Svizzera

Andreas Cerny: ‘Misure tardive, ma corrette’

Lo specialista di malattie infettive della Clinica Moncucco saluta positivamente il richiamo solo dopo quattro mesi

Il dottor Andreas Cerny, dell’Epatocentro della Clinina Luganese Moncucco
(Ti-Press)
17 dicembre 2021
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Il dottor Andreas Cerny è direttore dell’Epatocentro presso la Clinica Luganese Moncucco e specialista in malattie infettive. A lui abbiamo chiesto se le misure annunciate dal Consiglio federale siano adeguate all’attuale situazione epidemiologica.

Si poteva fare di più visto che sta per arrivare la variante Omicron?

In Svizzera è ancora prevalente la variante Delta del virus Sars-CoV-2. Una variante che è arrivata dal Nord Europa alla fine della scorsa estate e che ha colpito prevalentemente i Paesi dell’Est e poi Germania e Austria, per manifestarsi in modo massiccio anche in Svizzera. Segnali di una diffusione aumentata rispetto a qualche settimana fa ci sono anche in Italia, Francia e in Spagna. In questi giorni stiamo assistendo a un leggero appiattimento della curva dei contagi, che lo ricordo hanno incominciato prima a manifestarsi nei giovani sotto i 19 anni e poi tra la popolazione più adulta non vaccinata che ora sta riempiendo nuovamente gli ospedali. In alcuni cantoni la situazione è più critica rispetto al Ticino tanto che ci sono 300 persone in cure intense a livello nazionale. Ora vediamo anche che i ricoveri riguardano sempre di più persone vaccinate con una o due dosi. Omicron non è ancora rilevante per la casistica. Per questo penso che le misure prese dal Consiglio federale – tardive per la variante Delta – vadano però bene per frenare l’arrivo di Omicron che invece nei Paesi dove non si sono prese misure incisive (Gran Bretagna e Danimarca) sta avanzando velocemente. I ritardi però costeranno delle vite umane. La quinta ondata era prevedibile e la letteratura scientifica è chiara.

Il messaggio del governo è chiaro: la strada di uscita è la vaccinazione tanto è vero che il tempo tra la seconda dose e il booster è stato ridotto a quattro mesi.

Abbiamo capito che Omicron si diffonde in una popolazione che ha già tanto virus e che ha poche restrizioni come è stato in Danimarca e in Gran Bretagna. Se tocca una popolazione che ha già delle restrizioni impostate e che ha relativamente poco virus in circolazione probabilmente la riproduzione non sarà super veloce. Abbiamo tempo fino al 24 gennaio per valutare questa dinamica. Fino a oggi abbiamo capito che c’è una certa stagionalità del Sars-CoV-2. Che la protezione dei vaccini m-Rna tendesse a diminuire dopo quattro mesi, gli esperti lo avevano capito dai casi di Israele e Qatar. In questi Paesi si è vaccinato massicciamente nei primi mesi di quest’anno e a giugno-luglio si sono manifestati altri casi di infezione tra i vaccinati. La stessa cosa l’abbiamo osservata anche in Svizzera. Quindi è corretto aver abbassato questo termine a quattro mesi.

Dobbiamo quindi abituarci all’idea di vaccinazioni ripetute nel tempo per contrastare nuove varianti? Un po’ come succede per l’influenza stagionale.

Non conosciamo ancora a fondo questo virus e non sappiamo se Omicron sarà più virulento ovvero più ‘cattivo’ di altre varianti. Questo ce lo dirà il tempo. Avremo sicuramente indicazioni in più tra quattro-sei settimane. Nel Sars-CoV-2 entrano in gioco 29 proteine, non solo la famosa spike, e ancora non sappiamo quali siano le mutazioni responsabili di un decorso di una malattia più grave. Per tornare al vaccino, è molto probabile che tre dosi o più proteggano meglio. Nel caso di Omicron, se dovesse confermarsi più virulento, verrà probabilmente preparato un vaccino m-Rna che tenga conto anche del sequenziamento genetico di quest’ultimo.

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