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Il sorteggio dei giudici può ‘liberarli’ dai partiti?

Sì, secondo i favorevoli all’iniziativa al voto il 28 novembre. No, secondo i contrari che temono una ’lotteria’ delle toghe. Il punto sulla votazione.

(Keystone)
9 novembre 2021
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La questione sul tavolo è delle più spinose: garantire il buon funzionamento della giustizia, rispettando la separazione tra poteri politici e potere giudiziario. È con questo in mente che il 28 novembre si voterà per l’‘Iniziativa sulla giustizia’, che intende sottoporre a sorteggio la nomina dei giudici federali sottraendola all’Assemblea federale. Scelta pragmatica per superare il ‘manuale Cencelli’ che assegna a ogni partito una quota di giudici, oppure visione utopica che rischia di tradursi in un casinò delle toghe? Un riassunto sul tema, per provare a capirci di più.

Come funziona oggi?

Nel sistema svizzero i giudici federali sono eletti dal Parlamento federale, chiamato a votare sulle nomine proposte dalla Commissione giudiziaria. Ogni mandato per i giudici dura sei anni, dopodiché si procede al voto per la rielezione. La Commissione effettua una selezione dei candidati per garantire oltre alle competenze richieste un’adeguata rappresentanza linguistica, ma decide anche sulla base dell’affiliazione politica: in pratica, ogni partito maggiore si vede assegnata una quota di giudici più o meno corrispondente al suo peso in Parlamento. Non vi sono di fatto giudici federali che non siano affiliati a un partito – l’ultimo caso risale al 1942 – e pur senza essere legalmente tenuto a farlo, ciascuno di loro versa una ‘tassa di mandato’ al partito di riferimento (vedi box), che spesso ammonta a diverse migliaia di franchi all’anno e serve a compensare in parte l’assenza di finanziamento diretto dello Stato ai partiti.

Cosa propone l’iniziativa?

L’iniziativa propone di cambiare completamente il meccanismo di selezione dei giudici federali, sottraendolo al voto del Parlamento. In pratica, una commissione peritale autonoma nominata dal Consiglio federale – con mandati non rinnovabili di dodici anni assegnati a persone “indipendenti da autorità e da organizzazioni politiche” – sarebbe chiamata a scremare le candidature ricevute, trattenendo solo quelle idonee. Oltre a quello della rappresentanza linguistica, starà al legislatore stabilire concretamente i criteri di idoneità che la commissione dovrà poi applicare. In seguito, dal ‘mazzo’ delle candidature giudicate idonee verrebbero estratti a sorte i nomi dei futuri giudici. Inoltre costoro non dovrebbero più affrontare una rielezione ogni sei anni, ma potrebbero rimanere continuativamente in carica fino a cinque anni oltre la normale età di pensionamento (quindi, a oggi, fino ai 70 anni). Sarebbe comunque possibile per il Parlamento destituire giudici in caso di gravi violazioni dei doveri d’ufficio o di perdita della capacità di esercitare la propria funzione, ad esempio per malattia.

Quali sono gli argomenti degli iniziativisti?

  • Superare le pressioni politiche. Di fatto, oggi sono i partiti che attraverso i loro rappresentanti in Parlamento decidono chi diventerà giudice. Al di là della tassa di mandato – un unicum a livello mondiale e per alcuni una sorta di obolo versato al partito di riferimento per grazia ricevuta –, l’affiliazione ai partiti metterebbe a rischio l’indipendenza di giudizio, specie su quelle sentenze destinate a ‘far precedente’ modificando le politiche di applicazione della legge. La pressione dei partiti – con la conseguente presunta tendenza a non pestar loro i piedi al momento della sentenza – sarebbe ulteriormente rafforzata dalla prospettiva di dover affrontare una rielezione ogni sei anni: un caso che fece molto rumore fu quello del giudice in quota Udc Yves Donzallaz, che il partito minacciò di non rieleggere perché aveva autorizzato la cessione di dati bancari alla Francia (fu poi comunque riconfermato). Infine, se è vero che solo il 5% della popolazione svizzera è affiliata a un partito, si rischierebbe di escludere dalla corte una gran parte di candidati molto qualificati e rappresentativi di diverse sensibilità popolari, ma senza ‘santi in Paradiso’.
  • Promuovere la giustizia. L’iniziativa aprirebbe a tutti i giuristi la possibilità di candidatura: “I partiti”, si legge nell’opuscolo informativo, “non possono più mettere in vendita i mandati né i giudici comprarli”. Il ricorso a una commissione indipendente per scegliere i candidati garantirebbe un esame di idoneità imparziale e il sorteggio finale escluderebbe lo zampino di interessi particolari. Inoltre il sorteggio qualificato consentirebbe agli esclusi future candidature “senza perdere la faccia” e la diversità linguistica verrebbe comunque garantita tra i criteri di selezione. I giudici si sentirebbero più liberi di agire senza le forche caudine della rielezione e il legislativo potrebbe comunque intervenire con la destituzione in caso di gravi violazioni dei doveri d’ufficio.

Quali sono gli argomenti dei contrari?

  • Una lotteria irresponsabile. Per quanto qualificato, il sorteggio sottrarrebbe la scelta della corte alla responsabilità e alla trasparenza del Parlamento democraticamente eletto, affidandola invece al caso e minando dunque la legittimazione dei giudici. Il sistema non consentirebbe di scegliere davvero i giudici più idonei: anche tra quelli scelti per l’estrazione vi potrebbero essere significative differenze. Quello del sorteggio è definito “un elemento estraneo al nostro ordinamento giuridico”, giudicato già ben funzionante.
  • Un colpo alla rappresentanza. Il criterio delle quote partitiche servirebbe a rappresentare tutte le sensibilità sociali intrinseche al Paese, cosa che favorirebbe l’accettazione della giurisprudenza da parte della popolazione. Genere, età, origine dei candidati sarebbero già soppesati meglio di quanto non si possa fare con un sorteggio. Secondo i contrari, se l’iniziativa fosse approvata “per anni potrebbe crearsi un disequilibrio nella rappresentanza di determinati partiti, valori, regioni o persone di un dato sesso in seno al Tribunale federale”.
  • Appartenenza=trasparenza. L’affiliazione partitica garantirebbe “trasparenza in merito all’orientamento politico di ciascun giudice”. La rottura del legame coi partiti non garantirebbe comunque maggiore indipendenza da idee, valori, sensibilità che plasmano giocoforza in maniera differente la visione di ciascuno, con o senza tessera di partito.
  • Giudici già indipendenti. Il timore che le sentenze siano dirottate dalla volontà di evitare scontri coi partiti di riferimento sarebbe ingiustificato. Secondo le ragioni del no contenute nell’opuscolo informativo, “all’atto pratico i giudici federali decidono in maniera indipendente. Il principio dell’indipendenza dei giudici è inoltre sancito nella Costituzione federale. Del resto, ad oggi il Parlamento non si è mai rifiutato di rieleggere un giudice a causa di una sentenza”. Solo due giudici non sono stati rieletti dal 1874, entrambi per mancato rispetto dei limiti di età.

Chi è a favore dell’iniziativa?

Il comitato promotore è costituito da esponenti della società civile: giuristi, politologi, economisti, imprenditori, ingegneri, docenti e qualche politico locale. L’iniziativa è stata lanciata dall’imprenditore Adrian Gasser. A livello partitico, una delle poche organizzazioni ufficialmente favorevoli è la Gioventù socialista ticinese.

Chi è contrario all’iniziativa?

La proposta di modifica legislativa è stata respinta da tutti i partiti in Parlamento, con un solo voto favorevole e senza proporre un controprogetto, anche se alcuni aspetti contenuti nel testo sono in fase di discussione separata: in particolare è pendente un’iniziativa Plr per vietare il versamento della tassa di mandato, molto criticata anche dall’organo anticorruzione del Consiglio d’Europa. In passato è circolata anche la proposta di introdurre la rielezione automatica in assenza di particolari impedimenti. È contrario all’iniziativa sulla giustizia anche il Consiglio federale.

In quali altri Paesi si applicano procedure simili?

Non ci sono esempi analoghi di sorteggio all’estero. L’unico caso in Svizzera è quello previsto nella remota ipotesi di ricusazione di un’intera giuria federale, occorrenza alla quale si ovvierebbe pescando tra i giudici cantonali i nomi dei sostituti. D’altro canto, in molti Paesi – ad esempio la Francia – la carriera dei giudici è svincolata dall’approvazione del legislativo e dell’esecutivo. Altrove si riscontrano sistemi ibridi, come quello tedesco e quello italiano: per la Corte costituzionale, quest’ultimo lascia un terzo delle nomine al Parlamento, un terzo al Presidente della Repubblica e un terzo agli organi della stessa magistratura. In alcuni Paesi vige il divieto di affiliazione partitica. Nei Paesi anglosassoni la nomina è normalmente affidata solo a commissioni di esperti e non al parlamento e alle sue commissioni. Quanto alla durata della carica: gli Usa nominano a vita i giudici della Corte suprema, mentre il mandato alla Corte europea dei diritti umani è di nove anni.

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