Svizzera

Covid: ‘Fra qualche settimana metà del Paese potrebbe ammalarsi’

Lo afferma Richard Neher, membro della task force della Confederazione, secondo il quale un livello di 30’000 contagi al giorno è verosimile per gennaio

(Ti-Press)
2 gennaio 2022
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La metà della popolazione svizzera potrebbe ammalarsi di Covid in qualche settimana. Lo afferma alla ‘SonntagsZeitung’ Richard Neher, membro della task force della Confederazione, secondo cui affinché ciò si verifichi è sufficiente che la variante Omicron continui a diffondersi al ritmo attuale. Stando al presidente della Confederazione Ignazio Cassis non è comunque necessario agire nell’immediato, dato che la situazione nei reparti di terapia intensiva è ancora gestibile.

Un livello di 30’000 contagi al giorno è verosimile per gennaio, ha detto Neher in un’intervista al domenicale svizzero-tedesco. Se ne consideriamo 20’000 e altrettanti non individuati, si può dedurre che circa il 3% degli svizzeri si infetta ogni settimana, fa notare l’esperto.

A quanto emerge dai primi dati britannici e sudafricani, la più recente mutazione del coronavirus è “un po’ meno coriacea delle altre”, riconosce il ricercatore in virologia e biofisico dell’Università di Basilea. La quantità di ricoveri non è tuttavia di poco conto.

“Il numero di casi aumenta molto rapidamente e non abbiamo più molto margine di manovra negli ospedali”, sottolinea il membro della task force. Se anche solo una piccola parte delle persone contagiate viene ricoverata, una valanga di infezioni in breve tempo può rapidamente provocare la saturazione del sistema. Per evitare una grave crisi a suo avviso bisogna dunque “frenare subito la propagazione”.

Tra le potenziali misure sanitarie da adottare, Neher cita restrizioni per le grandi manifestazioni e per gli spazi interni dove la popolazione si incontra senza mascherina. “Gli ultimi due anni hanno mostrato che limitare i contatti funziona e consente di interrompere le ondate epidemiologiche”.

Fine ondata fra un mese

Neher ritiene che l’ondata peggiore di Omicron possa essere conclusa entro fine gennaio. A partire da un certo momento, al virus cominciano infatti a mancare persone da infettare, come sta attualmente succedendo in alcune regioni del Sudafrica. Esso non scomparirà e ci terrà ancora impegnati il prossimo inverno, prevede l’esperto, “ma non al punto da causare una nuova crisi”.

È importante non sottovalutare Omicron, aggiunge, sollecitato dalla ‘NZZ am Sonntag’, il collega di Neher e vicepresidente della task force Urs Karrer. “La nostra maggiore preoccupazione è dover trattare molti pazienti Covid in gennaio e febbraio con gli effettivi ridotti, perché il personale sarà malato, in isolamento o in quarantena”, spiega.

Cassis: tasso cure intensive gestibile

Da parte sua, il neopresidente della Confederazione Ignazio Cassis non ritiene che sia necessario un intervento immediato. A corto termine bisogna impedire un sovraccarico delle cure intensive, dichiara il consigliere federale al ‘SonntagsBlick’, ma il loro tasso di occupazione attuale di circa l’80% appare “ancora gestibile”.

Si potrebbero potenziare le capacità se ve ne fosse l’esigenza, prosegue l’ex medico cantonale ticinese, ma per ora ciò non è il caso. Se qua e là si formassero dei colli di bottiglia, “entrerebbe in gioco la solidarietà fra Cantoni come durante la prima ondata”. “Siamo pronti a reagire in ogni momento, anche mobilitando mezzi a livello federale come la Protezione civile o l’esercito”, assicura Cassis.

Per il presidente della Conferenza dei direttori cantonali della sanità (CDS) Lukas Engelberger i prossimi giorni “saranno decisivi”. Nuovi dati saranno disponibili entro mercoledì ed essi mostreranno quale direzione bisogna prendere, aggiunge il consigliere di Stato di Basilea Città, interrogato dalla ‘SonntagsZeitung’. Se il tasso di occupazione delle unità di terapia intensiva dovesse salire, il governo non avrebbe altra scelta che annunciare nuove misure in settimana o sottometterle ai Cantoni per una consultazione.

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