Svizzera

I Tibetani chiedono a Berna di agire nei confronti di Pechino

Le organizzazioni tibetane in Svizzera criticano la strategia del Consiglio federale sulla Cina e chiedono azioni concrete al di là delle dichiarazioni

Manifestanti tibetani in protesta alcuni giorni fa davanti al palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra (Keystone)
23 marzo 2021
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Le organizzazioni tibetane in Svizzera sono disilluse dalla strategia del Consiglio federale nei confronti della Cina: non sono previste azioni concrete e ci sono solo parole non vincolanti. Ma le parole non hanno mai impedito alla Cina di compiere repressioni, scrivono in un comunicato odierno.

Una tale passività da parte della Svizzera incoraggia i dirigenti cinesi ad "agire con sempre maggiore audacia", si legge in una dichiarazione rilasciata oggi dalla Società di Amicizia Svizzera-Tibetana, dalla Comunità Tibetana in Svizzera, dall'Organizzazione delle Donne Tibetane in Svizzera e dall'Associazione dei Giovani Tibetani in Europa.

Lo conferma - notano - anche la reazione di ieri dell'ambasciatore cinese a Berna, che ha criticato aspramente la strategia ufficiale della Confederazione nei confronti di Pechino per il periodo 2021-2024 e accusato la Svizzera di interferire negli affari interni della Cina.

Le quattro organizzazioni chiedono perché non vengano imposti blocchi di conti bancari o divieti di ingresso ai protagonisti "dell'apparato repressivo" cinese. L'UE, che per la prima volta in più di 30 anni ieri ha imposto sanzioni contro la Cina per le violazioni dei diritti umani, ha preso le "giuste decisioni" a questo proposito, afferma la dichiarazione odierna.

La Segreteria di Stato dell'economia (SECO) ieri ha precisato che è attualmente all'esame un'eventuale adozione delle misure punitive europee contro i responsabili dell'oppressione degli Uiguri.

Nella strategia pubblicata venerdì, il Consiglio federale si limita ad affermare che la questione dei diritti umani in Cina deve essere "affrontata concretamente" e con un "dialogo critico costruttivo". Ma le parole non sono sufficienti, scrivono le organizzazioni tibetane.

L'aumento delle violazioni dei diritti umani e il comportamento sempre più "arrogante e aggressivo" della leadership comunista cinese sono ben noti - aggiungono. Da lungo tempo i tibetani in Svizzera sono spiati e soggetti a intimidazioni, ma finora non è stata intrapresa alcuna azione per contrastare questo fenomeno. "Parlare" non ha mai impedito alla Cina di intensificare la repressione interna contro l'opposizione o di aumentare la sorveglianza e la repressione degli oppositori e dei gruppi etnici - concludono le quattro organizzazioni.
 
 

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