Svizzera

Verifica alle urne per il certificato della discordia

Il 28 si vota sulla legge Covid. Certificato sanitario al centro della campagna. A colloquio con Lorenz Hess (favorevole) e Josef Ender (contrario).

A cartelloni non c’è partita
(Keystone)
20 novembre 2021
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Dalla Germania all’Irlanda, dall’Austria alla Danimarca, passando da Norvegia, Danimarca e Repubblica Ceca: in Europa si corre ai ripari di fronte alla quinta ondata (o è la quarta? Abbiamo perso il conto ormai...) del Covid-19. Tornano coprifuoco, telelavoro, lockdown più o meno parziali e prolungati; l’obbligo di green pass (l’equivalente del certificato Covid elvetico) viene esteso e inasprito. Invece in Svizzera – nonostante l’elevata incidenza dei contagi, l’incremento di ricoveri e decessi e prospettive anche qui affatto rassicuranti – non cambia nulla, per ora. «Vogliamo evitare di tornare a misure più restrittive di quelle attuali e a ulteriori chiusure. Speriamo di poter controllare l’evoluzione della situazione con le misure attuali», ha affermato giovedì il ministro della sanità Alain Berset.

Non è l’unico evidente contrasto di queste ultime settimane. Un altro riguarda questa anomala, nervosa campagna in vista della votazione del 28 novembre. A sorprendere non sono tanto i toni, spesso sopra le righe o fuori luogo (derive violente di manifestazioni non autorizzate, minacce a politici e funzionari, l’impiego di espressioni come “dittatura sanitaria”, “sorveglianza di massa”, “discriminazione” ecc.) tra la frangia degli oppositori più sfegatati alla legge Covid. Colpisce piuttosto l’assenza, o meglio la virtuale invisibilità, di uno dei contendenti. Gli oppositori della legge Covid sono ovunque: nelle strade, sui social network, sui giornali, nei cartelloni che spuntano a ogni angolo strada, nei video che passano schermi degli uffici postali e delle stazioni. I sostenitori, invece, si vedono e si sentono poco.

Eppure i sondaggisti continuano a registrare un costante, confortevole vantaggio per i fautori del ‘sì’ (tra il 61% e il 68%, stando agli ultimi rilevamenti della Ssr e di Tamedia/‘20 Minuten’). Le intenzioni di voto sembrano essere quasi impermeabili ai ripetuti scossoni dati alla campagna dagli esponenti del fronte dei contrari. Il fatto che il 70% degli aventi diritto è composta da persone vaccinate non basta a blindare la legge Covid. Ma costituisce un ottimo viatico per una legge già approvata una volta alle urne (il 13 giugno, col 60% dei voti). Una bocciatura, oggi come oggi, appare un’ipotesi remota. Molto però dipenderà dalla partecipazione (dovrebbe essere sopra la media) e da quanti – su entrambi i fronti – sceglieranno di votare anziché evitare di esprimersi. Risposta tra otto giorni.

Lorenz Hess, favorevole


Keystone
Lorenz Hess

Il consigliere nazionale Lorenz Hess (Alleanza del Centro/Be) è uno dei più strenui difensori della legge Covid.

Signor Hess, è stato lei a proporre di inserire nella legge Covid il certificato sanitario. Si è pentito di averlo fatto?

No, per niente. Anzi. Sono molto contento di aver potuto assistere dal vivo alla partita di calcio Svizzera-Bulgaria, oppure di poter andare al ristorante qui in paese. Mi chiedo come sarebbe senza il certificato Covid. Trovo il pass una buona idea, tant’è che molti altri paesi lo hanno introdotto. Con buoni risultati.

Il certificato porta a una società a due velocità, sostengono gli oppositori alla legge. Cosa ne pensa?

Non è assolutamente vero. Il certificato si basa sul modello 3G [Geimpfte, Genesene, Getestete; vaccinati, guariti, testati, ndr]. Non si può avere una scelta maggiore: nessuno viene obbligato a fare alcunché. Però è chiaro: se qualcuno ritiene di non voler contribuire, in maniera solidale, al ritorno alla normalità, allora non può nemmeno pretendere di approfittare di questa ‘nuova normalità’.

In Austria e in Germania siamo già al certificato 2G, solo per vaccinati e guariti. Un’opzione anche per la Svizzera?

Non la trovo una buona idea, almeno per ora. Equivarrebbe in pratica a introdurre un obbligo di vaccinazione dalla porta di servizio. Non è così che in questo momento dobbiamo cercare di far crescere la quota di vaccinati. In secondo luogo, attualmente non vedo in che modo l’impiego di un certificato 2G possa contribuire a rendere più efficace la lotta alla pandemia.

Il certificato Covid non limita eccessivamente la libertà e i diritti fondamentali in Svizzera?

No. Paragonate a quelle in vigore in altri paesi, le restrizioni adottate in Svizzera sono state e sono quasi le più blande. O meglio: le meno gravose. Non abbiamo mai avuto un vero e proprio lockdown, com’è stato il caso in Germania ad esempio. Le poche restrizioni sperimentate in Svizzera sono purtroppo il prezzo che dobbiamo pagare per uscire dalla pandemia, un’uscita che non può essere gratuita.

L’articolo 1 della legge Covid stabilisce che “il Consiglio federale fissa i criteri e i valori di riferimento alla base delle restrizioni e degli allentamenti riguardanti la vita economica e sociale”. Non si rischia di attribuire competenze eccessive al Governo?

Penso sia semplicemente necessario. Abbiamo visto più volte come la situazione epidemiologica possa cambiare da un momento all’altro, e anche come evolvono rapidamente i criteri sui quali si fondano le scelte. Il Consiglio federale deve poter agire in tempi brevi. Non si può pensare di riunire il Parlamento ogni due settimane per decidere cosa fare. Negli ultimi mesi ho parlato di persona con diversi membri del Consiglio federale. Tutti mi hanno detto la stessa cosa: “Sarei il primo a essere felice se già oggi, non dico domani, non avessi più questo cosiddetto ‘potere’”. I consiglieri federali non traggono alcun vantaggio da questa situazione, non ci guadagnano niente (anzi!) decretando la chiusura di negozi o ristoranti. Senza contare che nei rispettivi dipartimenti importanti dossier accumulano ritardi, poiché la priorità numero uno è la lotta al Covid-19.

Cosa rischiamo davvero se il 28 novembre prevarrà il ‘no’?

All’inizio non ci accorgeremmo di niente, perché le misure resterebbero comunque in vigore per alcuni mesi. Ma cosa succederebbe se il prossimo anno, come sta già capitando in diversi paesi attorno a noi, altre restrizioni dovessero rendersi necessarie? Torneremmo alla primavera del 2020, quando il Consiglio federale – sprovvisto di una base legale – ha dovuto governare tramite decreti urgenti. Io voglio che le decisioni del Consiglio federale siano fondate su una base legale. Per questo è importante che questa legge Covid – elaborata dal Parlamento, legittimata democraticamente per due volte dal voto popolare – rimanga.

Josef Ender, contrario


Keystone
Josef Ender

L’imprenditore svittese Josef Ender è portavoce dell’Alleanza d’azione dei cantoni primitivi (tra i promotori del referendum) e del comitato che si batte per il ‘No a un inasprimento estremo e inutile della legge Covid’.

Signor Ender, ha dichiarato di non aver mai mostrato il certificato Covid e di essere “uno di quelli che va in giro come sans-papiers”. Come si sente nei panni di vittima di quella che voi chiamate “società a due classi”?

Appunto, come un cittadino di seconda classe. Così ci si sente quando non si può andare al ristorante, quando a malapena si riesce a esprimere la propria opinione in tv perché lì vige l’obbligo del certificato, oppure quando – da studente universitario – quasi non si può più studiare. Questo è il risultato dell’obbligo, viepiù esteso, del certificato Covid.

Il ‘pass’ ha durata limitata, secondo la legge Covid-19. Il Consiglio federale ha sempre detto che lo abrogherà non appena la situazione epidemiologica lo consentirà. Perché vi scagliate contro uno strumento temporaneo di gestione della pandemia?

Questa primavera il Consiglio federale aveva detto tutt’altra cosa: “Quando avremo vaccinato tutti coloro che lo vorranno, e anche se non avremo raggiunto la quota desiderata, tutte le restrizioni d’accesso saranno tolte”. Così peraltro sta scritto nella legge Covid-19. Il Governo non mantiene la parola data. E da allora si è formata una società a due classi, nella quale la libertà viene violata in svariati ambiti, i non vaccinati discriminati e tutte le persone sottoposte a una sorveglianza di massa.

Lei sostiene anche che questa legge concentra nelle mani del Consiglio federale tutto il potere decisionale su restrizioni e allentamenti. Nel farlo, il Governo deve però tener conto “non soltanto della situazione epidemiologica, ma anche delle conseguenze sull’economia e sulla società”. E in ogni caso è la legge sulle epidemie la base legale per gran parte delle restrizioni, la cui adozione spetta in maniera condivisa al Consiglio federale e al Parlamento.

Perché allora si è voluto specificare che il “Consiglio federale fissa i criteri e i valori di riferimento alla base delle restrizioni e degli allentamenti riguardanti la vita economica e sociale”? Il Parlamento finora ha sempre avuto una certa funzione di controllo. Non sarà più così se passerà questa versione della legge Covid.

Quindi a suo parere siamo di fronte a una legge antidemocratica?

Questa legge contiene inasprimenti pericolosi e inutili, che non servono a combattere la pandemia. Nulla a che vedere con la sanità pubblica, qui si tratta di discriminazione, società a due classi e sorveglianza di massa.

Le modifiche alla legge in votazione il 28 estendono e rafforzano gli aiuti finanziari alle persone e alle aziende. Non vi importa se queste dovessero cadere per effetto di un ‘no’?

È del tutto falso. Anche il Consiglio federale ha spiegato che questi aiuti cesseranno il 31 dicembre 2021 o – in alcuni casi – nel marzo del 2022, indipendentemente dall’esito della votazione.

I toni della campagna sono oltremodo accesi, congetture e ‘fake news’ spesso soverchiano le argomentazioni basate sui fatti, e non mancano gli appelli all’odio. Non vi sentite almeno in parte responsabili di questo pessimo clima?

Il clima di odio viene in parte alimentato dai media, quando descrivono come bugiardi o ‘Covidioti’ coloro che esprimono critiche. Ogni cittadino svizzero dovrebbe avere un atteggiamento critico riguardo alle misure di gestione della pandemia. Ma sentirsi dare del bugiardo non favorisce certo il dialogo.

Se viene a cadere la legge Covid, quale alternativa avete in mente?

Ripeto: questi inasprimenti alla legge Covid non aiutano a far fronte alla pandemia. Bastano l’attuale legge sulle epidemie e la legge Covid, così com’era prima delle modifiche volute la scorsa primavera dal Parlamento.

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