Svizzera

Zurigo è a rischio bolla immobiliare

Lo rivela un’analisi di Ubs. Il mercato si è surriscaldato e i volumi offerti sono crollati a un minimo storico

(Keystone)
13 ottobre 2021
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Zurigo si trova fra le città mondiali a rischio bolla immobiliare e tra la metà del 2020 e la metà di quest’anno la situazione è ulteriormente peggiorata, secondo un’analisi di Ubs.

Il mercato si è surriscaldato e i volumi offerti sono crollati a un minimo storico, affermano gli specialisti della banca in un comunicato odierno. In particolare gli acquirenti rischiano di pagare prezzi eccessivi rispetto ad altre regioni svizzere, poiché le aspettative di un aumento dei prezzi sono profondamente radicate. Inoltre l’agglomerato sulla Limmat presenta il rapporto prezzo/locazione più elevato tra tutte le città internazionali analizzate e questo rende il mercato molto vulnerabile a eventuali picchi dei tassi di interesse.

Gli economisti della seconda banca elvetica hanno calcolato un indice, l’Ubs Global Real Estate Bubble Index, che inserisce Zurigo a 1,83 punti, cioè nella zona a rischio, che va da 1,5. L’altra città elvetica analizzata, Ginevra, ha invece un punteggio di 1,18: i prezzi sono cioè sopravvalutati (fascia da 0,5 a 1,5).

Nella città di Calvino i prezzi hanno raggiunto un massimo storico, sorpassando il precedente picco del 2013. Poiché il mercato delle locazioni è estremamente regolamentato e gli affitti sono gonfiati dall’inflazione la proprietà immobiliare rimane però ancora interessante, sostenuta da tassi ipotecari a minimi storici.

Stando agli esperti di Ubs in entrambe le località elvetiche non è comunque da prevedere a medio termine un’ampia correzione di mercato: Ginevra continua a beneficiare dalla sua relativa stabilità e dallo status internazionale, mentre Zurigo rimane estremamente interessante come luogo adatto alle aziende e sta beneficiando della solida crescita dell’occupazione. “Nel lungo termine, tuttavia, è necessario essere cauti per entrambe le città”, scrivono gli specialisti. Se i tassi d’interesse dovessero registrare una tendenza superiore e la crescita della domanda dovesse spostarsi verso i sobborghi e le periferie a causa della bassa accessibilità nei centri città, i prezzi attuali gonfiati dall’inflazione potrebbero non essere sostenibili.

A livello internazionale Francoforte (punteggio di 2,16), Toronto (2,02) e Hong Kong (+1,90) mostrano i livelli di rischio più elevati. Il pericolo di una bolla è sostenuto anche a Monaco di Baviera, Vancouver, Stoccolma, Amsterdam e Parigi. Tutte le città statunitensi prese in esame si trovano invece in un territorio di sopravvalutazione. Gli squilibri nel mercato immobiliare sono elevati anche a Tokyo, Sydney, Londra, Mosca, Tel Aviv e Singapore, mentre Madrid, Milano e Varsavia presentano ancora valutazioni eque. Dubai è l’unico mercato sottovalutato e l’unica città classificata in una categoria inferiore rispetto allo scorso anno.

Da metà 2020 a metà 2021 la crescita dei prezzi immobiliari ha subito un’accelerazione a livello globale: in media la progressione si è assestata al 6% in termini rettificati per l’inflazione. Solo quattro città (Milano, Parigi, New York e San Francisco) non hanno visto un aumento dei loro prezzi. “La pandemia da coronavirus ha relegato molte persone nelle proprie case, amplificando l’importanza dello spazio abitabile e portando a una maggiore disponibilità di pagamento per gli alloggi”, afferma l’esperto di Ubs Claudio Saputelli, citato nel comunicato.

Attualmente il basso costo della proprietà di abitazione rispetto alla locazione, unitamente all’aspettativa di prezzi immobiliari in costante crescita, rende la proprietà immobiliare apparentemente più interessante per le famiglie, indipendentemente dai livelli di prezzo e dall’effetto leva. Questa motivazione potrebbe mantenere i mercati dinamici per il momento. Le famiglie devono però prendere in prestito somme sempre maggiori di denaro per tenere il passo con il costo più elevato degli alloggi, mette in guardia Ubs.

Vi è un altro fenomeno interessante. La vita di città ne ha risentito notevolmente a causa dei lockdown: l’attività economica si è diffusa al di fuori dei centri città, verso i sobborghi (a volte distanti). Di conseguenza, per la prima volta dai primi anni 90, i prezzi degli immobili in aree non urbane sono aumentati più velocemente di quanto abbiano fatto nelle città.

Sebbene alcuni effetti possano essere transitori, secondo Ubs questa inversione indebolisce la tesi dell’apprezzamento dei prezzi immobiliari quasi garantito nei centri città. L’impatto di questo spostamento di domanda sarà probabilmente ancora più marcato nelle regioni con popolazione in stagnazione o persino in diminuzione, come ad esempio l’Europa. “Un lungo periodo di magra per i mercati immobiliari delle città appare sempre più probabile, anche se i tassi d’interesse rimangono bassi”, afferma un altro specialista di Ubs, Matthias Holzhey, pure citato nella nota.

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