Svizzera

‘Reinsediare è meglio che trasferire chi viene salvato in mare’

Tre petizioni chiedono al Consiglio federale di accogliere molti più profughi dalle isole greche. Il professor Alberto Achermann condivide l'approccio.

Il campo d'accoglienza per pofughi di Moria, sull'isola greca di Lesbos, in una fotografia dello scorso gennaio
(Keystone)
24 giugno 2020
|

Evacuazione dei campi profughi nelle isole greche e accoglienza del maggior numero possibile di rifugiati in Svizzera. È quanto chiedono circa 50mila persone e 130 organizzazioni con tre petizioni consegnate oggi al Consiglio federale, invitato anche ad impegnarsi a livello europeo per una riforma del 'sistema Dublino'. 'laRegione' ne ha parlato con Alberto Achermann, professore di diritto delle migrazioni all'Università di Berna e già presidente della Commissione nazionale per la prevenzione della tortura.

Professore, la richiesta è legittima a suo parere?

Nutro gran simpatia per questa richiesta. Il reinsediamento di queste persone in un paese terzo è a mio avviso una misura più sensata della ripartizione automatica tra i paesi europei dei profughi salvati in mare. Sulle isole greche - dove sono approdati molti siriani o persone provenienti da paesi in guerra - è relativamente facile capire chi ha buone chance di ottenere una qualche forma di protezione internazionale (asilo, ammissione provvisoria, ecc., ndr) e chi no. Al contrario, un buon numero di persone salvate nel Mediterraneo provengono da paesi per i quali il tasso di riconoscimento dell'asilo è nullo o quasi: ha senso trasferirli da un porto in Italia in un altro paese, dove pochi giorni dopo riceveranno una risposta negativa alla loro richiesta d'asilo e dovranno essere rinviati in Italia? L'accoglienza e la ripartizione dei profughi dalle isole greche è una misura molto migliore. Contribuirebbe a lanciare un segnale di solidarietà da parte dell'Europa; allo stesso tempo, sgraverebbe la Grecia e magari un domani anche altri Stati che accolgono molti profughi provenienti da paesi in guerra.

Le Ong chiedono anche al Consiglio federale di impegnarsi a livello europeo a favore di una riforma del sistema Dublino. Una riforma immaginabile in tempi brevi?

Siamo al regolamento Dublino III e ormai si parla di un Dublino IV... Ma anche la prossima, eventuale riforma si farà verosimilmente secondo il modello di tutte le revisioni succedutesi negli anni. Il meccanismo (basato sul principio che responsabile dell'esame della domanda d'asilo è il primo paese nel quale il richiedente ha messo piede, ndr) non subirà alcun cambiamento fondamentale, perché gli Stati che ne approfittano non hanno interesse a cambiare le regole del gioco. La grande questione aperta resta quella della ripartizione del 'fardello', o meglio: della suddivisione delle responsabilità tra i paesi europei. All'orizzonte non si intravedono progressi significativi in questa direzione.

La crisi dell'accoglienza sulle isole greche è una conseguenza prevedibile del sistema Dublino, scrive Amnesty International. È d'accordo?

È innegabile: il 'sistema Dublino' comporta un onere gravoso e iniquo per i paesi alle frontiere esterne dell'Europa. Del resto, non lo affermano soltanto le organizzazioni non governative. Anche le autorità greche, italiane e spagnole dicono che il sistema è ingiusto.

Le organizzazioni non governative affermano che la Svizzera è il paese che applica con maggior rigidità il regolamento Dublino. È così?

Difficile dirlo. I fattori da tenere in considerazione sono troppi perché lo si possa sostenere in maniera così netta. Tuttavia, quel che si può affermare - sulla base dei dati statistici a disposizione - è che la Svizzera ha una prassi rigorosa in quest'ambito e che la Confederazione è di gran lunga il paese che trasferisce più 'casi Dublino' verso gli altri paesi.

La Svizzera potrebbe applicare in modo più flessibile il regolamento Dublino?

Sì. Ogni Stato firmatario ha un margine di manovra. Può decidere di ricorrere alla cosiddetta clausola di sovranità per ragioni umanitarie (permette a uno Stato di rinunciare al trasferimento di un richiedente verso il paese responsabile dell'esame della domanda, ndr), dimostrandosi così più generoso. Non dispongo però di dati recenti sull'effettiva attivazione di questa clausola da parte della Segreteria di Stato della migrazione (stando alle organizzazioni non governative, che citano cifre ufficiali, la Sem l'ha applicata a 7'632 persone dal 2014: in circa 7’300 occasioni s’è trattato però di ‘casi Dublino’ che, causa sospensione dei rinvii ordinata dai tribunali, non hanno potuto essere trasferiti in Grecia, Ungheria e Italia, ndr).).

Come valuta la situazione attuale nei campi d'accoglienza sulle isole greche?

La Grecia ha sì un numero relativamente elevato di domande d'asilo, ma anche un'amministrazione che non è certo delle più efficienti, una procedura d'asilo assai farraginosa, incredibilmente complicata, e condizioni di accoglienza miserabili dei richiedenti asilo. Particolarmente problematica è la situazione nei campi profughi sulle isole, anche se la Grecia ha ricevuto molti soldi per migliorarla. Credo che questa crisi, almeno in parte, sia intrattenuta consapevolmente allo scopo di spaventare e dissuadere i richiedenti. Non capisco altrimenti come un paese che ha organizzato Giochi olimpici per decine di migliaia di sportivi e milioni di spettatori non sia in grado di alloggiare correttamente 30-40mila richiedenti asilo.

La colpa non è solo della Grecia, però. 

Certo. Il sistema Dublino, come dicevamo prima, ha la sua parte di responsabilità. E poi bisogna tener conto della collocazione geografica del paese, così come dell'elevato numero di domande d'asilo. Tuttavia, per molti anni la Grecia non ha avuto un numero pro capite di richiedenti d'asilo maggiore di quello di altri paesi europei. Solo negli ultimi due anni si è osservato un forte aumento.

 

'La Svizzera deve agire'

Evacuazione dei campi profughi nelle isole greche e accoglienza del maggior numero possibile di rifugiati in Svizzera: è quanto chiedono circa 50'000 persone e 130 organizzazioni con tre petizioni consegnate oggi al Consiglio federale.

Le petizioni - si legge in un comunicato - esortano la Svizzera ad impegnarsi per la protezione di queste persone minacciate e per una riforma dell'accordo di Dublino. Le tre analoghe petizioni sono state promosse da "Evacuare ora", un'alleanza di 130 organizzazioni, da Amnesty International e dalla rete migrationscharta.ch.

Le organizzazioni lamentano che la situazione per le persone bloccate nelle isole greche è stata drasticamente aggravata nelle ultime settimane dalle tensioni sul confine turco-greco e dal coronavirus. Migliaia di rifugiati - si legge - sono rinchiusi in campi completamente isolati e sovraffollati, in condizioni umanitarie e sanitarie disastrose.

"Finora la Svizzera ha accolto solo 23 minorenni non accompagnati. Questo è del tutto inadeguato e non soddisfa le esigenze di protezione di migliaia di persone vulnerabili", dichiara, citata nella nota, Alexandra Karle, direttrice della sezione svizzera di Amnesty International.

I firmatari criticano il fatto che la Svizzera è stata finora praticamente inattiva e, come membro del sistema Dublino, impedisce l'entrata alla maggior parte dei rifugiati. Sempre in nome dell'accordo di Dublino, la Svizzera rimpatria sistematicamente i richiedenti l'asilo che sono stati registrati per la prima volta in un altro Paese.

Le petizioni esortano perciò la Svizzera a sostenere una riforma dell'accordo di Dublino a livello europeo e a partecipare alla creazione di un sistema di solidarietà nella distribuzione dei rifugiati.

 

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE