Svizzera

Il bilancio dell'Osar: equità vittima della velocità

L’Aiuto svizzero ai rifugiati punta il dito contro la Segreteria di Stato della migrazione (Sem). Aumentato il tasso di successo dei ricorsi, ‘problemi di qualità’

Keystone
4 febbraio 2020
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Quasi tutte le organizzazioni svizzere di difesa dei rifugiati avevano dato il loro benestare alle nuove, celeri procedure d’asilo poi approvate dal popolo nel 2016 (cfr. sotto). Lo avevano fatto soprattutto perché la riforma – imperniata appunto sulle procedure velocizzate, grazie alle quali chi presenta domanda d’asilo sa più rapidamente se riceverà protezione o se dovrà lasciare il paese – conteneva un elemento da loro a lungo rivendicato: il gratuito patrocinio offerto ai richiedenti sin dal primo giorno in Svizzera. Oggi, quasi un anno dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema, l’Aiuto svizzero ai rifugiati (Osar) non si rimangia il suo sostegno. L’organizzazione critica però l’approccio della Segreteria di Stato della migrazione (Sem), rimproverandole di concentrarsi troppo sulla velocità a scapito di correttezza e qualità.

La Sem oggi non ha voluto prendere posizione. Da noi interpellata, rimanda a un incontro con i media che si terrà domani a Berna. Il direttore Mario Gattiker farà il punto della situazione. Un bilancio comunque già anticipato a grandi linee prima di Natale. In un’intervista alla ‘Nzz’, lo stesso Gattiker si era dichiarato “molto soddisfatto”, in particolare per l’accorciamento dei tempi necessari per prendere una decisione, l’aumento delle partenze volontarie e il basso numero di casi trattati nel quadro delle cosiddette procedure ampliate (leggi: più lunghe).
Proprio ciò che non piace all’Osar. Trentacinque giorni in media fino alla decisione di prima istanza nelle procedure Dublino, quasi il doppio di prima; e meno di 50 giorni nelle procedure accelerate. Una tale accelerazione – osserva l’organizzazione – è possibile perché, da un lato, i termini delle procedure sono stati raccorciati e, dall’altro, perché il margine di manovra del quale dispongono le autorità per l’esame individuale di ogni dossier non viene utilizzato. In una nota, l’Aiuto svizzero ai rifugiati deplora la “enorme pressione temporale”.
“La Sem è sotto pressione politica ed è troppo ambiziosa: qui sta il problema”, afferma la direttrice dell’Osar Miriam Behrens in una intervista uscita ieri sulla ‘Nzz’. In un’altra intervista a ‘Le Temps’, Behrens rincara la dose parlando di “diversi disfunzionamenti che rimettono in discussione lo scopo primario [delle nuove procedure, ndr]: garantire una procedura rapida ma anche equa”.

Casi complessi (vittime di tortura, persone malate ecc.) troppo spesso trattati nel quadro della procedura accelerata, anziché in quella ampliata prevista dalla legge; insufficiente identificazione di persone con bisogni di protezione speciali; accertamenti incompleti e lacunosi, anche dal profilo medico. Questi alcuni dei “disfunzionamenti”, che danno luogo in molti casi a una sorta di reazione a catena. Infatti, osserva l’Osar, se all’inizio una decisione viene presa in modo precipitoso, vi saranno più ricorsi accolti che comporteranno a loro volta un prolungamento della procedura.

L’Aiuto svizzero ai rifugiati ha fornito rappresentanti legali per quattro delle sei regioni d’asilo. “Lì fin dall’avvio della nuova procedura, un ricorso su tre presentato da un richiedente asilo ha avuto successo – ossia è stato approvato completamente o in parte oppure il dossier è stato respinto al Sem”, rileva Behrens. È molto di più rispetto a quanto constatato durante la fase pilota: qui, in un anno e mezzo, solo un reclamo su sette/otto era andato a buon fine. “Ciò dimostra chiaramente che ci sono problemi di qualità”, prosegue Behrens. La percentuale di rifiuto, ossia il tasso di ricorsi, per i quali la Sem deve tornare a fare i compiti, è stato nei primi sei mesi della nuova procedura del 16,8% (vecchia procedura: 4,8%).
L’Osar è persuasa: per garantire procedure rapide ed eque, nonché decisioni di qualità, servono correttivi: più tempo a disposizione nelle varie fasi della procedura, in particolare in quelle iniziali; i casi complessi, inoltre, devono essere trattati nel quadro di procedure ampliate: i termini nelle procedure accelerate andrebbero gestiti in modo più flessibile, e quelli di ricorso essere più generosi; da migliorare, infine, la collaborazione tra funzionari Sem e rappresentanti legali.

Consulenza giuridica sin dal primo giorno, tassello fondamentale

La scommessa era questa: avere procedure d’asilo celeri e al contempo eque. Velocità ed equità, come elementi indissociabili, che si rafforzano a vicenda. Quindi: non solo evitare che la prima (grazie tra l’altro alla concentrazione della maggior parte delle procedure in sei centri federali e a una drastica riduzione dei termini delle procedure e di ricorso) vada a scapito della seconda (l’effettiva possibilità di difendere i diritti dei richiedenti asilo); ma fare in modo anche che quest’ultima, a sua volta, contribuisca a velocizzare le procedure.
Poggia su questo presupposto di fondo la maxi-riforma del sistema dell’asilo accolta in votazione popolare nel 2016. In vigore dal marzo del 2019, questa adesso è finita nel mirino dell’Aiuto svizzero ai rifugiati (Osar, cfr. sopra). Non perché il presupposto non valga più. No: il problema – sostiene l’Osar – sta nella prassi seguita nei centri federali d’asilo, che a suo dire contraddice l’intento originario. 
Eccolo, l’intento originario: grazie alla consulenza giuridica gratuita e al gratuito patrocinio offerti sin dall’inizio e su tutto l’arco delle procedure celere e Dublino, le persone che depositano una domanda d’asilo sono “meglio informate in merito alla procedura d’asilo e alle loro opportunità; questo concorre ad accrescere l’accettazione in caso di decisione negativa e a ridurre la proporzione dei ricorsi, il che concorre a sua volta a velocizzare le procedure”, scriveva a suo tempo il Consiglio federale. 
Di questo era convinta anche buona parte delle organizzazioni del settore. «La presenza di un rappresentante legale sin dall’inizio permetterà di esaminare in modo approfondito anche i casi più complessi, ciò che oggi spesso non avviene», spiegava alla ‘Regione’ nel 2016 Denise Graf, coordinatrice asilo della sezione svizzera di Amnesty International.
Consulenza e rappresentanza legale gratuite sono a disposizione dei richiedenti sin dall’inizio della fase preparatoria, e poi durante le procedure celere e Dublino. Prima, invece, l’aiuto giuridico – garantito in genere gratuitamente da consultori indipendenti – entrava in gioco soltanto se e nel momento in cui il richiedente decideva di ricorrere contro una decisione negativa.

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