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‘Il grande perdente sarà l’informazione di prossimità’

Il professor Bertil Cottier sulle possibili conseguenze del ‘no’ al pacchetto di aiuti ai media

Bertil Cottier
(Usi)
13 febbraio 2022
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Bertil Cottier, specialista di diritto dei media, è professore all’Università di Losanna nonché professore emerito dell’Università della svizzera italiana. Dal 2020 è membro della Commissione federale dei media.

Professore, chi pagherà le conseguenze del ‘no’ popolare al pacchetto di aiuti ai media?

Non certo i grandi gruppi, che dispongono di sufficienti risorse e prospettive. Saranno invece i piccoli giornali locali e regionali a patirne le conseguenze. La tendenza al declino si confermerà. Il timore che questi giornali a poco a poco continueranno a scomparire – o quantomeno a fondersi gli uni con gli altri – è giustificato. Il grande perdente sarà l’informazione di prossimità.

Come vede il paesaggio mediatico svizzero all’orizzonte 2030?

Difficile dirlo. Oggi è ancora fortemente segmentato. A livello di regioni linguistiche, ma non solo: anche e soprattutto tra un cantone e l’altro. Sicuramente, sopravviverà almeno un media per cantone. Ci sarà sempre un polo cantonale della stampa scritta e online. Non credo che la stampa scritta scomparirà. Da un lato, non si può informarsi unicamente stando davanti allo schermo di un computer, di un tablet o di uno smartphone. Dall’altro, lo scritto conserva per così dire un certo ‘comfort culturale’. Il piacere alla lettura di un testo cartaceo rimarrà.

In un’intervista a persönlich.com, il professore Stefan Russ Mohl afferma invece che la stampa scritta è un modello destinato a finire.

Non sono d’accordo, per le ragioni che ho appena evocato. La stampa scritta, tutto sommato, è di più facile accesso. Ma l’online ha un vantaggio, va riconosciuto: grazie ai link si può saltare da un contenuto all’altro, o andare direttamente alla fonte delle informazioni riportate.

Come dovrà essere il futuro modello di sostegno dei media privati in Svizzera?

La soluzione ibrida – stampa scritta, più online – dovrà restare. Almeno per i prossimi 10-20 anni, non vedo come la stampa scritta possa scomparire. Si può fare l’esempio degli e-books: da anni hanno un certo successo, ma limitato; il libro scritto resta molto forte. Ad ogni modo, prima o poi si porrà nuovamente il problema dell’assenza di una base costituzionale specifica che permetta di sostenere direttamente i media.

Le idee fioccano già su come rilanciare questo sostegno. Ne ha sentita qualcuna di particolarmente interessante?

Due vie mi sembrano percorribili. La prima è una riduzione dell’Iva: il Parlamento l’aveva scartata, ma a mio giudizio resta un margine di manovra per abbassare il prezzo dei media. La seconda via passa dai cantoni. Il ‘no’ odierno può anche essere letto come un segnale che ora la palla è nel loro campo. Da soli, o assieme su un piano regionale, i cantoni hanno ora l’occasione di sfruttare la loro autonomia per sviluppare un proprio sistema di aiuto ai media.

Il pacchetto elaborato dal governo vodese potrebbe fungere da modello?

Sì. Soprattutto perché prevede – benché in un arco di tempo limitato a qualche anno e con un impegno finanziario relativamente modesto – di sostenere i giovani, affinché questi sviluppino un’attitudine critica nei confronti dei media e capiscano che in un Paese come la Svizzera, con la sua democrazia diretta, bisogna essere informati ed essere ben informati. Questa componente educativa è molto importante: andiamo verso una diminuzione delle testate, il pluralismo mediatico subisce un’erosione, per questo occorre educare i giovani a cercare un’informazione di qualità, e non a restare confinati alle reti sociali, dove c’è molta informazione ma anche molta disinformazione.

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