Svizzera

I costi della salute potrebbero crescere più del Pil

Uno studio dell’Ocse indica le piste da seguire: più generici, trasferire compiti dei medici agli infermieri, promuovere la sicurezza dei pazienti

(archivio Ti-Press)
7 novembre 2019
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La popolazione invecchia, per cui cresce il numero dei malati cronici; le apparecchiature mediche sono sempre più sofisticate, e ciò rende il sistema sanitario più efficace ma anche più caro; i salari tendono ad aumentare, alimentando le aspettative di ricevere trattamenti di alto livello. Questi sono i fattori che fanno lievitare i costi della salute nei paesi occidentali, afferma l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. In un rapporto pubblicato ieri, l’Ocse descrive una tendenza destinata a consolidarsi: se non si correrà ai ripari, entro il 2030 in quasi tutti i Paesi membri le spese per abitante in campo sanitario lieviteranno in media del 2,7% ogni anno, per raggiungere il 10,2% del Pil nel 2030 (2018: 8,8%). La Svizzera è tra quelli messi peggio: la crescita dovrebbe attestarsi al 2,6%.
La Confederazione già oggi spende molto: i costi per abitante nel 2018 ammontano a 7’317 dollari, ovvero il 12,2% del Pil. Solo gli Stati Uniti fanno peggio (16,9%). Alle spalle della Svizzera seguono, con circa l’11%, Germania, Francia, Svezia e Giappone. Nello studio ‘Panorama della salute 2019’, l’organizzazione con sede a Parigi sintetizza alcune delle caratteristiche di un sistema sanitario – quello elvetico – definito “caro ma con risultati in parte eccezionali”. Tra queste, l’elevata quota dei costi a carico delle economie domestiche (29%), così come l’elevata densità di medici e personale curante, molti dei quali formati all’estero. 
La Svizzera ha una delle quote più basse di decessi per cause evitabili e in nessun altro Paese – salvo il Giappone – la speranza di vita è così alta (83,6 anni; zona Ocse: 81). Inoltre, l’incidenza del sovrappeso (41,8%) è inferiore alla media Ocse (56%) e le morti per inquinamento atmosferico (25 su 10mila) sono relativamente poche (Ocse: 40; India e Cina: 140). Per quanto riguarda il consumo di prodotti del tabacco (19,1% di fumatori) e di alcol (9,2 litri all’anno per abitante; Ocse: 8,9), la Confederazione invece si situa sopra la media della zona Ocse.


In ritardo sui generici

L’Ocse indica alcune piste da seguire per ridurre le spese sanitarie. La prima riguarda i medicamenti generici. Al momento, rappresentano solo la metà del volume dei prodotti farmaceutici venduti nei Paesi dell’Ocse. In Svizzera e in Lussemburgo erano nel 2017 addirittura meno di un quarto del totale, mentre in Cile, Germania, Regno Unito e Nuova Zelanda oltre i tre quarti.
Nel rapporto si preconizza anche il trasferimento di alcuni compiti dei medici agli infermieri e ad altri professionisti del settore. In questo modo “si può attenuare la pressione dei costi e ottenere dei guadagni in termini di efficienza”, si legge in una nota diffusa ieri. 
L’Ocse raccomanda poi di migliorare la sicurezza dei pazienti: nel periodo 2015-2017 il 5% delle persone ricoverate nei paesi occidentali ha contratto un’infezione in ospedale. Prevenire tali infezioni non solo migliorerebbe la salute dei pazienti, permetterebbe anche di risparmiare un bel po’ di soldi.
Infine, anche i pazienti dovrebbero essere maggiormente coinvolti. Il rapporto dell’Ocse raccomanda di far capo – nell’ambito di inchieste sulla salute svolte a livello nazionale – alle loro dichiarazioni circa i risultati e il vissuto del percorso terapeutico intrapreso. Questo consentirebbe di valutare adeguatamente la qualità delle prestazioni mediche erogate ed eventualmente di migliorarle.

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