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Coronavirus e debito pubblico, 'nessun motivo di allarme'

A colloquio con Cédric Tille, professore di economia all'Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo a Ginevra.

Keystone
19 maggio 2020
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Professor Tille, 66 miliardi di franchi: l'intervento della Confederazione a favore dell'economia è consistente. Basterà?

Le modalità del sostegno andranno affinate. Una parte dei 40 miliardi destinati ai crediti alle imprese garantiti dalla Confederazione non potrà essere rimborsata. E se a termine la Confederazione dovrà farsene carico, è preferibile che lo faccia non una volta le aziende fallite, ma prima. Inoltre, il sostegno ad alcuni settori dovrebbe essere prolungato. Penso in particolare a quello della ristorazione: molti bar e ristoranti hanno riaperto a mezzo servizio, si tratta di riflettere attorno alle possibilità di continuare ad aiutarli per sei mesi, un anno, magari anche attraverso prestiti a fondo perduto. Credo che serviranno misure supplementari e che alla fine bisognerà andare oltre i 66 miliardi attuali.

Dei 40 miliardi di crediti a disposizione delle imprese, finora ne sono stati distribuiti soltanto 15. Cosa significa?

Mi sorprende molto. Significa che alle piccole e medie imprese non va poi così male? Da quanto posso constatare, non è così: la situazione è delicata per molte Pmi e molti indipendenti. L'impressione è piuttosto che i titolari di queste aziende preferiscano non domandare questi crediti perché non vogliono indebitarsi. Ci si potrebbe chiedere se, a dipendenza della forma giuridica dell'azienda, fare fallimento con un debito non sia ancora più difficile che fare fallimento subito, 'semplicemente' a causa di una contingente mancanza di liquidità, senza rischiare ulteriori conseguenze. La Confederazione potrebbe dire alle aziende: 'se fate fallimento malgrado i soldi che vi abbiamo dato, noi ci limitiamo a garantire il prestito alla banca e nei vostri confronti rinunciamo a un attestato di carenza beni per l'ammontare del credito in questione'. In questo modo gli imprenditori potrebbero essere più inclini a far capo a questi aiuti.

Lo Stato potrebbe anche accelerare i progetti di infrastruttura già approvati, ha dichiarato il ministro dell'economia Guy Parmelin alla 'Nzz am Sonntag'. È sufficiente?

L'idea va nella giusta direzione. Per lo Stato non comporterebbe spese supplementari. Si tratterebbe solo di fare più velocemente quel che in ogni modo va fatto. Però non sono convinto che sia sufficiente. D'accordo l'edilizia, ma altri settori - penso in particolare ai servizi - sono fortemente penalizzati dalla crisi. La garanzia dei prestiti Covid è una forma di sostegno più ampia, che trovo opportuna e che dovrebbe eventualmente essere estesa. A mio avviso la questione, nei mesi a venire, sarà la seguente: incoraggiare le imprese a utilizzare i crediti, e stabilire delle regole - secondo criteri da definire - che permettano a quelle che li ricevono di non rimborsarli integralmente. Perché mi sorprenderebbe molto se tutte le aziende rimborsassero i prestiti...

Il debito pubblico della Confederazione lieviterà quest'anno di decine di miliardi di franchi; ci potrebbero volere 25 anni per ridurlo, ha indicato il ministro delle finanze Ueli Maurer. La prospettiva deve preoccuparci?

Assolutamente no. Questa inquietudine non deve paralizzarci. La Confederazione ha un debito pubblico molto - oserei quasi dire troppo... - debole. Il debito aumenterà, sì. Ma continuerà a restare molto basso nel confronto internazionale. Possiamo tranquillamente attendere 25 anni, lasciando che si diluisca pian piano in questo lasso di tempo. Non c'è alcun bisogno di rimborsarlo. L'importante è che non aumenti di anno in anno e che rimanga stabile rispetto al Prodotto interno lordo (attualmente in Svizzera è al 13% del Pil; a titolo di paragone, a fine 2018 quelli della Germania e dell'Italia erano rispettivamente al 61% e al 132%, ndr). Ammettiamo che adesso questo salga dal 13% al 25% (per effetto degli aiuti Covid, ndr). Ebbene, il fatto che l'economia continuerà a crescere, farà sì che automaticamente il debito pubblico si ridurrà rispetto al Pil. Non bisogna far altro che lasciar passare il tempo. Ricordiamoci che lo Stato non è una famiglia: se io faccio un debito, lo devo rimborsare perché non vivrò in eterno; lo Stato invece no. Storicamente, il Regno Unito e gli Stati Uniti - usciti con un enorme debito dalla Seconda guerra mondiale - non hanno mai rimborsato. Hanno semplicemente atteso - al prezzo di un po' d'inflazione, è vero - che la crescita economica abbassasse il debito pubblico rispetto al Pil.

La Segreteria di Stato dell'economia (Seco) pronostica un calo del Pil del 7% circa quest'anno e solo una moderata ripresa nel 2021; 'Fmi parla della peggior recessione dalla Grande Depressione degli anni 30. Parlare di crescita dell'economia non è azzardato in questo momento?

Ogni previsione va letta con cautela. L'Fmi e la Seco dicono che il 2021 l'economia riprenderà a crescere, ma che non avremo recuperato tutto il ritardo accumulato quest'anno. Ci vorranno almeno due o tre anni per tornare ai tassi di crescita che avevamo prima della pandemia. Per quanto riguarda il debito pubblico rispetto al Pil, quello che conta però è la crescita media su vent'anni. Non saranno quindi due o tre anni cattivi per l'economia che peggioreranno le prospettive del debito a lungo termine. Questo si stabilizzerà comunque rispetto al Prodotto interno lordo. Anzi, probabilmente diminuirà: con l'economia in crescita, e tanto più con tassi d'interesse vicini allo zero, o addirittura negativi, il rapporto debito pubblico/Pil continuerà a diminuire. Sono molto fiducioso a lungo termine. La Svizzera potrà facilmente assorbire un aumento anche consistente del debito pubblico in termini assoluti.

A medio termine, le spese straordinarie potrebbero dover essere compensate dal bilancio ordinario, ha affermato Ueli Maurer. Dobbiamo aspettarci tra qualche anno massicci tagli alla spesa pubblica?

Se arriveranno, sarà per una precisa scelta, non per fatalità. Il tasso d'interesse sul debito pubblico in Svizzera è più basso della crescita: la Confederazione è un attivo talmente sicuro che gli investitori privati - pur di mettere i loro soldi al riparo - sono pronti ad accettare un rendimento molto, molto debole. In una simile situazione, se a causa degli aiuti statali il debito pubblico aumenta una tantum, come sarà il caso quest'anno, non c'è alcun bisogno di rimborsarlo con delle eccedenze di bilancio in futuro. L'importante è che i tassi d'interesse (che tendono a far lievitare il debito) siano più bassi del tasso di crescita dell'economia (che invece si riflette nel Pil). È quel che avviene attualmente in Svizzera, dove i tassi sono addirittura negativi e l'economia perciò cresce più rapidamente, spingendo automaticamente verso il basso il rapporto debito/Pil.

Dal 2006 il bilancio della Confederazione s'è praticamente sempre chiuso con eccedenze miliardarie. E grazie al freno all'indebitamento, il debito pubblico è stato ridotto. Un suo allentamento non è un'opzione, dicono Maurer e gli economisti 'ortodossi'. Hanno ragione?

Rispettare il freno all'indebitamento? In modo provocatorio direi: d'accordo, visto che sono 10 anni che non viene rispettato. Il 'freno' vorrebbe che il debito venga stabilizzato. Ebbene, da più di un decennio viene invece ridotto massicciamente attraverso eccedenze di bilancio sistematiche. Inoltre: si continua ad affermare che bisogna stabilizzare o ridurre il debito in franchi. Non sono d'accordo. Bisogna invece stabilizzarlo in rapporto al Pil, facendo in modo che non aumenti più rapidamente di quest'ultimo. La politica dovrebbe discutere dell'opportunità di esplicitare un obiettivo di stabilizzazione a lungo termine espresso non come valore assoluto (in franchi, ndr), bensì come rapporto tra debito e Pil. Solo così si potrà poi attivare un freno all'indebitamento in maniera simmetrica, e non asimmetrica com'è stato fatto negli ultimi 10 anni.

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