Svizzera

Imprese responsabili, totale disaccordo sul controprogetto

Il Consiglio degli Stati mantiene il suo controprogetto senza clausola di responsabilità. La palla torna al Nazionale.

La consigliera federale Karin Keller-Sutter
(Keystone)
9 marzo 2020
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Non c'è accordo tra i due rami del Parlamento in merito al controprogetto da affiancare all'iniziativa popolare "per imprese responsabili". Con 35 voti contro 16, oggi il Consiglio degli Stati ha deciso di mantenere la sua controproposta bocciando quella elaborata dal Nazionale.

Con l'iniziativa, depositata il 10 ottobre 2016, si chiede che le imprese che hanno la loro sede in Svizzera debbano rispettare anche all'estero i diritti umani riconosciuti e le norme ambientali internazionali. Le imprese potranno inoltre essere chiamate a rispondere anche per gli atti delle aziende che controllano economicamente senza parteciparvi sul piano operativo.

Il controprogetto del Nazionale concerne invece solo le società più grandi (fatturato di oltre 80 milioni, utile di almeno 40 milioni e 500 dipendenti; devono essere soddisfatti almeno due di questi tre criteri) e limiterebbe la loro responsabilità civile alle loro filiali controllate direttamente. La proposta contiene anche una procedura di conciliazione obbligatoria tra le parti prima dell'avvio di una procedura penale.

Oggi il relatore commissionale Beat Rieder (Ppd/Vs) ha criticato quest'ultimo aspetto definendolo un "esercizio di alibi". La proposta del Nazionale non permette inoltre di escludere i doppi processi, ossia una causa in Svizzera e una nel Paese dove si è verificato il presunto danno.

Per la maggioranza, inoltre, il controprogetto del Nazionale contiene standard che non sono coordinati a livello internazionale. Ciò potrebbe avere conseguenze imprevedibili per l'economia svizzera: alcune aziende, ha sostenuto Rieder, potrebbero ritirarsi dai Paesi a rischio lasciando il campo ad altre con meno scrupoli, come già succede in Africa.

I "senatori" preferiscono quindi sostenere il controprogetto elaborato dal governo che si limita a chiedere alle multinazionali di riferire ogni anno sulla loro politica in materia di diritti umani e che contempla anche doveri di "diligenza" in materia di lavoro minorile ed estrazione di materie prime.

La Svizzera sarebbe uno dei primi Paesi al mondo a prevedere disposizioni per questi settori. I Paesi Bassi ne hanno previste per il lavoro minorile, ma non sono ancora in vigore. Per le risorse minerarie saremmo alla pari con quanto fa l'UE, ha aggiunto Rieder.

Una semplice rendiconto come chiesto dagli Stati è insufficiente, ha replicato Carlo Sommaruga (Ps/Ge): se le società elvetiche approfittano degli utili delle loro filiali all'estero, devono anche assumersi le responsabilità in caso di infrazioni. Ampie fasce della nostra popolazione ne hanno abbastanza di società che abusano della buona reputazione della Svizzera per perpetrare attività dannose per l'ambiente, immorali e disumane, ha aggiunto, invano, Mathias Zopfi (Verdi/Gl).

Il dossier torna ora al Consiglio nazionale. Se i due consigli non troveranno un compromesso entro la fine di questa sessione, l'iniziativa - la cui raccomandazione di voto, negativa, è già stata decisa - verrà sottoposta da sola a popolo e cantoni, verosimilmente in novembre.

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