Svizzera

Frontiera (parzialmente) chiusa? Opzione sul tavolo

Il Consiglio federale va avanti per la sua strada. Ma non esclude ulteriori misure. Sigillati nove valichi minori fra Ticino e Italia.

Simonetta Sommaruga (di spalle)
(Keystone)
11 marzo 2020
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"Non facciamo confusione", ha tagliato corto Christian Bock, direttore dell'Amministrazione federale delle dogane (Afd). La chiusura di nove piccoli valichi tra Ticino e Italia - annunciata ieri mattina in una conferenza stampa a Berna - "non è una chiusura parziale della frontiera, ma una misura tecnica che serve a incanalare il flusso dei frontalieri verso i grandi valichi di confine". "Da un punto di vista prettamente epidemiologico, non ha senso chiudere le frontiere. Il virus è già qui: il ridotto nazionale contro di esso non funziona", gli ha fatto eco Patrick Mathys dell'Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp). Insomma: le cifre impressionano (645 casi positivi al test, 154 più di martedì, di cui 128 confermati in Ticino; quattro morti in tutto il Paese); alcuni parlamentari ticinesi chiedono la chiusura parziale della frontiera con l'Italia; lo stesso fanno vari specialisti (come il dottor Andreas Cerny, direttore dell’Epatocentro Ticino e medico alla Clinica Moncucco); il Consiglio di Stato ticinese tira in ballo la Legge sulle epidemie, invocando tra l'altro controlli sanitari alla frontiera. E cosa risponde il Consiglio federale? No.

'No' per ora. Le cose potrebbero infatti cambiare. Anche presto. A seconda degli sviluppi, la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga non ha escluso l'adozione di provvedimenti inizialmente non previsti. La chiusura delle frontiere? Fa parte delle misure discusse in un incontro con la Deputazione ticinese (vedi sotto), ha affermato. Per "molto speciale e molto difficile" che sia la situazione in Ticino, nessuna decisione al riguardo è stata presa. Le misure devono avere un effetto e la protezione della popolazione ha la massima priorità, ha puntualizzato la consigliera federale. I controlli sanitari alla frontiera (obbligo di presentare un certificato medico, sottoporsi a visite mediche, ecc.)? "Analizziamo la situazione con i colleghi ticinesi. È una possibilità che lasciamo aperta", ha detto Patrick Mathys. L'Afd sarebbe pronta ad effettuarli, ha assicurato Bock. L'ordine però lo dove dare l'Ufficio federale della sanità pubblica. E questo non è ancora arrivato.

Quindi: barriere chiuse da subito in nove piccole dogane in Ticino (nei Grigioni e in Vallese si vedrà). Sono i valichi di Pedrinate, Ponte Faloppia, Novazzano Marcetto, San Pietro di Stabio, Ligornetto Cantinetta, Arzo, Ponte Cremenaga, Cassinone e Indemini. Bock ha spiegato che al confine con l'Italia vengono controllate le persone in entrata. si chiede loro il motivo del viaggio in Svizzera. Se la trasferta è effettuata per ragioni non lavorative, viene loro suggerito di tornare in Italia. Il problema: non sussiste alcun obbligo. Al momento manca infatti la base legale. Non manca invece il personale. Almeno per il momento. La cosa potrebbe complicarsi se tutto dovesse durare troppo a lungo, ha detto ancora Bock.

'Proteggere le persone vulnerabili'

Patrick Mathys, ha dal canto suo sottolineato che vanno protette in particolare le persone vulnerabili. Le regole igieniche, ha affermato, sono molto importanti. In caso di sintomi le persone non a rischio non devono correre dal medico e, anzi, provvedere ad un auto-isolamento a casa. Se la situazione dovesse peggiorare, possono consultare il medico in primo luogo per telefono. Un auto-quarantena di cinque giorni è consigliata anche se si è entrati in contatto con un malato confermato di coronavirus. 

Non bisogna sottovalutare la situazione, ha proseguito Mathys, poiché si registrano casi gravi e si dovrà contare con ulteriori decessi. Da un punto di vista epidemiologico il divieto delle grandi manifestazioni per rallentare la diffusione del virus "ha senso", ha affermato il funzionario. Il Consiglio federale dovrebbe decidere venerdì di prorogare la misura in vigore per il momento fino al 15 marzo. 

Faccia a faccia Deputazione/governo

Quasi un'ora di discussione, con ben tre consiglieri federali: la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga, il responsabile del dipartimento dell'interno (per l'aspetto sanitario) Alain Berset e quello del dipartimento finanze (dogane) Ueli Maurer. L'incontro si è tenuto su richiesta della Deputazione ticinese (Dt) alle Camere federali. Un faccia a faccia positivo e costruttivo, ha detto al termine ai media Simonetta Sommaruga. Si stanno prendendo in considerazione ulteriori misure, che saranno continuamente adattate. 

A nome della Dt, la presidente Marina Carobbio esprime "soddisfazione per la discussione aperta sui problemi del Ticino". Alla 'Regione' la consigliera agli stati socialista precisa che "tutte le misure vengono valutate attentamente". Carobbio ha riscontrato "grande attenzione e consapevolezza" nei tre consiglieri federali, la cui priorità è "la tutela della salute della popolazione". In questo senso, di primaria importanza è che "il settore sanitario ticinese e svizzero continui a funzionare bene". Soddisfatta pure Greta Gysin. La consigliera nazionale dei Verdi parla di un incontro "utile", con "metà del Consiglio federale" (a riprova del fatto che "il governo è consapevole della situazione del Ticino"). "Abbiamo potuto portare le nostre preoccupazioni e capire quali sono i prossimi passi che si potrebbe dover intraprendere".

Il consigliere nazionale Alex Farinelli (Plr) conferma: "C'è grandissima attenzione da parte del Consiglio federale. Nessuna misura viene esclusa, di ognuna si valutano i pro e i contro, nell'interesse della salute della popolazione e del settore sanitario." "Partiamo dal presupposto che l'epidemia durerà mesi, per cui tutte le misure adottate vanno ben ponderate, affinché non vadano sprecate risorse che sono limitate". Anche per Fabio Regazzi (Ppd) il Consiglio federale è "sensibile e cosciente della gravità della situazione in Ticino". L'esecutivo legge però la situazione "in modo diverso" rispetto a chi invoca una chiusura più o meno rigida delle frontiere. "Il governo segue la sua linea e non vuole lasciarsi condizionare da pressioni esterne." Il consigliere nazionale di Gordola è del parere che "qualsiasi decisione verrà presa, dovrà essere comunicata in modo chiaro alla popolazione, spiegano le ragioni a favore e quelle contrarie a l'una o l'altra misura".

Delusione e perplessità

Netto invece il giudizio del consigliere nazionale Piero Marchesi (Udc): "Sono deluso dall'approccio del Consiglio federale, che sottovaluta la questione delle frontiere." Il suo collega di partito Marco Chiesa abbonda nello stesso senso: "Constato che le misure da noi richieste, ovvero una ragionevole chiusura della frontiera, fanno fatica ad arrivare. Tra qualche giorno sarà già troppo tardi e saranno quindi del tutto inutili. È una strategia che non condivido. Come tutti gli altri ticinesi, anch'io vedo che altri Paesi hanno più coraggio". In una mozione depositata lunedì, il consigliere agli stati ticinese aveva chiesto di limitare l’accesso al Ticino alle sole figure professionali indispensabili (ad esempio quelle legate al settore sociosanitario) e di invitarle a rimanervi a tempo indeterminato.

Il consigliere nazionale Marco Romano (Ppd) è favorevole a una chiusura dei confini, con eccezioni per il personale necessario, come le persone attive nella sanità o con responsabilità particolari nelle aziende. Pur esprimendo soddisfazione per il comportamento delle autorità nelle gestione della crisi, Romano ritiene che il Consiglio federale stia esponendo il Ticino a una situazione complicata e difficilmente comprensibile per la popolazione. "È difficile per i ticinesi, in particolare gli abitanti del Mendrisiotto, comprendere come mai i frontalieri non possano muoversi a casa loro, ma farlo praticamente a loro piacimento nel nostro Cantone", ha spiegato il deputato a Keystone-Ats.

Per quanto riguarda la chiusura, anche solo parziale, delle frontiere il consigliere nazionale Rocco Cattaneo (Plr) ha detto all'agenzia Keystone-Ats che si tratta sì di un'opzione, ma che sul tema è meglio lasciar decidere gli specialisti, evitando di pontificare, altrimenti si fa "solo confusione". L'idea di limitare le entrate dei frontalieri ai soli specialisti del settore sanitario potrebbe essere controproducente. L'Italia, se la situazione in questo Paese dovesse peggiorare, potrebbe addirittura trattenerli per far fronte ai propri problemi. 

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