro svolto finora, Keller-Sutter ha lodato la flessibilità e la prontezza mostrata sia della Segreteria di stato della migrazione, che ha potuto far capo a piani di emergenza già pronti dal 2016 ma mai applicati finora, sia dei Cantoni che dei Comuni, senza dimenticare i molti privati che si sono messi a disposizione per fornire alloggio (circa 21mila delle 25mila persone alloggiate presso privati hanno trovato esse stesse una sistemazione, ndr) e le scuole, corpo insegnante incluso, che si è fatto in quattro per scolarizzare i giovani ucraini.

Malgrado il forte afflusso – fino a 1’800 entrate al giorno quando in media in un mese si registrano circa 1’400 richiedenti asilo – in Svizzera di fuggitivi, il sistema non è collassato e, nonostante qualche difficoltà iniziale, è stato possibile aumentare i posti letto nei Centri federali di asilo in tempi ragionevoli - da 6 mila a 9 mila - e smaltire le moltissime richieste di protezione grazie ai sistemi informatici, ridistribuendo in seguito i profughi tra i Cantoni.

I problemi della ripartizione

Certo non sono mancati i problemi, in primis quello della distribuzione dei rifugiati fra i Cantoni dovuto anche al fatto che molti di loro avevano già dei contatti in Svizzera e si sono concentrati soprattutto nei centri come Zurigo o Berna, o dove la diaspora ucraina è presente da tempo, come in Ticino. Insomma, a certuni sono toccati molti più profughi di quanto prevede la chiave di ripartizione, ciò che ha suscitato qualche mugugno a causa dei costi che i Cantoni più gravati avrebbero dovuto accollarsi.

Ebbene, da tre settimane la Sem ha corretto il tiro, facendo in modo che tutti ricevano il contingente di persone loro spettante. La Sem, ha però spiegato Keller-Sutter, cerca nel limite del possibile di venire incontro alle esigenze particolari dei singoli, specie se hanno già conoscenti o parenti pronti ad accoglierli o loro stessi hanno esigenze particolari. Dal canto suo la Confederazione versa ai Cantoni per ogni singolo profugo 1’500 franchi al mese, cui di aggiunge un forfait di 3 mila franchi per i corsi di lingua.

Il fatto che moti profughi preferiscano i centri non riguarda solo la Svizzera, ma si tratta di un fenomeno registratosi anche in altri Stati come la Polonia (meta preferita Varsavia) o la Germania (Monaco, Berlino, ecc), ha affermato Keller-Sutter. Spesso i fuggitivi, con in testa le immagini del loro paese, pensano di rimanere isolati se indirizzati verso centri discosti, quando invece anche nelle campagne elvetiche si può far capo a una rete di collegamenti efficiente.

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